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“Voglio diventare suora”, un docureality originale

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Alfa y Omega - pubblicato il 11/04/16
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Il canale Cuatro trasmetterà in Spagna una serie sulla vita in convento 

Cinque ragazze hanno trascorso sei settimane in tre comunità molto diverse quanto a livello di “apertura” alla società laica: una congregazione dedita all’insegnamento e alla cooperazione, una che gestisce una casa che ospita più di 100 bambini e un’altra con 500 anni di storia di clausura alle spalle.

La “chiamata” è “una luce”, “un segno di Dio” per consacrarsi a Lui in una comunità religiosa, la stessa che le cinque aspiranti protagoniste del “docureality” Quiero ser monja (Voglio essere suora), che il canale Cuatro trasmetterà in Spagna, hanno sentito e di cui esploreranno il cammino davanti alle telecamere fino a decidere se andare avanti o meno.

È probabilmente il format “più spirituale” mai trasmesso in televisione, copia di quello trasmesso dalla rete statunitense Lifetime con il titolo The Sisterhood: becoming nuns e che finora era stato realizzato solo negli Stati Uniti, ha spiegato il direttore di Produzione di Programmi di Cuatro, Mariano Blanco.

“Abbiamo realizzato un adattamento per la Spagna ed è senz’altro una novità assoluta e una linea di contenuto molto diversa”, ha sottolineato parlando del nuovo spazio, trasmesso per la prima volta questa domenica alle 21.30.

Si prevede che la trasmissione duri sei settimane, le stesse che le cinque aspiranti hanno trascorso con le varie comunità religiose.

L’équipe di produzione, una collaborazione tra la rete e la Warner Bros ITP, ha contattato parrocchie, comunità religiose e congregazioni e si è presentata ad alcuni incontri per il “casting”, una selezione alla quale hanno partecipato fin dall’inizio i centri in cui si svolge il programma.

“Sono ragazze di oggi, nella media per quanto riguarda l’esperienza che può avere una ventenne. Ce n’è anche una che ha il fidanzato, e il programma arriva in un momento in cui deve decidere se ama più Alberto o Gesù”, ha affermato Blanco.

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Condizione indispensabile per partecipare a Quiero ser monja era il fatto di aver già sentito “la chiamata”, ovvero “un momento di illuminazione molto positivo, un bisogno pressante di seguire un cammino dedicato alla religione”.

Il denominatore comune delle cinque protagoniste è il fatto che “la chiamata” è stata sentita in un contesto religioso e che l’impatto di quello che hanno sperimentato ha fatto vivere loro “un’emozione così intensa, di un’intensità così incredibile che si scioglievano in lacrime di sorpresa per quello che stava accadendo”.

Le congregazioni nelle quali hanno vissuto le ragazze – una a Madrid, un’altra a Granada e la terza ad Alicante – sono state “estremamente generose”, e hanno posto come unico requisito per poter registrare i programmi il fatto di avere “il massimo rispetto” per le norme e le abitudini delle suore.

“Volevano solo che il programma riuscisse bene e che venissero riflesse le loro inquietudini, anche se è ovvio che lo considerano anche un’ottima opportunità per diffondere il loro compito e forse favorire nuove vocazioni”, ha rivelato Blanco.

Quiero ser monja riflette “molto bene” le emozioni delle aspiranti, le loro sensazioni e le costanti “deliberazioni” sul desiderio di diventare o meno delle suore.

“Lo spettatore apprezzerà uno splendido crescendo dal punto di vista televisivo di come si manifesta ‘la chiamata’, di come cambia il rapporto delle ragazze con il mondo e di come rimuovono l’incognita sul loro futuro”, ha aggiunto Blanco, concludendo che si tratta di uno spazio “molto realistico”, in cui la rete si è coinvolta anche con una certa spiritualità.

“La verità”, ha commentato, “è che se aiutiamo a gettare luce affinché altre persone provino un’emozione simile sarà magnifico”.

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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