Raggiunto dalla commissione d’inchiesta australiana sugli abusi del clero il superministro dell’economia vaticana fa alcune dichiarazioniIl caso o la Provvidenza divina ha voluto che più o meno nello stesso orario in cui il Cardinal George Pell deponeva – in videoconferenza da Roma – di fronte alla Commissione reale sulle Risposte istituzionali agli Abusi sessuali sui Minori in Australia, a Los Angeles venisse premiato il film che ha scoperchiato questo vaso di Pandora: “Spotlight”. In un certo senso il cerchio si è chiuso, il film non va annoverato nel genere “fiction”, ma quasi in quello della docu-fiction, perché l’inchiesta del Boston Globe che travolse l’arcivescovo di Boston, il Cardinale Bernard Law, è vera. Ma torniamo all’attualità.
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ABUSI NASCOSTI IN AUSTRALIA?
Secondo il Cardinal Pell, la Chiesa in Australia:
«ha commesso enormi errori, ma sta lavorando per rimediare. Ha causato gravi danni in molti luoghi, ha deluso i fedeli». Lo ha ammesso il cardinale George Pell, già arcivescovo di Melbourne e poi di Sydney e ora prefetto degli Affari economici del Vaticano, testimoniando in videoconferenza dall’Hotel Quirinale a Roma davanti alla Commissione d’inchiesta sulle risposte delle istituzioni agli abusi sessuali a minori negli anni 1970 e 1980. «Non sono qui a difendere l’indifendibile», ha aggiunto. In quei giorni la Chiesa era «fortemente propensa» ad accettare smentite degli abusi da parte di chi ne era accusato. L’istinto allora era più di «proteggere dalla vergogna l’istituzione, la comunità della Chiesa», ha detto fra l’altro il prelato, che ha tuttavia negato di aver avuto alcuna conoscenza delle malefatte dei preti pedofili che operavano nella diocesi di Ballarat in cui era viceparroco e assistente al vescovo Ronald Mulkearns. La prima di tre o quattro udienze, in collegamento con la Commissione in seduta a Ballarat presso Melbourne, si è conclusa oggi alle 12 ora australiana (le 2 in Italia). La testimonianza del prelato, interrogato puntigliosamente dal legale della commissione Gail Furness, riprenderà domattina in Australia (alle 22 ora italiana) (Corriere della Sera, 28 febbraio).
Fino a questo momento, dalla vicenda australiana è emersa una situazione molto simile a quelle di altri paesi, in primis gli Stati Uniti dove preti molestatori invece di essere fermati e processati venivano trasferiti periodicamente di parrocchia in parrocchia e le vittime venivano invitate o a non accusare pubblicamente o semplicemente non credute per evitare che il buon nome della Chiesa venisse minacciato.
L’AUDIZIONE DEL CARDINALE
Durante questa prima audizione le domande dell’avvocato della commissione, Gail Furness, si sono concentrate principalmente sulla rete di conoscenze del cardinale: quali persone erano vicine a lui nelle diocesi di Ballarat e Melbourne, in che misura era a conoscenza degli abusi avvenuti e da quanto tempo. La commissione ha chiesto conto in particolare di alcuni casi specifici: di monsignor John Day e poi del caso più famoso di padre Gerald Ridsdale, oggi rinchiuso in prigione.
Riporta Andrea Tornielli:
Il cardinale è stato molto duro con il vescovo emerito di Ballarat, monsignor Mulkearns, per come questi ha trattato il caso del prete pedofilo Ridsdale, definendo l’atteggiamento del prelato «una catastrofe per la Chiesa». Ma ha anche riconosciuto di aver commesso l’errore di credere alla versione dei preti accusati di aver abusato dei minori piuttosto che a quella delle vittime che li accusavano. «Devo dire – ha precisato Pell – che in quell’epoca, se un prete negava questo tipo di comportamenti, io ero fortemente incline a credergli».
Un terzo caso specifico è quello degli abusi presso le scuole gestite dai Fratelli Cristiani a Ballarat. Il cardinale ha negato di aver ignorato le accuse rivolte a Edward Dowlan, insegnante al St. Patrick College. «Avevo sentito qualche voce di comportamenti inadeguati» negli anni Settanta, e «avevo concluso che riguardassero comportamenti pedofili». Ma Pell ha detto di non aver mai saputo il nome delle vittime né che vi fosse un alto numero di vittime o che gli abusi di Dowlan, ora giudicato colpevole di assalti sessuali su venti ragazzini e condannato a sei anni di reclusione, fossero di pubblico dominio nella scuola. Anche se ha dovuto ammettere, di fronte alle domande dell’avvocato Gail Furness, che il numero di persone a conoscenza dei fatti era significativo. Il cardinale ha anche aggiunto di essere stato avvertito dai parrocchiani che uno dei Fratelli Cristiani, Leo Fitzgerald, il quale nuotava nudo insieme agli studenti, era solito baciare i bambini. Ma ha detto che di non aver creduto che baciare sia un atto sessuale: «È certamente inusuale… ma nessuno ci disse che dovevamo fare qualcosa su questo» (Vatican Insider, 29 febbraio).
Ballarat, è la città natale di Pell, ed è un nome che in Australia porta alla memoria della Chiesa un dolore indicibile: 853 denunce per abusi su minori commessi soprattutto negli anni ’70, e ben 281 sacerdoti coinvolti, e come detto la congregazione dei «Christian Brothers» costretta a pagare 37,5 milioni di dollari australiani di risarcimenti alle vittime. In quegli anni Pell era consulente del Vescovo in quella diocesi. Nel frattempo a Roma è arrivato anche un gruppo di una quindicina di vittime guidate da Andrew Collins, portavoce del Ballarat Survivors Group.
LE ACCUSE SU PELL
Già nel giugno del 2015, il Commissario della Santa Sede per la protezione dei minori, Peter Saunders, puntava l’indice contro il superministro vaticano dell’Economia Pell: «Si prende gioco dei minori vittime di abusi sessuali».
Tredici anni fa Pell fu addirittura accusato di aver personalmente abusato di un ragazzo nel 1961, e in quella occasione si autosospese dall’esercizio del ministero episcopale fino a che non fu completamente scagionato. Le accuse più recenti a Pell vengono da David Ridsdale, nipote del prete pedofilo Gerald, che afferma di aver sentito Pell, nel 1993, tentare di comprare il silenzio della famiglia dell’accusato. Il cardinale assicura che al momento della telefonata che gli viene contestata già stava collaborando con la giustizia australiana che indagava su Ridsdale e di non aver mai tentato di comprare il silenzio di nessuno (Vatican Insider, 2 giugno).
VERSO LE DIMISSIONI?
Di ritorno dal Messico, il Papa disse in conferenza stampa: «Un vescovo che per questo cambia di parrocchia un prete è un incosciente e la cosa migliore che possa fare è dimettersi». Pell è vicinissimo ai 75 anni, età in cui i cardinali di Curia rimettono il loro mandato nelle mani del Pontefice che può, a sua discrezione, prolungare il loro servizio. Oppure lasciare che le regole impongano un rinnovamento…
UNA PICCOLA CHIOSA “CINEMATOGRAFICA” E MEDIATICA
Andare al cinema e vedere un film come Spotlight fa male, specialmente se si è cattolici, è il dolore proviene dallo sdegno e dalla tristezza provocata tanto nel sapere che quel male è stato perpetrato e ancor di più perché a farlo è stata la Chiesa, ma sebbene sia vero che questa verità fa male, è altrettanto certo che “la verità vi rende liberi” (Gv 8, 32), cioè ci libera dalla connivenza col peccato, ci permette di agire e non solo di reagire. «Questo film lo devono vedere tutti i vescovi e i cardinali, soprattutto i responsabili delle anime, perché devono capire che è la denuncia che salverà la Chiesa, non l’omertà». A dirlo è monsignor Charles Scicluna, arcivescovo di Malta, pm della Congregazione per la Dottrina delle Fede (Cdf) negli anni degli scandali della pedofilia nel clero (dal 2002 al 2012) in una intervista di pochi giorni fa rilasciata a Repubblica (17 febbraio).
E poco importa se venisse fuori che il Boston Globe aveva dei pregiudizi contro la Chiesa di Boston, o addirittura fosse anticattolico nel suo orientamento, non perché questo non sia sbagliato o perché non getti un’ombra su un possibile accanimento, ma perché se un “nemico” ti colpisce su un tuo grave errore, la colpa è comunque dell’errore, non del Nemico…