Una testimonianza per aiutare il discernimentoHo proposto alla mia ex moglie di divorziare da persone civili – senza acrimonia o offese. Le ho chiesto di curare i documenti senza l’aiuto di terzi: un accordo per gli alimenti manipolato, la divisione dei beni e il concordare la custodia e il tempo da condividere con i nostri figli. Era, le ho detto, la cosa più ragionevole, quella più intelligente da fare.
Al colmo del cinismo le ho proposto di restare buoni amici. E lei, stanca, ha acconsentito.
Poi è stato tutto una bugia. Niente può finire bene quando dentro si è rotto qualcosa con un danno irreparabile. Un danno che ha lasciato una conseguenza imprevedibile sulla vita sua e dei nostri figli, trasformando tutti noi in esseri infelici.
Le mie motivazioni? Avevo un’altra relazione, e cercavo di convincermi che era il momento in cui avevo davvero la libertà di scegliere, quando è stato proprio per la mia libertà che ho provocato tutto.
Il mio primo matrimonio è stata un’autentica storia d’amore stroncata dalla mia immaturità e dal mio egoismo. Una storia in cui quello che poteva e avrebbe dovuto essere non è stato perché è intervenuta la mia libertà. La vita mi ha fatto vedere che in quel periodo ho sempre scelto quello che non avrei dovuto.
L’uomo che si sposa rinuncia a tutte le altre donne per la persona scelta, e tuttavia ho scelto di non essere fedele a mia moglie.
Quando ho percepito in lei difetti e limiti, come ne abbiamo tutti, ho scelto di non accettarli.
Di fronte ai problemi economici e alle contrarietà che avrebbero provato il mio amore ho scelto di non sforzarmi.
Quando lei si aspettava comprensione ho scelto di non comprendere, e di non perdonare.
Quando si è presentata la malattia, il dolore, ho scelto di fuggire.
Quando è nato ciascuno dei nostri figli è sbocciata una speranza di ricostruire la nostra storia, ma ho scelto di non farlo.
Quando lei cercava risposte ho scelto il silenzio.
Quando mi è stato offerto il perdono ho scelto di ignorarlo.
Quando lei mi ha cercato angosciata ho scelto di lasciarla sola.
Mi sono risposato senza commettere gli stessi errori, ma nel profondo della mia anima sono infelice perché vivo con molti rimorsi, e per quanto possa aprire il mio cuore per donarlo totalmente ai membri della mia nuova famiglia sarà sempre un cuore spezzato, e loro lo sanno.
Vorrei che i miei figli sapessero che si può trovare la felicità solo amando ed essendo amati, che è impossibile imparare a vivere senza l’amore autentico, che la vera libertà dà all’amore il suo valore.
Il problema per me è che ho amato al contrario, egoisticamente, perché ho amato me stesso e ho finito per essere frustrato. L’aspetto più duro è che essendo libero è questo che ho scelto.
Il “dover essere” dell’amore nel matrimonio presuppone due cose: che qualcosa sia chiamato ad essere e che quel qualcosa possa non essere per la libertà dell’uomo, per cui spetta a quest’ultimo usare la volontà per impegnare la sua libertà, assumendo il futuro possibile nella sua pienezza e totalità per donarlo all’altro.
Amare è poterlo fare.
[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]