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Sartre aveva torto, la sofferenza non è “assurda”

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L'Osservatore Romano - pubblicato il 17/03/16
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A colloquio con il cardinale Gualtiero Bassetti autore delle meditazioni per la Via crucis al Colosseodi Nicola Gori

Entrare nella biblioteca del cardinale Gualtiero Bassetti significa immergersi nella storia della Chiesa fiorentina. Accanto alle foto delle classi dei seminaristi affisse sulle pareti — Bassetti è stato per circa vent’anni rettore dei seminari, minore e maggiore, di Firenze — si possono scorgere, sugli scaffali della libreria, una lunghissima serie di libri con autori e tematiche inequivocabili: Giorgio La Pira e Divo Barsotti, Elia dalla Costa e Giovanni Benelli, Enrico Bartoletti e Lorenzo Milani, Giulio Facibeni e Giuliano Agresti, autore di Vita nuova di san Francesco d’Assisi, «uno dei libri a cui più sono legato» afferma Bassetti.

Quanto c’è di questa storia personale nelle sue meditazioni per la via Crucis?

Il cardinale Elia dalla Costacon “don Cuba”, don Danilo Cubattoli a Firenze

C’è ovviamente molto. Ho attinto a piene mani dall’anima della Chiesa fiorentina, un’anima teologale e umana che a me piace sintetizzare con il binomio “pane e grazia”. Il pane, come la libertà, è un dono di Dio, e quindi è un impegno per gli uomini che grazie a Cristo sono e sanno di essere uomini liberi. Tra le preghiere delle meditazioni, inoltre, ho inserito una splendida poesia di padre Turoldo, dell’ordine dei servi di Maria fondato a Firenze nel XIII secolo. Ma soprattutto c’è il titolo che ho scelto per le meditazioni di quest’anno: «Dio è misericordia». Che è anche il titolo di un libro — non tra i più noti per la verità — di don Divo Barsotti, in cui il mistico toscano commenta l’episodio evangelico della peccatrice che entra nella casa di Simone il fariseo durante il pranzo con Gesù.

«Dio è misericordia» è anche il titolo di un suo articolo sull’Osservatore Romano in cui descrive il giubileo come una grandissima occasione per l’uomo di oggi. In che modo l’anno santo entrerà nelle meditazioni?

Il giubileo della misericordia rappresenta lo sfondo su cui si muove tutta la Via crucis. La Via crucis così come l’anno santo vuole parlare a tutti gli uomini e le donne di oggi che a me sembrano sempre più soli e confusi, inseriti dentro una società in continuo movimento che consuma tutto velocemente — beni, affetti e desideri — e che sembra aver smarrito sia la nozione di peccato che quella di verità. Ecco, gli uomini di oggi a me paiono drammaticamente infelici e sofferenti. E questo si lega profondamente con il giubileo della misericordia. Nella radice della parola misericordia, misericors, c’è infatti un riferimento diretto alla miseria umana e indirettamente anche alla quotidiana sofferenza degli uomini.

Cosa significa parlare della sofferenza oggi?

Innanzitutto, significa affermare che non è vero che la sofferenza è un “assurdo” come diceva Sartre. Gesù sulla croce si è fatto carico dei nostri peccati ed è morto per noi. E in secondo luogo, significa riconoscere che nelle nostri croci quotidiane Gesù è con noi ogni giorno. Oggi abbiamo una sofferenza visibile nei poveri, nei migranti, nei malati, nelle persone sole e abbandonate. Ma allo stesso tempo incontriamo uomini ricchissimi che sembrano avere tutto ma che in realtà non hanno niente, vivono una vita vuota e, in alcuni casi, desiderano addirittura la morte. Il male, pertanto, come ha scritto qualcuno, può essere anche “banale” ma Gesù sulla Croce fornisce un altro significato alla vita e indica una strada diversa: quella della conversione.

Queste citazioni che ha appena fatto sono presenti nelle sue meditazioni?

Sì, sono presenti, ma in una forma semplice e, spero, facilmente comprensibile a tutti. Accanto a esse però ci sono i rimandi classici al magistero della Chiesa cattolica. Ho citato, per esempio, alcuni Papi che hanno parlato (o stanno parlando) con grande sapienza all’uomo moderno: Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI fino ad arrivare a Francesco. Quello che è più importante, però, non sono certamente le citazioni. Nelle meditazioni ho cercato di parlare al cuore dell’uomo e per questo ho fatto molti esempi concreti.

Quali?

In ogni stazione ho cercato di fare un riferimento all’attualità perché come dice Francesco «Dio è reale e si manifesta nell’oggi». Ho parlato per esempio dei nuovi martiri che rischiano la vita anche solo per fare un funerale e continuano a essere uccisi in ogni angolo del mondo solo perché cristiani. Ho fatto riferimento al dramma dei migranti e dei rifugiati che dopo essere fuggiti dalla guerra trovano la morte nella fuga disperata verso la libertà o in un barcone sul mediterraneo. Senza dubbio, però, la cosa più difficile da scrivere ha riguardato le violenze sui bambini: sui nuovi schiavi del lavoro e sui bambini abusati dagli adulti. Quando scrivevo quelle righe ho avuto la sensazione che non stessi utilizzando la penna su un foglio di carta ma uno scalpello su un pezzo di marmo, tanto era la sofferenza nei confronti di queste piaghe.

Ci sono delle stazioni che l’hanno colpita più delle altre?

Sarei tentato di dire che in ogni stazione c’è una parte di me e quindi tutte mi colpiscono profondamente allo stesso modo. Però, se proprio devo sceglierne qualcuna ne indico tre: la prima, dove c’è Pilato; la quarta, dove c’è l’incontro tra Gesù e Maria, e l’undicesima con la crocifissione. Tutte e tre sono legate dalla dimensione del potere: il potere politico di Pilato, che è la capacità di dare o togliere la vita a seconda della convenienza; il potere generante di Maria, che rappresenta la capacità di dare la vita con un atto di amore della donna; e il potere divino della croce, che è la capacità del Signore di aprire la strada alla vita eterna dove gli occhi umani vedono solo morte e umiliazione.

La Via crucis è ancora una pratica che riesce a parlare all’uomo di oggi?

A mio avviso la Via crucis è un rito di grande importanza per la cristianità che però non deve essere scambiato per una pratica folcloristica. Non può essere ridotta a un’ambientazione teatrale ma deve essere compresa nella sua profondità. Al centro di questo rito c’è la croce e il crocifisso. La croce è un «albero fecondo e glorioso», come dice la liturgia. E il crocifisso è «d’offerta piena», come scriveva don Primo Mazzolari. Attraverso questo scandalo e questa follia, totalmente controcorrente rispetto al pensiero di questo mondo, si compie la giustizia di Gesù e si apre la strada della salvezza.

Un’ultima domanda: come ha accolto l’invito del Papa a preparare le meditazioni per la Via crucis di quest’anno?

Una delle ultime volte che ho visto il Papa gli ho detto: «Santità mi ha assegnato un compito arduo». E Francesco mi ha risposto: «Ricorda che non lo fai per me ma per la Chiesa». Ecco, il modo con cui ho accolto l’invito è quello del servizio.

 

QUI L’ARTICOLO ORIGINALE

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