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Ero un membro tesserato del “Club Evangelico Segreto della Prosperità”

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Judy Landrieu Klein - pubblicato il 01/04/16
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Ma ho imparato che il cristianesimo non è per i paurosiBenedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!
Luca 1, 42

“Cosa serve per ottenere la benedizione?”, ho chiesto alla mia direttrice spirituale, Sandy, due anni fa mentre entravo stizzita a casa sua.

“La questione non è cosa serve per ottenere la benedizione”, ha risposto Sandy. “È quello che percepisci come benedizione”.

Il suo commento giungeva dopo che avevo condiviso la notizia che a mio genero 25enne, Grayson, era stato appena diagnosticato il cancro. Nella stessa settimana Sandy mi aveva detto di chiedere la grazia di conoscere e sperimentare davvero il tenero amore di Dio per me.

“Grayson ha il cancro”, ho detto entrando da lei per il nostro incontro settimanale, nel quale mi stava guidando attraverso la 19ma annotazione degli esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola. “È così che Dio dimostra il suo tenero amore per me? Mandandomi altra sofferenza?”, ho detto con sarcasmo.  “Non riesco a cogliere la benedizione!”

“Continui a pensare che la benedizione significhi che tutto nella tua vita vada bene”, ha detto Sandy. “Una comprensione cattolica della benedizione è che sappiamo che Dio è con noi e confidiamo nel suo amore per noi indipendemente dalle circostanze della nostra vita”.

“Hai abbracciato il Vangelo della prosperità”, ha aggiunto, “e voglio che tu trascorra la prossima settimana rinunciando a questa falsa convinzione dal più profondo del tuo essere”.

Bam! Sandy aveva colpito nel segno. È superfluo dire che è stata una dolorosa settimana di rinunce.

Prima che Sandy affrontasse il problema in modo diretto, non mi era così chiaro che ero un membro tesserato del “Club Evangelico Segreto della Prosperità”, ma in qualche modo avevo abbracciato un’idea specifica di cosa sia la “benedizione”: un matrimonio felice, figli di successo, buona salute, stabilità finanziaria, ecc. – in altre parole, una vita in cui va tutto bene. Con quel paradigma inciso nella mente, nel corso degli anni avevo speso una notevole quantità di tempo ed energia non solo a paragonarmi ad altri che sembravano avere la “benedizione”, ma anche a lottare con Dio per cercare di capire perché la sua “benedizione” mi avesse eluso, soprattutto visto che la mia vita è stata costellata da molte tragedie. Il fatto che Sandy abbia individuato il problema in modo così preciso mi ha spinto finalmente a porre fine all’insidiosa bugia per cui una vita benedetta equivale a una vita prospera, e che la mia vita fosse quindi maledetta.

Siamo chiari: non frequento una chiesa che insegna il Vangelo della prosperità, né seguo un ministro televisivo che predica questo messaggio. Sono cattolica – sono una del più di un miliardo di persone al mondo che frequenta una Chiesa in cui il Cristo crocifisso è l’elemento centrale della nostra adorazione. Nonostante questo, un tipo di Vangelo della prosperità è in qualche modo filtrato nel mio cuore e nel mio cervello; un “Vangelo” che assomiglia essenzialmente a questo: credo che sulla terra dovrebbe essere fatta la mia volontà. E quando ciò non accade – ad esempio, quando la gente si ammala, quando muore giovane, quando i bambini hanno serie crisi esistenziali, quando le finanze crollano – concludo che la “benedizione” di Dio non riguarda la mia vita.

Questa convinzione falsa e francamente anticristiana ha portato distruzione nella mia anima mentre cercavo di far sì che si facesse la mia volontà di fronte alla tremenda sofferenza, che ha incluso la morte, nell’arco di pochi anni, di un figliastro, due fratelli e mio marito Bernie. È stato dopo che la nostra vita è implosa – con il cancro di Grayson come colpo finale – che ho finalmente scoperto il paradosso per cui solo una vita in cui ci si arrende è una vita benedetta, con la vita più benedetta di tutte che è quella in cui ci si arrende pienamente a Dio. Sono queste le condizioni del regno di Dio.

Ho imparato che il cristianesimo non è per i paurosi o per quelli che vogliono tutto soft, tutto facile. No. È una forte medicina per chi desidera essere simile a Cristo, il che vuol dire prendere la propria croce, morire a se stessi e pronunciare la preghiera straziante: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà”.

I cristiani sono chiamati a vivere in una terra in cui le spade che trafiggono i cuori vengono abbracciate volentieri, in cui la gloria è rivelata attraverso le ferite aperte e il profumo della santità viene effuso da anime che sono state messe alla prova – e che hanno dimostrato di essere vere. Questo è il terreno consacrato di Nostro Signore e di sua Madre. E come ci dice chiaramente la loro vita, è un territorio a cui si accede solo accettando con arrendevolezza la croce.

“La parola della croce infatti è stoltezza per quelli cha vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio”, ci dice San Paolo (1 Cor 1, 18). Alla fine, Dio mi sta salvando davvero. Attraverso la croce e la mia nozione contorta di cosa sia la “benedizione”. Meglio tardi che mai.

Judy Landrieu Klein è autrice, teologa, oratrice, vedova e da poco risposata. Il suo libro, Miracle Man, è stato un bestseller di Amazon Kindle nella sezione dedicata al cattolicesimo. Il suo blog, “Holy Hope”, si può trovare su MemorareMinistries.com.

 

 

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

 

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