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Leoni di nome e di fatto

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Silvia Lucchetti - Aleteia - pubblicato il 22/03/16
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I Leoni hanno scritto un libro sulla storia della loro famiglia “oversize” Il tasso di natalità in Occidente diminuisce sempre di più, e la “cattolica” l’Italia è ai primi posti di questa classifica al ribasso con un numero medio di figli per donna di 1,37. I motivi della crisi delle nascite sono certamente numerosi, spaziano da quelli prettamente economici, resi ancora più gravi dall’attuale negativa congiuntura mondiale, a quelli socioculturali che vedono nella crescente conflittualità del rapporto uomo donna l’aspetto più importante. A fronte di ciò, come sempre, assistiamo alle straordinarie eccezioni rappresentate da famiglie “oversize” che coraggiosamente vanno controcorrente aprendosi alla vita.

Tengo famiglia” (San Paolo edizioni) è il libro della famiglia Leoni, scritto a ventiquattro mani dai due genitori, Luca e Anna Maria, e dai loro dieci figli che “sono nati a due a due, due femmine e due maschi”: Chiara, Sara, Francesco, Damiano, Noemi, Maria, Pietro, Simone, Margherita e Miriam. La famiglia Leoni è ormai “famosa” in tutta Italia anche grazie alle trasmissioni televisive alle quali ha partecipato per raccontare la sua storia.

Luca e Anna Maria sono genitori fiduciosi ed eroici, lui è un operatore sociale e lei casalinga. Sono grati a Dio per quello che hanno ricevuto, innanzitutto il dono della maternità e della paternità, e guardano al futuro con occhi pieni di speranza. La loro parola d’ordine? Condivisione! Perché solo grazie all’aiuto e alla collaborazione di tutti è possibile superare le piccole e grandi difficoltà della vita.

Nel libro raccontano la loro storia, dall’innamoramento al progetto di creare una famiglia, passando per le nascite dei figli, per i momenti di crisi lavorativa, i traslochi, e arrivando alle esperienze televisive, memorabile quella insieme al grande mito Maradona. Un mosaico composto dalle tessere di ciascuno dei protagonisti, un libro che parla di sorellanza e fratellanza, di comunione, umanità e amore.

La primogenita è Chiara, nata nel 1982, ora è moglie e mamma di Marysol, la più piccola è Miriam che ha sedici anni. Anche Sara, la seconda figlia, è sposata e ha un bambino di nome Giovanni.

Anna Maria racconta che dopo la nascita di Chiara, l’idea di avere altri figli non rientrava assolutamente nei suoi piani, e invece tre anni dopo, in barba ai programmi che si era posta, restò incinta della seconda figlia, e poi altre otto volte.

«(…) Il primo parto è il più doloroso ed è un’esperienza nuova e sconvolgente. Non la puoi paragonare a nessun’altra. E infatti ricordo bene di aver detto a Luca, con l’aria di chi fa una solenne dichiarazione: «Chiara sarà la nostra prima e ultima figlia». (…) Scegliere di avere una famiglia numerosa è un progetto condiviso da me e da Luca, ma è anche una scelta, secondo il mio parere, dettata da qualcosa di più grande. Fin da piccola mi sono chiesta quale fosse il senso della vita. Perché ero venuta al mondo? Chi mi aveva voluto? Ma, soprattutto, che significato aveva la mia esistenza su questa terra? La risposta che ho sempre trovato è stata nella fede e nell’amore per il prossimo. L’amore per la vita ha superato tutte le mie paure. Era molto più forte il piacere di donare la vita rispetto al dolore fisico che si prova nel dare alla luce una creatura. (…)Volevamo restare aperti alla vita e la nascita di una nuova figlia faceva molto bene al nostro matrimonio, anche se le responsabilità crescevano per entrambi».

I primi anni di matrimonio non furono facili per la coppia, costretta per motivi economici a vivere sotto lo stesso tetto dei genitori di Anna Maria.

«Divenni padre per la prima volta a ventidue anni. Ero giovane e quel periodo è stato molto difficile. Anna Maria non mi considerava quasi più. La sua vita era per Chiara, giustamente. Solo che io ero davvero geloso. (…) Il periodo che ha seguito la nascita di Chiara, non fu proprio dei migliori. Ho scoperto negli anni che (…) è normale che le donne siano molto protettive, soprattutto quando si tratta del primo figlio. Ma, a quell’età, non c’erano tanti discorsi da fare: era una sofferenza. Vorrei dire però ai neogenitori di non scoraggiarsi perché i problemi sono all’ordine del giorno ma poi tutto si aggiusta. (…) Ma vi domanderete, se quel primo figlio è stata un’esperienza così dura, perché l’abbiamo ripetuta dieci volte? Spesso me lo chiedo anche io, e mi rispondo che, qualsiasi sia il motivo, quella scelta è stata di certo la mia salvezza. Tutto nasce dal nostro modo di vivere come persone aperte alla vita e a quanto di positivo questa porta con sé. Io e Anna Maria ci siamo sempre amati moltissimo, ma inizialmente il nostro matrimonio non è stato facile. Vivere con i suoceri – persone splendide, ma pur sempre suoceri – e la nascita della bimba hanno messo a dura prova il nostro amore. Siamo dovuti maturare, come è logico che sia: siamo cresciuti per diventare genitori».

Alcuni incontri in parrocchia offrirono agli sposi una risposta sicura in un momento di incomprensione e incertezza, furono la straordinaria occasione per scoprire il senso del matrimonio cristiano.

«C’è stato un momento molto importante nella nostra storia. Era un periodo difficile, in cui Anna Maria e io facevamo fatica a trovare un punto di equilibrio per il nostro matrimonio. Una sera partecipammo a un incontro in parrocchia sul tema della vita degli sposi. Ascoltando il nostro sacerdote, abbiamo scoperto che secondo il Catechismo i figli contribuiscono moltissimo al bene dei genitori. Lo stesso Dio benedisse l’uomo e la donna dicendo loro: «Crescete e moltiplicatevi». «Che i coniugi», dice testualmente il Catechismo, «con fortezza d’animo, siano disposti a cooperare con l’amore del Creatore e del Salvatore, che attraverso di loro continuamente dilata e arricchisce la sua famiglia». Sapere che essere sposi cristiani fa bene al nostro matrimonio ci ha aperto gli occhi e, continuando a seguire queste serate, abbiamo capito qual era il nostro problema. Io e Anna Maria avevamo un po’ scordato i bei tempi della nostra gioventù, in cui pensavamo che fosse più bello dare che ricevere. (…) Di fronte a quelle parole del sacerdote abbiamo provato a capire cosa significassero per il nostro matrimonio in quel preciso momento. Cosa dovevamo cambiare? Semplice, dovevamo essere aperti alla vita, dare la Vita e ricevere un dono enorme che si può esprimere in unità, serenità e gioia. (…) Diventare genitori dieci volte per noi è stato questo. Non è semplice: vuol dire vivere per i figli, per le loro esigenze (…) In qualche modo devi annientare te stesso come persona, ma in cambio riesci a riempirti la vita».

Vivere per dieci figli, vivere in dodici in una casa di tre piani ma con un unico bagno. Infatti la mattina, scrivono i ragazzi, “parte subito la corsa: come tutti i giorni il leone deve correre, non per acchiappare la gazzella, ma per arrivare primo in bagno”.

Così Miriam, l’ultima e la più coccolata di casa, già zia di due nipotini, descrive la sua famiglia:

«Confesso che, sì, in una casa piena di persone non ci sono molti spazi per stare da soli, ma senz’altro quando hai bisogno di aiuto perché hai fatto una cavolata, trovi un fratello pronto a darti una mano, concretamente. (…)Per la mia amica siamo anche un po’ «ingenui». Non lo dice in senso negativo o dispregiativo; vuol dire che nulla ci fa paura, che siamo come dei soldati con l’imbracatura di ferro che corrono contro l’avversario, che ci lanciamo contro le difficoltà con fiducia e senza farci spaventare. (…) Con i miei fratelli mi sento felice. Sono contenta di essere nata in una famiglia con tante persone con cui posso parlare(…) Non vorrei essere figlia unica, perché sono sicura che (…) mi sentirei triste (…) A dire la verità, c’è un’eccezione. L’unico momento in cui vorrei essere sola è quando alla televisione ci sono i miei programmi preferiti (…) In dieci non è facile mettere tutti d’accordo!».

Le parole di Papa Francesco riportate nel libro da Luca Leoni sono l’invito e l’incoraggiamento più bello per i neogenitori ad aprirsi alla vita, perché ogni figlio è un miracolo del Cielo:

«Ognuno dei vostri figli è una creatura unica che non si ripeterà mai più nella storia dell’umanità. Quando si capisce questo, ossia che ciascuno è stato voluto da Dio, si resta stupiti di quale grande miracolo sia un figlio! Un figlio cambia la vita!(…) Voi, bambini e bambine, siete proprio questo: ognuno di voi è frutto unico dell’amore, venite dall’amore e crescete nell’amore. Siete unici, ma non soli! E il fatto di avere fratelli e sorelle vi fa bene: i figli e le figlie di una famiglia numerosa sono più capaci di comunione fraterna fin dalla prima infanzia. In un mondo segnato spesso dall’egoismo, la famiglia numerosa è una scuola di solidarietà e di condivisione; e questi atteggiamenti vanno poi a beneficio di tutta la società».

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