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Il fascino sconcertante dell’essere “spirituali ma non religiosi”

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David Mills - pubblicato il 16/03/16
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Sarebbe meglio il buddismo autentico, ma ancora non basta 

Avrete sentito alcune persone dire che sono “spirituali ma non religiose”. La mia supposizione è che questa definizione non venga usata da tante persone ma descriva molta gente, anche tanti di coloro che frequentano la chiesa.

Non la capisco. Questa idea mi sconcerta. È troppo evanescente, come una di quelle nebulosità che si vedono in un bosco e scompaiono quando ci si entra. Se devo investire in qualcosa, voglio che sia una cosa che posso toccare.

La definizione è un po’ vaga. Uno scrittore inglese in cui mi sono imbattuto nell’affidabilmente antireligioso quotidiano inglese The Guardian ha ammesso di essere una delle persone che la pensano in questo modo, ma poi ha spiegato: “È una frase esasperante, che trasuda sia superiorità compiaciuta (‘Sono più profondo di un ateo ma più intelligente di un credente!’) che credulità New Age”.

È anche la mia impressione.

Le versioni migliori

Il suo articolo si collegava a un altro della rivista della BBC News. L’autore, che sembrava simpatetico nei confronti di tutta la questione, cercava di spiegare cosa significasse essere “spirituali ma non religiosi”, ma non è stato di grande aiuto.

Per molti, ha detto, “è semplicemente un ‘sentimento’ per cui ci dev’essere qualcos’altro”, spesso mescolato a “un senso per cui la religione non è adeguata ai valori moderni”. Altri parlano di “soggezione e stupore”, il sentimento per cui “la vita è più di denaro, lavoro, accudire i bambini e tutte le altre occupazioni quotidiane”, mentre altri ancora parlano di “una forza divina nella natura” e della “meraviglia della vita sulla terra”.

Le versioni migliori, intendendo quelle più concrete e pratiche, sono versioni popolari del buddismo. Un uomo citato nell’articolo della BBC ha spiegato che tutto“riguarda il fatto di imparare ad accettare cose come la temporaneità e il vivere il momento presente. Se si capisce quanto si possa essere felici abbracciando il momento attuale, le chiacchiere stanno a zero”.

Questo, a mio avviso, ha già più senso. È quasi qualcosa che si può toccare. Ma poi sorge la domanda: “Perché non essere semplicemente buddisti?” Ci si potrebbe unire a una religione antica che opera da molto, molto tempo anziché cercare di fare tutto da soli. È come entrare in cucina con un martello e una sega per ricostruire tutta la stanza o assumere tre falegnami esperti perché ci aiutino a fare le cose per bene e ci insegnino come fare mentre lavorano.

Il motivo per non diventare un vero buddista è facile da indovinare. Il vero buddismo è una religione seria che ti fa fare cose che non vuoi fare.

Gli insegnamenti buddisti sull’etica sessuale, spiega un’introduzione all’etica buddista della Oxford University Press, “sembrano esprimere questi ideali: 1) il celibato è preferibile al matrimonio; 2) per chi si sposa, le uniche forme legittime di condotta sessuale sono quelle procreative in natura”. Apparentemente si critica anche la contraccezione. L’autore nota “la stretta e inattesa somiglianza tra il buddismo tibetano e gli insegnamenti cristiani sull’etica sessuale. Certi pronunciamenti del Dalai Lama avrebbero quasi potuto essere emessi dal Vaticano”.

Il buddismo è più rigoroso ed esigente anche in molti altri aspetti, e quindi non va bene per la maggior parte delle persone spirituali ma non religiose. È abbastanza curioso notare come per loro sia troppo vicino al cattolicesimo. Quando il Dalai Lama è d’accordo col papa, non unirti alla religione del Dalai Lama. Crea una tua spiritualità.

Spirituale vs cattolico

Non capisco il fatto di essere spirituali senza essere religiosi. Cerchi di elevare i sentimenti che già provi per farli diventare qualcosa di più grande e chiami quei sentimenti elevati “spiritualità”. Ami i grandi spazi, e quindi parli della forza divina nella natura e permetti che prenda il posto di Dio.

Ma cosa significa lo stupore per la vita sulla terra? Come ti influenza? Come cambia la tua vita? Per quello che posso dire, le risposte sono: in modo non chiaro, non tanto e non in maniera notevole.

Il cattolicesimo è una religione “in contanti”. Puoi toccare quello che ti dà la Chiesa. È un po’ imbarazzante il modo diretto in cui ti offre le cose. Fondamentalmente, dice: “Vai in quell’edificio alle 10 di domenica mattina e incontrerai Dio, e Lui ti darà qualcosa che desideri”.

Quando la Chiesa parla di Buona Novella, intende qualcosa di reale. Intende il perdono dei peccati e il fatto di incontrare Gesù nell’Eucaristia. Intende l’amicizia e l’aiuto dei santi e le indicazioni su come vivere. Intende la risposta alla morte. Detto in poche parole, intende le cose per cui pagheresti se qualcuno le vendesse.

La persona spirituale ma non religiosa esce e sente la natura come qualcosa di meraviglioso. E poi… torna alla sua vita com’era. Il cattolico cammina lungo la navata e riceve il Corpo di Cristo, una medicina e un cibo che lo guariscono e sostengono la sua vita. Direi che la seconda opzione è decisamente la migliore.

David Mills, ex direttore esecutivo di First Things, è senior editor di The Stream, direttore editoriale di Ethika Politika e scrive per numerose pubblicazioni cattoliche. Il suo ultimo libro è Discovering Mary. Si può seguire su @DavidMillsWrtng.

 

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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