L’ex zoologo Richard Dawkins, noto “cavaliere dell’ateismo” fino a qualche anno fa, ha trovato un interessante escamotage per riabilitare mediaticamente la sua figura. Da anni è, infatti, costantemente al centro di polemiche tanto che sono sempre più numerosi gli appelli del “movimento ateo” che invitano a rinnegarlo pubblicamente. Lo considerano controproducente, un odifreddi italiano per intenderci.
Ecco quindi l’idea di far sua una campagna tanto di moda oggi, sopratutto sui social network. Ha infatti paragonato la lotta contro gli allevamenti intensivi degli animali a quella contro lo schiavismo di due secoli fa. Lui e Sam Harris, infatti, sono stati recentemente autori di un inno alla dieta vegana, condannando l’immoralità dei “carnivori” definendoli cittadini irresponsabili. Avendo fallito nell’intento di convertire il mondo all’ateismo – lo ha ammesso Dawkins stesso – vogliono ora cavalcare la campagna del vegetarianesimo, spronando al riconoscimento dei diritti umani per i non umani. Si tratta in realtà sempre della stessa strategia: per negare Dio, si tenta di confutare l’unicità dell’uomo, della creatura. E’ una forma di laico proselitismo, come abbiamo più volte fatto notare.
La cosa più curiosa, che pochi hanno fatto notare, è che questa improvvisata militanza contro la sofferenza degli animali arriva da colui che è ricordato per aver paragonato le persone di fede religiosa a dei disabili mentali e che, nel 2012, ha pubblicamente invitato a denigrare i cattolici,«bisogna prendersi gioco di loro, ridicolizzarli! In pubblico!». Oggi vegetariano per “senso etico”, un anno fa twittava: «E’ segno di civilizzazioneabortire i feti con Sindrome di Down». Compassione per la sofferenza animale, molto poca per quella dei bambini vittime di abusi sessuali dato che, nel 2013, ha difeso la pedofilia. Nemmeno per le donne, Dawkins, ha mai dimostrato molta pietà: è lui ad aver inneggiato alla moralità del tradimento della propria partner -e delle conseguenti menzogne per coprirlo-, mentre nel 2011 è entrato nella classifica dei peggiori misogini dell’anno per aver intimato ad una donna di non denunciare gli abusi sessuali subiti durante un raduno ateo, per non compromettere la reputazione della comunità.
Ecco perché ora ha bisogno di riabilitarsi pubblicamente abbracciando la filosofia vegana, che va forte nei salotti borghesi occidentali. Certo, non si può non condividere il senso di profonda ingiustizia per la sofferenza gratuita fatta patire agli animali, per gli allevamenti intensivi e per i maltrattamenti che subiscono (la Chiesa è spesso in prima linea da questo punto di vista). Papa Francesco ci ha resi ancora più sensibili all’importanza dell’ecologia verso il mondo naturale, espressione della bontà di Dio. Non condividiamo però la scelta etica di ricorrere al vegetarianismo, sia perché riteniamo giusto che l’uomo disponga del creato (senza sentirsene padrone, però), sia perché non la riteniamo una scelta salutare (sopratutto il veganismo, basta considerare la letteratura scientifica in merito), sia perché la riteniamo una posizione ipocrita. Ci si batte solo per gli animali verso cui possiamo esercitare il nostro antropomorfismo -ovvero cani, gatti, balene, orsi-, escludendo ipocritamente tutto il mondo degli insetti (uccisi a milioni dagli animalisti quando si recano ai loro congressi, con le ruote delle loro auto) e tutti gli animali che meno stimolano la nostra tendenza antropomorfizzante (pipistrelli, blatte, piranha ecc.). Inoltre, chi non mangia animali per “senso etico” non si fa però remore a mangiare piante, ortaggi e verdure, le quali hanno a loro volta una vita di relazione, un’intelligenza e provano sofferenza, come è stato dimostrato.
Non se ne esce, se non accettando quello che ricorda giustamente il teologo non cattolico Vito Mancuso: «gli animalisti, con il loro sostenere un comportamento del tutto privo di violenza verso gli animali e con il loro volere per gli animali gli stessi diritti dell’uomo, mettono in atto un comportamento che li distanzia al massimo dal mondo animale». Nessun animale cesserà mai di mangiare carne per “senso etico” e mai «estenderà alle altre specie i diritti di supremazia che la natura» gli ha concesso su altri animali. «Tutto ciò, esattamente al contrario del naturalismo professato da alcuni animalisti, mostra in modo lampante lo iato esistente tra Homo sapiens e gli altri viventi. Se gli esseri umani lottano per estendere agli animali gli stessi diritti dell’uomo non è quindi perché non c’è differenza tra vita umana e vita animale, ma esattamente al contrario perché tra le due vi è una differenza qualitativamente infinita».
Parole sante, almeno per una volta, quelle di Mancuso. Ancora di più va ricordato ciò che scrive Papa Francesco nella sua enciclica: il rispetto per il creato «non significa equiparare tutti gli esseri viventi e togliere all’essere umano quel valore peculiare che implica allo stesso tempo una tremenda responsabilità. E nemmeno comporta una divinizzazione della terra, che ci priverebbe della chiamata a collaborare con essa e a proteggere la sua fragilità. Si avverte a volte l’ossessione di negare alla persona umana qualsiasi preminenza, e si porta avanti una lotta per le altre specie che non mettiamo in atto per difendere la pari dignità tra gli esseri umani. Certamente ci deve preoccupare che gli altri esseri viventi non siano trattati in modo irresponsabile, ma ci dovrebbero indignare soprattutto le enormi disuguaglianze che esistono tra di noi, perché continuiamo a tollerare che alcuni si considerino più degni di altri. Non ci può essere autentico un sentimento di intima unione con gli altri esseri della natura, se nello stesso tempo nel cuore non c’è tenerezza, compassione e preoccupazione per gli esseri umani. È evidente l’incoerenza di chi lotta contro il traffico di animali a rischio di estinzione, ma rimane del tutto indifferente davanti alla tratta di persone, si disinteressa dei poveri, o è determinato a distruggere un altro essere umano che non gli è gradito. Ciò mette a rischio il senso della lotta per l’ambiente».