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I migranti non sono merci, ma esseri umani

Families of Syrian refugees and migrants from Asia disembark in the port of Piraeus, near Athens, on September 5, 2015. The chartered by the Greek government passenger ferry "Eleftherios Venizelos" transferred from the island of Lesvos, more than 2000 migrants who had cross the Aegean sea from the Turkish coast on boats, to Piraeus port near Athens, on Saturday, September 5, 2015. (Photo by Panayiotis Tzamaros/NurPhoto)

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Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 11/04/16
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Ripamonti (Centro Astalli): “Papa Francesco a Lesbo va in direzione opposta alla fortezza Europa”Hanno usato anche i gas lacrimogeni per respingere i migranti che cercavano di attraversare il confine tra Grecia e Macedonia. Esasperati per le settimane di attesa nel villaggio di Idomeni, il limbo fangoso in cui migliaia di persone, soprattutto siriane, che scappano dalla guerra, sono bloccate dopo la chiusura del corridoio balcanico verso l’Europa, circa 500 giovani hanno dato l’assalto alla rete di sbarramento. In molti, dopo tutti i rischi e le fatiche affrontate per arrivare fin lì, non ci stanno a essere riportati in Turchia come prevede l’accordo siglato tra Ue e governo di Ankara nei giorni scorsi. Contro i ritorni forzati in Turchia protestano con vigore le organizzazioni umanitarie che denunciano una violazione dei diritti umani e della Convenzione di Ginevra: “Si calpestano 60 anni di diritti umani” ha affermato p. Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, la sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati-JRS, che ha anche definito come “lesivo dei diritti e della vita delle persone” il testo su immigrazione e sistema comune d’asilo presentato il 6 aprile dalla Commissione al Parlamento e al Consiglio dell’Unione europea.

Cosa la indigna di più?

Ripamonti: I rifugiati stanno diventando il capro espiatorio dell’incapacità europea di gestire il fenomeno delle migrazioni. Non si tiene conto delle loro storie, delle guerre e delle persecuzioni che ne hanno motivato la fuga. Vengono trattati come merce e spostati senza tener conto della lingua che parlano o della presenza di familiari in alcuni Paesi, del loro progetto migratorio. Sempre che siano riusciti a costruirne uno: la gente che fugge all’improvviso dalla propria patria spesso non ha fatto in tempo a costruire nessun progetto e lo definisce strada facendo.

Rifugiati trattati come merce?

Ripamonti: Nell’accordo Ue-Turchia i rifugiati sono oggetto di un baratto: per un siriano arrivato irregolarmente in Grecia dalla Turchia e rimandato indietro, un altro siriano che è in Turchia ottiene l’ingresso in Unione europea. E’ assurdo far leva sull’arrivo irregolare dato che al momento non c’è un’alternativa legale per entrare in Europa. Con un paradosso stridente: persone che avrebbero diritto di chiedere asilo – cioè qualcosa di legale, previsto dalla normativa internazionale -, devono fare qualcosa di illegale – arrivare in Europa affidandosi ai trafficanti – per esigere un diritto.

La motivazione alla base di questo accordo è proprio impedire nuovi naufragi nell’Egeo e stroncare i profitti dei trafficanti…

Ripamonti: Peccato che non si intervenga sul motivo per il quale le persone utilizzano i trafficanti per arrivare in Europa, cioè la mancanza di vie legali, di corridoi umanitari. Il risultato è che questi viaggi vengono pagati tre volte. Il migrante paga il trafficante per arrivare dalla Turchia alla Grecia; l’Ue ripaga il viaggio per rimandarlo in Turchia e paga un altro viaggio a chi dalla Turchia viene ammesso in Europa con il meccanismo 1×1. Un costo anche in termini economici molto elevato. Non è questa la soluzione.

E’ previsto che i migranti arrivati in Grecia che ne hanno i requisiti possano avanzare richiesta d’asilo e, quindi, non essere rimandati in Turchia…

 Ripamonti: E’ una sorta di escamotage per rendere più accettabile l’accordo. Dietro c’è l’idea di selezionare le persone in base alla nazionalità, creando una distinzione tra rifugiati di serie A e di serie B. La Convenzione di Ginevra, tuttavia, tutela la persona che fugge da una situazione di pericolo per se stessa, non ha riguardo alla sua nazionalità o al territorio da cui proviene. L’effetto della norma è che oggi tutti i siriani arrivati in Grecia hanno fatto domanda d’asilo, rischiando di rendere inoperante l’accordo.

Quale soluzione raccomanda il Centro Astalli?

Ripamonti: Bisogna investire questi soldi per creare canali umanitari sicuri, come già avviene, ad esempio, nella sperimentazione messa in atto dalla Comunità di Sant’Egidio insieme alla Federazione delle chiese evangeliche e alla Chiesa valdese. Attraverso questo canale, che si avvale della collaborazione di associazioni che lavorano nei campi profughi in Libano, già sono arrivate in Italia 150 persone e sono previsti complessivamente un migliaio di arrivi. La differenza è che le persone arrivano in tutta sicurezza e in maniera concordata, scaglionata nel tempo. Senza contare che i costi sono molto minori.

E perché non si persegue questa strada?

Ripamonti: C’è un atteggiamento generale dell’Europa a chiudersi in se stessa e considerare i rifugiati come una messa in discussione dei propri interessi. Non a caso abbiamo visto emergere posizioni nazionalistiche e anche xenofobe di singoli Stati. L’Europa che è la culla dei diritti sta trasformando i diritti in privilegi e grava di condizioni il diritto a migrare. Si tratta di una politica poco lungimirante perché la società del futuro, ancora più di quella di adesso, sarà una società interetnica e interreligiosa e se le persone non vengono accolte nel modo giusto da subito, si rischiano quelle difficoltà di integrazione e di inclusione sociale ai cui effetti assistiamo tristemente negli ultimi mesi.

Cioè si rischia che la mancata integrazione si trasformi in una molla anche per il terrorismo?

Ripamonti: Abbiamo visto in molti casi come le seconde generazioni di immigrati, rimaste ai margini delle città e delle società europee, si siano lasciate irretire dalla propaganda jihadista. Occorre lavorare nella prospettiva di un ‘Europa sempre più inclusiva. L’integrazione è bi-direzionale: chi arriva deve conoscere e adeguarsi alle regole del Paese che lo accoglie; l’Unione europea deve capire che siamo in una società in movimento e includere le persone in arrivo.

Quale valore assume, in questo contesto, la decisione di papa Francesco di visitare il campo profughi di Lesbo, accolto dal Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo e dall’arcivescovo di Atene, Ieronymos II?

Ripamonti. E’ un segno molto bello che un’opera di caritàfarsi vicino a chi è straniero, in questo caso chi fugge dalla guerra e chiede asilo – crei anche comunione tra le Chiese. Papa Francesco compie un gesto contro corrente rispetto all’atteggiamento della fortezza Europa e mette ancora una volta al centro dell’attenzione del mondo i rifugiati e il loro dramma. Quando è venuto a trovarci al Centro Astalli e anche ultimamente, quando è stato a Castelnuovo di Porto per il Giovedì santo, il papa ha voluto stringere la mano a tutti i 900 ospiti del Cara. Ciò che sottolinea è che queste persone hanno una dignità: l’Europa dovrebbe preoccuparsi di difenderla, invece di difendersi da loro.

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