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Attacco del Parlamento al concetto di fedeltà?

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Lucandrea Massaro - Aleteia - pubblicato il 26/02/16
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Dopo l’approvazione “monca” delle unioni civili il PD decide di fare piazza pulita del “retrogrado” riferimento alla “fedeltà” nel codice Civile. Come se potessero esistere relazioni umane senza fedeltà…La legge sulle unioni civili ieri al Senato ha visto il suo primo significativo “sì”, con un ampio margine di approvazione, il prossimo passaggio alla Camera dei deputati non sarà un problema per il Governo che conta una maggioranza solida che quasi certamente non metterà in discussione nulla dell’impianto del provvedimento, portando ad una approvazione in tempi rapidi.

Tra le righe della mediazione del Governo c’è un passaggio circa la cancellazione della “fedeltà”, un passaggio per lo più simbolico per alcuni aspetti, che tuttavia ha provocato un colpo di coda di alcuni senatori del PD. Questi infatti, dopo aver visto saltare il vincolo di fedeltà dalle unioni civili (oltre alle adozioni), hanno pensato di depositare un disegno di legge per cancellarlo anche dal matrimonio civile. “Togliere dall’articolo 143 del codice Civile il riferimento all’obbligo reciproco di fedeltà tra i coniugi“. E’ un disegno di legge di una sola riga depositato oggi a Palazzo Madama: prima firma della senatrice del Pd Laura Cantini e sottoscritto tra gli altri da Monica Cirinnà e Sergio Lo Giudice (Repubblica, 25 febbraio).

LEGGI ANCHE: Unioni civili vs matrimoni civili: diversità e punti in comune

Dal canto suo, il ministro Angelino Alfano è convinto di aver fatto la scelta giusta al punto da paragonarsi a papa Giovanni Paolo II. “Vedo cattolici che giudicano il cattolicesimo degli altri – attacca Alfano – secondo il loro personale metro di Verità e ortodossia. Io, che non amo giudicare, mi ispiro a quanto ci ha insegnato San Giovanni Paolo II nell’enciclica Evangelium vitae del 1995, al numero 73″ (Il Giornale, 25 febbraio).

Il testo dice che: “Quando non fosse possibile scongiurare o abrogare una legge (intrinsecamente ingiusta) un parlamentare la cui personale assoluta opposizione… fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuire gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica. Così facendo infatti non si attua una collaborazione illecita a una legge ingiusta, piuttosto si compie un legittimo e doveroso tentativo di limitarne gli effetti iniqui”.

E potrebbe, per certi versi, essere una valutazione ragionevole anche se dal popolo del cosiddetto “Family Day” c’è chi parla di tradimento e minaccia ritorsioni già alle prossime amministrative e poi sul Referendum che si terrà in autunno sulla riforma della Costituzione (Il Tempo, 23 febbraio).

Sul tema della fedeltà il filosofo Massimo Cacciari ha parole di fuoco contro i parlamentari che definisce come ubriaconi:

«Sono questioni che non riguardano solo le leggi. Quando quelle norme sono state scritte penso che i politici si rendessero conto del significato del termine fedeltà. Qualsiasi relazione, una coppia di qualsiasi genere che decide di sposarsi, accede a un rito che ha i suoi valori simbolici e che esiste da decine di migliaia di anni. Questo è un fatto molto importante che impegna, che responsabilizza. Un Parlamento che si mette a giudicare queste cose con siffatta faciloneria è incomprensibile. Potrei parlare a lungo del significato e del valore della fedeltà, ma avrei bisogno di 50 pagine. Non è un tema che possa essere trattato in questo modo» (Repubblica, 26 febbraio).

Una risposta che trova corrispondenze anche nella Chiesa. Aleteia infatti ha contattato Don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale della famiglia, per capire cosa pensi la CEI e la Chiesa degli ultimi sviluppi del dibattito nazionale.

Don Paolo, perché – se lo è – la legge approvata al Senato ieri è sbagliata, pur edulcorata dalla questione delle adozioni?

Gentili: Il testo del ddl Cirinnà approvato col voto di fiducia presenta ancora molti riferimenti all’Istituto matrimoniale. Lo stralcio della stepchild adoption è certamente un fatto importante frutto dell’impegno di molti cattolici e anche di molte persone di buona volontà. Tuttavia i riferimenti al linguaggio matrimoniale e il rinvio alle sentenze, che provocheranno difformità sul territorio nazionale, sono un errore. Noi ci saremmo aspettati una riscrittura in toto della legge per distinguere meglio le unioni civili dal matrimonio, purtroppo la fretta è cattiva consigliera e forse anche cattiva legislatrice…

Pur volendo distinguere nettamente unioni omosessuali e matrimonio naturale, l’obbligo di fedeltà non sarebbe stato – da un punto di vista morale – una “conquista” positiva?

Gentili: L’aver tolto questo punto svilisce questo provvedimento. Se è il tentativo era quello di creare una distinzione col matrimonio, si può dire che sia un tentativo maldestro, il problema come ho già detto è il linguaggio con il quale si è costruita la norma, dove sono troppi i riferimenti al matrimonio. La differenza non si può fondare su questo.

Ora un gruppo di senatori vuole togliere dal Codice Civile anche “l’obbligo di fedeltà” nel matrimonio: cosa ne pensa?

Gentili: Penso che la fedeltà sia la base degli autentici legami umani, vale per l’amicizia, vale anche per le unioni tra persone omosessuali, togliere i riferimenti alla fedeltà come valore, mi pare sia un ritorno al ’68, il brodo di coltura alla base dello svilimento dell’amore sponsale. Il Beato Paolo VI nella Humanae Vitae al numero 9 afferma che “dalla fedeltà come da una sorgente scaturisce una intima e duratura felicità”. Chiudere alla porta alla fedeltà vuol dire chiudere le porte alla felicità.

Se venisse meno anche questo elemento che deriva dal Codice di diritto canonico (dopo divorzio, divorzio breve, unioni civili, aborto) la Chiesa non potrebbe valutare l’ipotesi di rinunciare al matrimonio concordatario per distinguere in modo netto la propria proposta di vita da quella della società secolarizzata?

Gentili: Il matrimonio è un diritto naturale, la chiesa riconosce la gradualità dei percorsi e quindi si impegna a non spegnere la candela tremolante ma cercare di tornare alla brace più calda e rovente. Molti matrimoni falliscono perché poco accompagnati tanto dalla comunità sociale, dallo Stato che nulla fa per la conciliazione vita-lavoro, per la natalità, per contribuire alle famiglie quanto da quella cristiana, delle parrocchie che spesso non sostengono il cammino degli sposi e tanto meno li aiutano quando c’è una difficoltà. Per cui la soluzione è quella di riscoprire la forza dell’amore di Dio, è più importante per noi annunciare con forza e con credibilità che il “per sempre” è alla portata di tutti, piuttosto che fare una battaglia sul mero legalismo.

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