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La Colletta del Venerdì Santo: un “dovere antico” a sostegno della Terra Santa

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Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 25/03/16
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La paura degli attentati ha cancellato i pellegrinaggi e l’economia dei cristiani con il rischio di un esodo permanente dal Medio Oriente

Alla vigilia di Pasqua non sono molti i pellegrini che visitano i Luoghi Santi di Gerusalemme, di Nazaret, di Betlemme. La paura scatenata dagli attentati terroristici in Europa rischia di essere il colpo di grazia per la fragile sussistenza dei cristiani di Terra Santa, molti dei quali sono impiegati nel settore turistico e dei pellegrinaggi. La guerra in Siria e in Iraq, la conquista di estesi territori da parte del sedicente Stato islamico, il peso dei profughi che si sono riversati in Libano e Giordania, la recrudescenza del conflitto israelo-palestinese con “lIntifada dei coltelli“: sono molte le cause che contribuiscono all’esodo dei cristiani dal Medio Oriente. Più che mai, a quelli che restano, è necessario il sostegno degli altri cristiani del mondo espresso nel “dovere antico” della Colletta del Venerdì Santo.

TEMPO DI PROVE E DI MARTIRIO

Un’urgenza espressa chiaramente nella lettera inviata ai vescovi di tutto il mondo dal cardinale Leonardo Sandri e dall’arcivescovo Cyril Vasil’, rispettivamente prefetto e segretario della Congregazione per le Chiese orientali, in occasione dell’annuale colletta per la Terra santa:

“In quest’anno giubilare siamo più che mai esortati a dimostrare la nostra misericordia e vicinanza ai nostri fratelli del Medio oriente. Rifugiati, sfollati, anziani, bambini, ammalati hanno bisogno di noi. In questa terra d’Oriente si viene uccisi, si muore, si viene rapiti, si vive nell’angoscia per i propri cari, si soffre quando la famiglia viene smembrata dalle emigrazioni e dagli esodi. Si sperimenta il buio e la paura dell’abbandono, della solitudine e dell’incomprensione. Tempo di prove e di sfide, tempo di martirio. E tutto questo si ripercuote sul dovere di aiutare, di far fronte alle emergenze, di ricostruire e di trovare spazi, di creare nuovi modi e luoghi di aggregazione, di assistenza. Tutte opere di misericordia, necessarie e urgenti”.

Patriarca latino di Gerusalemme su intervento in Siria

© Armineh JOHANNES / CIRIC

UN DOVERE ANTICO

L’appello a contribuire al sostegno della comunità di Gerusalemme risale addirittura ai tempi apostolici, con san Paolo. Successivamente i papi, nel corso dei secoli, hanno confermato la tradizione, affidandola in special modo ai Frati minori della Custodia di Terra Santa, presenti in ogni parte del mondo attraverso la rete dei Commissariati. Fu Paolo VI, in particolare, ad imprimere una spinta decisiva all’iniziativa: 10 anni dopo lo storico pellegrinaggio in Terra Santa – primo pontefice a visitare i luoghi di Gesù – con l’esortazione apostolica Nobis in animo del 25 marzo 1974, volle richiamare la necessità di sostenere la Chiesa in Terra Santa, in particolare tramite la Colletta universale del Venerdì Santo (Terrasanta.net).

PREGHIERA, INFORMAZIONE, CARITA’

Preghiera, informazione e carità: questi, per il cardinale Sandri (L’Osservatore Romano, 22 marzo), sono i compiti a cui sono chiamati tutti i fedeli per sostenere le comunità del Medio Oriente. Come per la mobilitazione di preghiera per la Siria indetta da papa Francesco nel 2013, i cristiani non devono cessare di “domandare pace per Gerusalemme” e tutta la Terra Santa. Accanto alla preghiera “il desiderio di approfondire le situazioni: non una informazione superficiale, ma utilizzare con intelligenza gli strumenti moderni per ricercare qualche riflessione che sveli qualcosa in più degli interessi economici, del mercato delle armi, del contrapporsi di potenze regionali e mondiali, il tutto sulla pelle della povera gente cristiana, musulmana e di altri gruppi”. Di fronte all’emergenza umanitaria costituita dal flusso di profughi provenienti da Siria e Iraq, “c’è bisogno di una soluzione vera e radicale, non certo di una soluzione tampone” che richiede di “intervenire sulle cause del conflitto” mentre si attivano “corridoi umanitari” e ponti aerei con l’Europa che costituirebbero “un modo per utilizzare più efficacemente gli investimenti enormi di risorse impiegati oggi per soccorrere le vittime dei barconi della morte nel Mediterraneo e nell’Egeo”. Sul versante della carità, il cardinale Sandri, come già nella lettera inviata ai vescovi, esorta a non aver timore di continuare i pellegrinaggi e di visitare le comunità cristiane locali, ascoltando le loro testimonianze.

Alfred  Raad negozio Gerusalemme

ACS – Aiuto alla Chiesa che soffre

L’ESODO DEI CRISTIANI

I pellegrinaggi sono uno strumento di sostegno economico e morale per i cristiani del Medio Oriente. “Senza pellegrini come sostenere i santuari? E come aiutare i cristiani che scappano dalla Siria e dall’Iraq?”, chiede nell’intervista a Tv2000 (21 marzo) il Guardiano del convento del Cenacolino, p. Enrique Bermejo, che ha visto arrivare la disdetta anche dei pochi gruppi che si erano prenotati per trascorrere la Pasqua a Gerusalemme. Mancano i pellegrini europei e soprattutto quelli italiani, come racconta nella stessa intervista p. Ibrahim Faltas, economo della Custodia francescana che sottolinea come i cristiani di qui “si sentono abbandonati”. “Il 90% dei cristiani di Terra Santa – spiega – lavora nel turismo: se non c’è lavoro, andranno via anche loro“.

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