Le cosidette esperienze di pre-morte, o NDE (Near Death Experience), sono oggi studiate soprattutto da medici, cardiologi e neuroscienziati.
(sotto una ricerca pubblicata su The Lancet, prestigiosissima rivista scientifica).
Ma interessano anche il tema filosofico dell’anima e del rapporto anima-corpo,
o mente-cervello.
Di seguito alcune pagine che ricostruiscono i primi studi sulle NDE:
Infine, sempre da Sorella morte corporale, le Nde alla luce di alcune riflessioni di Kurt Gödel, il grande logico-matematico del Novecento:
…. Il pensiero di Gödel parte proprio da qui, dalla sua affermazione secondo cui il mondo, che pure “ha avuto un inizio e con ogni probabilità avrà una fine” (cioè, che non si giustifica da se stesso), non è “per caso”, ma “è razionale”, dotato di senso, nel suo complesso, come nei suoi dettagli.
Gödel è dunque convinto che la ragione dell’uomo cerca il senso; che in parte lo trova; che deve poterlo trovare, non solo parzialmente, ma integralmente, se non qui, altrove (cioè nell’aldilà). Eppure la nostra mente, la nostra ragione, continua Gödel, si trova spesso a scontrarsi con un limite, il limite costituito dal suo stesso cervello; cioè dalla “macchina”, limitata, dotata di un numero di neuroni finito, di cui la mente deve servirsi.
C’è dunque sproporzione tra il nostro desiderio di comprendere e la nostra capacità di farlo; tra la nostra mente e il nostro cervello. E’ in verità una sproporzione di cui ci accorgiamo tutti: mentre i nostri desideri materiali sono tutti soddisfabili (se ho fame, posso saziarla), il nostro desiderio di capire è costitutivo della nostra natura, ma non è integralmente soddisfabile. Capiamo, ma non tutto; capiamo, ma spesso a fatica, dopo “giri” tortuosi, raramente per intuizione immediata…
La nostra mente ha dunque potenzialità che ci stupiscono e ci fanno comprendere la dignità dell’uomo, che ci fanno indagare l’ordine e il funzionamento della natura, ma limiti che ci fanno comprendere che essa non è la Mente (Dio) che quella natura e quell’ordine ha creato dal nulla e che quindi integralmente conosce.
Scrive Gödel: “è un pregiudizio del nostro tempo che sarà confutato scientificamente” l’idea secondo cui “non esiste una mente separata dalla materia”[1]. Quali le menti separate dalla materia, per natura? Dio, creatore di tutto, gli angeli e i demoni (che Gödel definisce i responsabili del “pessimismo e della scontentezza” e del tentativo di “soffocare il bene”).
Ma se la nostra mente supera il nostro cervello -come la mente del programmatore supera il programma del computer, e l’intelligenza umana quella artificiale-, ed è frenata dalla nostra condizione terrestre, allora, afferma Gödel, ci sarà un “momento”, dopo la morte, una vita futura dopo la morte fisica, in cui la mente potrà conoscere integralmente, potrà portare a compimento il cammino intrapreso nell’aldiquà; potrà soddisfare il suo naturale desiderio di capire tutto[2].
Eccoci tornati alle Nde: esperienze in cui, se sono vere, la mente si separa dal corpo e conosce, cioè prosegue quel cammino di conoscenza che le è “connaturale”. Se torniamo a Moody, al riguardo delle Nde scrive: “sono numerosi i casi nei quali si parla (da parte dei ritornati, ndr) dell’importanza di approfondire e ampliare le proprie conoscenze, poiché la capacità di apprendere continua nell’aldilà”; e altrove Moody ribadisce che anche la nostra capacità di amare, sempre a detta dei “ritornati”, “non si ferma con la morte ma continua nell’aldilà”.
Cosa è, in quest’ottica, l’aldilà? Il luogo in cui il desiderio naturale dell’uomo, di conoscere e di amare, trova compimento (si torni al paragrafo precedente: è sempre la classica definizione cristiana di Paradiso).
Ma torniamo a Gödel. Allorché ragiona su Dio e sulle creature angeliche, egli argomenta sostenendo che menti prive di corpo, colgono “tutte le relazioni concettuali con uno sguardo”, e senza bisogno di parole, perché il loro intelletto è “così perfetto che non ha bisogno di stampelle, di segni sulla carta (o di immagini memorizzate nel cervello che, in quanto processi materiali, sono possibili solo nel tempo e nello spazio)”[3].
Si tratta della stessa definizione che la tradizione cristiana dà, da sempre, di Dio (onnisciente) e delle intelligenze angeliche: “Gli angeli sono dotati di intelligenza acutissima, che comprende istantaneamente le cose senza bisogno del ragionamento e dell’aiuto dei sensi”[4].
La stessa comprensione istantanea, immediata, di cui riferiscono i “ritornati”, cioè coloro che avrebbero vissuto una momentanea esperienza “angelica” (si ricordi questa testimonianza già citata: “C’era una luce, una comprensione profonda nel senso di chiarezza, cioè non era una luce come noi la intendiamo: era qualcosa di diverso, come se io conoscessi tutto”).
Ancora Godel: parlando delle menti separate dai corpi (cioè degli angeli, ma anche delle menti umane “libere” dallo strumento, limitato, del cervello), afferma che esse sono necessariamente al di fuori del tempo e dello spazio: “Per un essere che non avesse alcuna sensibilità (cioè alcun contatto con la realtà mediante sensazioni) ma solo un ‘intelletto puro’ il tempo non esisterebbe”[5].
Anche qui si notino la perfetta coincidenza con la teologia cristiana (Dio e gli angeli sono fuori del tempo e dello spazio), e con l’idea ripetuta nelle testimonianze di Nde: “Il tempo pareva non esistere. Non so se siano trascorsi uno o cinque minuti, oppure qualche ora”[6]; “Ma io durante l’esperienza non avevo percezione del tempo, potrei dirle che forse tutto è durato 15 secondi, ma il tempo aveva perso il suo significato…”[7]…
Ma non è finita. Intelletti, menti pure, come comunicano? Senza linguaggio, senza parole, afferma Godel. Perché? Per due motivi: anzitutto il linguaggio “non inganna, ma è incompleto”; è come il cervello, funziona, ma non abbastanza, è, appunto, “incompleto” (ce ne accorgiamo quando non riusciamo ad esprimere a parole ciò che sentiamo dentro, per esempio una grande gioia o un grande dolore).
In secondo luogo la parola vocale, pronunciata, è necessaria ad una creatura dotata di corpo, e quindi di sensi, di cervello. Ma dove cervello e mente siano separati; dove la mente sia separata dai sensi, la parola non ha bisogno della materialità del suono.
Ebbene, ritorniamo alle NDE, per il solito confronto. Cosa dicono i “ritornati”? Che non hanno le parole adatte a descrivere ciò che hanno visto e provato. Il loro linguaggio è, appunto, incompleto. Dicono inoltre, di solito, che la loro comunicazione con le anime dei cari defunti, con gli angeli, con gli esseri di luce incontrati, non è avvenuta tramite parole (necessarie, lo si ripete, in un incontro tra menti-nel-cervello), ma in altro modo: “affermano- scrive Moody- di non aver sentito l’essere pronunciare parole o suoni distinguibili e di non aver risposto attraverso suoni o parole udibili. Si parla piuttosto di una diretta trasmissione del pensiero, senza limiti ed ostacoli…”[8].
Il prof. Facco, analogamente: “I soggetti appartenenti alla nostra casistica, in accordo con i dati della letteratura internazionale, hanno riferito che la comunicazione con le entità incontrate è generalmente non verbale, spesso definita in termini di vibrazioni o di telepatia: la comunicazione non appartiene quindi alla convenzionale sfera logico-concettuale verbale, ma ad un livello più diretto, intimo, profondo, ed appare spesso molto rapida…”[9].
da: Francesco Agnoli, Sorella morte corporale. La sceinza e l’aldilà, La fontana di Siloe, Torino, 2014
[1] Cit. in P. Cassou-Noguès, I demoni di Gödel, Mondadori, Milano, 2008, p. 136.
[2]Si può qui introdurre un passo di un filosofo cattolico contemporaneo, Enrico Maria Radaelli, “la ragione – l’intelligenza, l’intelletto- è una cosa inarrestabile, è un moto che non ha mai avuto inizio e non avrà mai fine. L’intelletto si muove, va avanti, va sempre avanti, non c’è nulla che lo fermi-nemmeno il nulla che non c’è – poiché davanti ad esso nessuna cosa è sufficientemente priva di essere da risucchiarne la vita: l’intelletto infatti è vivente, è la vita, è il vivente, è l’Essere stesso in atto”. Affermando, come Gödel, la possibilità sulla terra di una forma di conoscenza, per quanto limitata, contro lo scetticismo pirroniano, Radaelli aggiunge: “non solo è impossibile che sia impossibile, ma è anche impossibile che la conoscenza non giunga ad un termine estremo e conclusivo, ovvero è impossibile che essa non sia eterna, fuori del tempo, nel tuttoinsieme invulnerabile dalla morte…appena si dà la scintilla della conoscenza, appena si ha nel creato la conoscenza, essa, anche nel creato, è per sempre insopprimibile…perché tende a Dio, e finché non raggiunge il suo bene, Dio, non si arresta” ( E.M. Radaelli, Ingresso alla bellezza, Fede & Cultura, Verona, 2007).
[3] Cit. in P. Cassou-Noguès, op. cit., p. 141.
[4] P. Dragone, Spiegazioni del catechismo, Paoline, 1956, P. 81. Per la natura immateriale degli angeli, vedi Thomas Tyn, Gli angeli in san Tommaso d’Aquino, Fede & Cultura, Verona, 2014 e Saverio Gaeta e Marcello Stanzione, Inchiesta sugli angeli, Mondadori Milano, 2014.
[5] Cit. in P. Cassou-Noguès, op. cit., p.
[6] M. Sabom, op. cit., p.29.
[7] Enrico Facco. op. cit., p. 46.
[8] In una delle testimonianze raccolte da Facco, la n. 6, il “ritornato” descrive l’incontro con esseri di luce, e afferma: “Loro comunicavano, non parlavano…” (op. cit., p. 42). In altre testimonianze i ritornati dicono di aver sentito delle “voci”. Non è sempre chiaro se intendano suoni, o se utilizzino voce come sinonimo di comunicazione, per farsi capire, secondo il linguaggio abituale.
[9] p. 67