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Ogni giorno alla tavola di sant’Eustachio

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Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 23/03/16
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Nella chiesa al centro di Roma protagonisti della Lavanda dei piedi del Giovedì Santo sono i poveri che qui vengono a pranzoOgni giorno arrivano qui a sedersi alla tavola imbandita per chi non ha da mangiare, ma il Giovedì Santo don Pietro Sigurani, il parroco di sant’Eustachio, ha riservato ai poveri il posto degli Apostoli, nel gesto umile di Gesù che si fa servo e lava i piedi ai discepoli.  La chiesa dedicata al leggendario generale romano, martire sotto Adriano, sorge nel centro storico di Roma, stretta tra il Senato della Repubblica italiana e alcuni dei luoghi più frequentati dai turisti: il Pantheon, Piazza Navona, la chiesa di San Luigi dei francesi con gli affreschi di Caravaggio. E al centro della città, dei suoi palazzi e delle istituzioni, dell’attenzione degli abitanti e anche dei turisti che entrano ad ammirare le opere d’arte, don Sigurani ha voluto riportare anche i poveri.

Così tutti i giorni della settimana tranne la domenica, intorno alle 12.30, le ultime panche della chiesa vengono spinte di lato in modo da formare uno spazio in cui aprire tavoli e apparecchiare piatti, posate, bicchieri. Alle 13.00 si mangia. “Non è una mensa – chiarisce don Pietro –, ma una tavola attorno alla quale si riunisce una famiglia”. Ai familiari, a degli amici, non si chiedono documenti né i motivi per cui si mettono in fila: così sulle panche si mescolano immigrati, nomadi, genitori separati che non hanno mezzi a sufficienza per mantenersi dopo che la famiglia si è disgregata, nonni che lasciano la pensione ai figli disoccupati e vengono in chiesa a cercare un piatto di pasta. Ognuno con la sua storia, i suoi problemi, ma anche la voglia di stare insieme agli altri, di non sentirsi solo.

Don Pietro – anzi: sant’Eustachio – come precisa il parroco, accoglie tutti senza distinzioni e oltre ai piatti caldi, cucinati di fresco, offre sorrisi, una parola accogliente e anche il caffè o un dolce. Gli ospiti sono almeno 170 ogni giorno, divisi in due turni ma, se serve, si organizza anche un turno supplementare. Gli ex alunni del liceo Augusto di don Pietro, che il “vizio” di aiutare i poveri se lo è portato dietro in ogni luogo in cui si è trovato ad esercitare il ministero pastorale, gli offrono ogni giorno 100 pasti. Gli altri se li procura personalmente bussando ai ristoranti, alle pizzicherie, ai bar del quartiere che ormai lo conoscono bene e, senza che nemmeno chieda, gli scontano il prezzo del cibo della metà o anche di più. L’antico rione, afferma don Pietro: “Ha capito che il cuore e la bellezza del quartiere è accogliere ogni giorno queste persone”.

Il parroco non chiede sovvenzioni agli enti o alle istituzioni perché vuole dimostrare alla comunità cristiana di Sant’ Eustachio che “la Provvidenza esiste”. “Se la Chiesa vuole che la carità sia un segno – dice don Pietro – deve fare la carità con la carità”. E i fatti – e la Provvidenza – gli hanno dato ragione: da quando funziona l’accoglienza, non è mai mancato nulla per nessuno.

Negli ultimi tempi la tavola di sant’Eustachio gode dell’aiuto di un “contributore” molto speciale: papa Francesco ha inviato, attraverso il suo elemosiniere, p. Konrad Krajewski, cibo e altri aiuti. Gli ospiti hanno voluto pregare per lui, così come il pontefice chiede sempre, e si sono uniti in una benedizione internazionale e interreligiosa. “I poveri – racconta don Pietro – lo capiscono, capiscono che li ama davvero e che si preoccupa della loro dignità di persone, come ha fatto invitandoli ai Musei vaticani o al circo e non soltanto dando loro da mangiare”.

Molti degli ospiti di sant’Eustachio non hanno casa e dormono per strada. Se riescono a trovare un riparo per la notte, di giorno sono comunque costretti a vagare per le strade della città con qualsiasi tempo. E così don Pietro ha varato nuovi progetti: a settembre sotto la chiesa verrà aperto un centro diurno dove poter trascorrere del tempo, prendere un caffè, chiacchierare, giocare a carte… “Con tanti armadietti – spiega don Pietro disegnando gli oggetti con le mani – per lasciare quei fagotti che trascinano dietro per tutta la città e uno spazio per lavare i vestiti: perché devono sempre buttare via tutto ciò che hanno per indossare dei capi anonimi? Magari i loro sono legati a dei ricordi di persone, familiari…”.

“E’ Gesù Cristo che ci ha messo nel cuore i poveri – conclude don Pietro – e papa Francesco non fa che ripetere ai cristiani: fate quello che Gesù ha detto e fate come Gesù ha fatto”.

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