“Nel cattolicesimo sì che c’è ‘qualcosa’”Per trent’anni mi sono impegnato nel ministero parrocchiale come pastore luterano, poi per altri quattro anni sono stato decano di distretto per la Chiesa Luterana Nordamericana (un lavoro di supervisione che mi piaceva quanto le carie ai denti).
Ora, mentre scrivo alla vigilia della Settimana Santa, sto per diventare cattolico romano insieme a mia moglie; io per la prima volta, lei per la seconda.
Potete biasimare lei per la mia conversione (anche se penso che sia una transizione naturale, come potrete verificare). Lei è stata cresciuta come cattolica romana ed è poi diventata luterana.
Suo padre è stato cresciuto come luterano ed è diventato cattolico. A volte la vita è proprio strana. Suo padre è morto due anni fa, e nell’agonia di guardare quel brav’uomo mentre si arrendeva alla SLA si è sentita spinta a tornare alla fede della sua infanzia.
Con mia sorpresa – e penso anche con la sua – ho detto che l’avrei seguita. In realtà non mi ha sorpreso molto. Fin dal seminario, mentre rimanevo invischiato nei documenti confessionali luterani del XVI secolo, sono diventato sempre più cattolico nel mio modo di pensare. Cercavo per la mia fede una densità ecclesiale, il senso che ci sia “qualcosa”. Lo stato dei corpi ecclesiali luterani in America non ne tiene conto.
Ma non sto diventando cattolico romano solo per delusione nei confronti del luteranesimo. C’è una convinzione dietro questa mossa che nasce da vari elementi.
1) Parte dei miei esami al seminario – parliamo della fine degli anni Settanta – si svolgeva presso il Collegio Pontificio Josephinum dell’Ohio. Ho seguito lezioni di Sacramentologia e Studi Mariani, impartite da due gesuiti della vecchia guardia. Mi sono ritrovato ad essere l’unico luterano in un’orda di seminaristi salesiani. Era emozionante.
Quello che mi ha colpito è quanto luterani e cattolici siano vicini a livello di dottrine di base e delle rispettive formulazioni teologiche. Noi – romani e luterani – facciamo teologia allo stesso modo, e probabilmente come nessun altro. Facciamo attenzione alle parole. Ogni parola è soppesata e paragonata a parole alternative che potrebbero essere usate ma con minor precisione. Sembra che la precisione nel vocabolario possa tenerci fuori dall’inferno teologico, e se le parole non sono quelle esatte e messe nell’esatto ordine allora non c’è dubbio che verremo condannati.
A pensarci, è un approccio piuttosto affascinante. Significa anche che quando luterani e cattolici siedono insieme hanno un linguaggio comune, e usarlo porta spesso a risultati sorprendenti, come nel 1999 con la dottrina della giustificazione.
Questo è un livello. A livello parrocchiale, la differenza sta nella densità – i cattolici ce l’hanno, i luterani no.
2) Quando mia moglie ha detto che stava pensando di ritornare cattolica romana, ho iniziato a chiedermi quanto fossi ancora luterano. L’influenza di padre Richard John Neuhaus era forte. Ero il suo successore a Forum Letter, una pubblicazione luterana che ha guidato per 16 anni (io per 17). Negli anni in cui è stato sacerdote cattolico mi ha spesso spinto a tornare a casa. L’ultima corrispondenza che ci siamo scambiati era su questo argomento. Dopo la sua morte, ci sono state un paio di notti in cui nei miei sogni mi rimproverava per non averlo fatto. Negli anni in cui è stato luterano ha avuto un profondo impatto sulla mia vita pastorale, e questo si è intensificato negli anni in cui è stato sacerdote. Mi piace dire alla gente che ha influito su di me dopo la morte quanto aveva fatto in vita.
Più ci pensavo, più capivo che i chierici luterani che ammiravo di più – e con i quali condividevo il cameratismo dell’officio pastorale luterano – erano tornati uno dopo l’altro a Roma. Sembrava che conoscessi tanti sacerdoti quanti pastori, e dopo un po’ non pochi di quei pastori erano diventati sacerdoti. E io ero lì sulla riva, a salutarli mentre partivano.
Per un po’, dopo la morte di Neuhaus, ho aiutato a pubblicare la rivista che ha fondato, First Things. Anche se non esplicitamente cattolica, è in genere considerata tale. Per gli ultimi sei anni, quasi sette, sono stato un contributore regolare sul sito; ero uno scrittore luterano, ora sono uno scrittore cattolico.
3) Per me è stato molto facile diventare cattolico romano, ma ovviamente la chiave non è la convenienza ma la convinzione. Sono arrivato a credere che l’essenza, la pienezza, della Chiesa di Cristo si trovi nelle Chiese in comunione con la Chiesa di Roma.
Non rinnego il fatto di essere stato luterano. È la transizione, non la conversione; mi sto spostando, ma la fede cristiana che ha caratterizzato la mia vita sta venendo con me. Ho imparato le preghiere da luterano, ho memorizzato il catechismo, e quando lottavo per uscire dal pozzo dell’agnosticismo che tendeva all’ateismo Dio ha messo nella mia vita qualche pastore luterano esigente, appassionato e autentico che mi ha dato lezioni importanti. Ero un uomo che non credeva che Cristo fosse risorto, ed è stato in una comunità luterana basata sulla Resurrezione di Cristo che ho creduto per la prima volta che c’era stata una resurrezione. Cosa posso fare, se non lodare Dio?
Essere cattolico non è un compito esaurito – non per me, né per nessuno di noi. Non facciamo parte di una Chiesa perfetta, ma non è compito nostro renderla tale; è responsabilità di Dio. Ma ci viene promessa una Chiesa santa perfetta. C’è sempre qualche scoperta di fede che ci aspetta.
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Russell E. Saltzman è web columnist a First Things e vive a Kansas City (Missouri, Stati Uniti). Può essere contattato su Twitter: @RESaltzman.
[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]