Con dati scientifici alla mano vi dimostriamo come molti studi siano limitati e condizionatiCrescere ed educare un figlio in una coppia omosessuale è come crescerlo ed educarlo in una coppia eterosessuale? Ci sono più implicazioni positive o negative? L’argomento è molto controverso e diciamo subito non esistono studi certi che supportano la causa omosessuale.
Tutt’altro. Ma proviamo a fare chiarezza su questo argomento basandoci su una serie di studi scientifici.
IL DOCUMENTO DELL’ACCADEMIA DI PEDIATRIA
In un articolo su Corriere.it (aprile 2013), lo psichiatra Vittorio Lingiardi cita un documento dell’American Academy of Pediatrics del 20 marzo 2013, secondo cui crescere con genitori gay non danneggia la salute psicologica del bambino. Conta l’amore. E allora non parliamo di “etero” e “omo”, ma di “genitori”
Il documento, oltre a ribadire le conclusioni di una ricerca pubblicata nel 2006 («adulti coscienziosi e capaci di fornire cure, siano essi uomini o donne, etero o omosessuali, possono essere ottimi genitori»), afferma che, «nonostante le disparità di trattamento economico e legale e la stigmatizzazione sociale», trent’anni di ricerche documentano che l’essere cresciuti da genitori lesbiche e gay non danneggia la salute psicologica dei figli e che «il benessere dei bambini è influenzato dalla qualità delle relazioni con i genitori, dal senso di sicurezza e competenza di questi e dalla presenza di un sostegno sociale ed economico alle famiglie».
9 RIFERIMENTI PIENI DI CONTRADDIZIONI
Lo psicologo e psicoterapeuta Roberto Marchesini, che ha già spiegato i limiti di questo documenti per Le Manif, Scienza e Vita e Studi Cattolici, chiarisce ad Aleteia: «La “considerevole mole di letteratura professionale” che l’American Academy of Pediatrics fornisce a sostegno della sua posizione si limita purtroppo a soli nove riferimenti».
Il primo è una ricerca empirica nella quale genitori gay e lesbiche raccontano la loro esperienza con il sistema pediatrico.
Il secondo e il terzo sono due amicus brief dell’American Psychological Association (nel linguaggio giudiziario statunitense, si tratta di un saggio sull’argomento del contendere offerto spontaneamente al tribunale da qualcuno che non è parte in causa. In questi casi l’American Psychological Association ha offerto due saggi in sostegno, rispettivamente, di una madre lesbica alla quale era stata negato l’affidamento della figlia e di un padre gay al quale la moglie voleva impedire le visite del figlio alla presenza del compagno)
PALESI ERRORI DI METODO
Il quarto è un articolo nel quale gli autori, dopo aver dichiarato che «sfortunatamente, la ricerca ha tuttora delle limitazioni, tra le quali campioni di piccole dimensioni, selezione di soggetti non casuale, una gamma ristretta di contesti socioeconomici e razziali e la mancanza di follow-up longitudinali», rivendicano l’assenza di differenze tra genitori omosessuali ed eterosessuali.
Il quinto riferimento bibliografico è una rassegna che l’autrice, la dottoressa Fiona Tasker, dedica a due studi britannici. Il primo compara campioni molto piccoli, utilizzando il metodo controverso delle interviste semi-strutturate Secondo la stessa Tasker, «gli esiti delle interviste sono sempre oggetto di critiche di parzialità a causa di effetti di presentazione di sé», e «considerate le piccole dimensioni del campione, differenze relativamente sottili tra i due tipi di famiglia posso essere andate perdute».
Nel secondo studio il campione è più ampio ma costituito su base volontaria e dunque non rappresentativo della popolazione. Se poi aggiungiamo l’utilizzo delle interviste semi-strutturate e la correlazione positiva tra l’autostima dei bambini e la presenza del padre, è piuttosto azzardato credere che «i bambini nati da madri lesbiche non divergono né nello sviluppo psicologico, né nello sviluppo di genere rispetto a bambini cresciuti in famiglie eterosessuali».
CONCLUSIONI VAGHE
Il sesto riferimento è una rassegna delle ricerche della dottoressa Charlotte Patterson curata da lei stessa; inoltre la dottoressa Patterson è nota per essere una attivista lesbica, convivente con la sua compagna con la quale ha allevato tre figli. Delle tre ricerche la prima è senza gruppo di controllo; la seconda attinge il campione dalla Banca dello Sperma in California (la stessa autrice ammette che «le donne che concepiscono bambini alla Banca dello Sperma generalmente hanno sia un alto grado di istruzione che una buona disponibilità di denaro»); la terza si basa su resoconti di 44 madri lesbiche conviventi con un gruppo di controllo costituito da 44 madri conviventi eterosessuali. La conclusione è prudente: «Qualunque correlazione possa esistere tra gli esiti dei bambini e l’orientamento sessuale dei genitori, è meno importante di quella tra i risultati dei bambini e la qualità della vita famigliare».
Il settimo riferimento è un libro nel quale l’autrice intervista genitori omosessuali e figli di genitori omosessuali.
L’ottavo è una rassegna di studi condotta dalla dottoressa Cheryl Parks. Dopo aver analizzato 17 ricerche sulla genitorialità lesbica, conclude che i soggetti di questi studi sono tipicamente «giovani, bianche, di classe sociale medio-alta, di elevata istruzione, residenti in aree urbane e aperte circa la loro sessualità»; in altri termini, i campioni non sono rappresentativi della popolazione.
RISULTATI CONTROVERSI
Il nono ed ultimo riferimento è un Technical Report (TR) firmato dalla dottoressa Ellen Perrin. Queste le contraddittorie conclusioni: «I campioni piccoli e non rappresentativi presi in considerazione e l’età relativamente giovane della maggior parte dei bambini suggeriscono qualche riserva. Tuttavia, il peso delle prove raccolte nel corso di diversi decenni usando diversi campioni e metodologie è convincente nel dimostrare che non vi è alcuna differenza sistematica tra genitori gay e non gay per salute emotiva, capacità genitoriali, e atteggiamenti nei confronti della genitorialità».
La dottoressa Sharon Quick ha criticato il TR sostenendo che le affermazioni contenute nel documento non sono confortate dai riferimenti scientifici forniti. Infine, va segnalata una presa di posizione dell’American College of Pediatricians che critica le affermazioni dell’American Academy of Pediatrics. I membri del consiglio dell’American College of Pediatricians hanno inviato alla redazione di Pediatrics una lettera nella quale contestano le affermazioni a favore dell’omogenitorialità.
LO STUDIO DELL’ASSOCIAZIONE DI PSICOANALISI
Nell’articolo su Corriere.it, Lingiardi cita anche l’American Psychoanalytic Association secondo cui «è nell’interesse del bambino sviluppare un attaccamento verso genitori coinvolti, competenti, capaci di cure e di responsabilità educative. La valutazione di queste qualità genitoriali dovrebbe essere determinata senza pregiudizi rispetto all’orientamento sessuale».
Nel 2005 l’American Psychological Association ha pubblicato un corposo documento intitolato Lesbian & gay parenting, di cui la dottoressa Patterson ha curato una rassegna di studi e afferma: in conclusione, sostiene, non esistono prove che suggeriscano che donne lesbiche e uomini gay siano inadatti come genitori o che lo sviluppo psicologico di bambini di donne lesbiche o uomini gay sia compromesso relativamente in confronto a quello di figli di genitori eterosessuali. Non una sola ricerca ha dimostrato che figli di lesbiche o gay siano svantaggiati in qualsiasi aspetto significativo rispetto a bambini di genitori eterosessuali. In realtà, le prove fino a oggi raccolte suggeriscono che l’ambiente famigliare fornito da genitori gay e lesbiche ha la stessa probabilità di sostenere e consentire lo sviluppo psico-sociale dei bambini rispetto a quello fornito da genitori eterosessuali».
DUBBI LEGITTIMI
«Questa affermazione – ribatte Marchesini – abbastanza lapidaria, desta stupore. I figli di coppie omosessuali, infatti, o sono adottivi o sono figli di un precedente matrimonio; e la ricerca ha rilevato differenze significative tra coppie sposate, coppie conviventi e coppie separate per quanto riguarda il benessere dei bambini. Come è possibile che l’orientamento omosessuale dei genitori adottivi o separati e di madri che hanno concepito tramite tecniche di procreazione medicalmente assistita azzeri tali effetti?».
La rassegna citata da Patterson è scientificamente non credibile, osserva Marchesini, per diverse ragioni. 1) La bibliografia di Patterson include ben 8 tesi di laurea non pubblicate, cioè non verificabili; 2) nessuna delle ricerche citate dall’APA ha un numero di soggetti sufficiente per prenderne in considerazione gli esiti: solo 7 ricerche su 67 hanno un campione superiore ai 100 individui (c’è anche una ricerca che ha solo 5 soggetti); 3) nella maggior parte dei casi lo strumento utilizzato è l’intervista o il questionario aperto somministrato ai genitori; in pochi casi sono stati utilizzati strumenti più oggettivi; 4) la maggior parte degli studi in esame (64 su 67, il 95,5%) non utilizza un campione rappresentativo: quasi tutti hanno un campione di volontari. Solo 2 ricerche hanno un campione rappresentativo.
LE COMPETENZE COGNITIVE
E fuoriesce un risultato paradossale, in particolar modo sulla prima: il dottor Sarantakos, basandosi su un campione rappresentativo, ha analizzato lo sviluppo di 58 bambini cresciuti da coppie omosessuali, 58 bambini cresciuti da coppie eterosessuali non sposate e 58 bambini cresciuti da coppie eterosessuali sposate. Sarantakos ha scoperto che le competenze cognitive, valutate in modo oggettivo dagli insegnanti, decrescono in modo significativo passando dai figli di coppie eterosessuali sposate, a quelli di coppie eterosessuali conviventi a quelli di coppie omosessuali.
«Tuttavia, Patterson – evidenzia Marchesini – ignora completamente questa ricerca, adducendo due sconcertanti motivazioni: 1) i risultati di Sarantakos sono “anomali” rispetto alla totalità delle ricerche accumulate sull’argomento e 2) Children Australia è una rivista regionale che non è molto conosciuta al di fuori dell’Australia”.
Tra le ricerche presentate da Patterson per l’APA, chiosa lo psicologo, «quante rispettano i requisiti minimi per giustificare l’affermazione “non una sola ricerca ha dimostrato che figli di lesbiche o gay siano svantaggiati in qualsiasi aspetto significativo rispetto a bambini di genitori eterosessuali”? In conclusione, il materiale presentato è ben lungi dal sostenere l’affermazione contenuta nel documento APA».
LO STUDIO AUSTRALIANO
Ancora più limitato è uno studio, etichettato da Il Post.it (luglio 2014) come il più grande mai realizzato al mondo sull’argomento – secondo cui i figli e le figlie di genitori dello stesso sesso hanno un maggior stato di salute e benessere rispetto alla media dei loro coetanei. Lo studio è stato condotto a partire dal 2012 da un gruppo di ricercatori dell’università di Melbourne, in Australia, su 315 genitori (80 per cento donne, 18 per cento uomini e 2 per cento di altro genere) e su 500 bambini tra zero e diciassette anni, con l’obiettivo di misurare il loro stato di salute, ossia il loro benessere fisico, mentale e sociale. Lo studio si basa sulla definizione di “salute” data dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, intesa non semplicemente come “assenza di malattia o infermità”.
4 MOTIVI PER INVALIDARNE I RISULTATI
Secondo Marchesini la ricerca australiana – che presentava nell’abstract questa affermazione: “Bambini in famiglie omogenitoriali hanno avuto punteggi più elevati nelle misure di comportamento generale, salute generale e coesione familiare rispetto a normative popolazione dati” – come la stragrande maggioranza delle ricerche condotte in questo campo, anche questa presenta dei difetti tali da invalidarne i risultati:
1) il campione non è casuale, ma “auto-selezionato” tra soggetti militanti;
2) il campione ha genitori con maggiori disponibilità economiche e una istruzione superiore ai genitori del gruppo di controllo;
3) lo studio non confronta bambini cresciuti da coppie omosessuali con bambini cresciuti in famiglie tradizionali (ossia con un gruppo di controllo selezionato con caratteristiche simili al campione), ma con la popolazione generale che contiene bambini allevati in famiglie tradizionali, bambini orfani, adottati, con genitori separati e divorziati;
4) i risultati non sono stati ottenuti tramite strumenti oggettivi, ma tramite valutazioni date dai genitori (che, lo ricordiamo, hanno partecipato a questa ricerca come volontari e appartenenti alla militanza omosessualista).
«Nonostante questo – sentenzia Marchesini – la ricerca ha avuto un importante eco sui media nazionali con titoli enfatici e fasulli. Peraltro questo non è certo “il più grande studio mai realizzato sui figli delle coppie gay”: ad esempio, Regnerus ha 3.000 soggetti, Sullins 512».
LIMITI COMUNI
In effetti ciò che accomuna le ricerche sulla comparazione tra figli di famiglie omogenitoriali e famiglie eterosessuali è un’approssimazione che vuol tenere a giustificare l’equiparazione. Una serie di limiti che vengono ben rilevati in rassegna da Costanza Stagetti, su aquaviva2000.com (2004). E sono: controversie metodologiche come ammette la stessa Patterson; numero insufficiente di campioni; appena la ricerca si fa approfondita, subito risaltano le differenze tra i due tipi di genitorialità; la mancanza di campioni casuali; la mancanza di anonimato dei partecipanti alla ricerca; una falsa rappresentazione di sé (la mancanza di campionamento casuale e l’assenza di controlli che garantiscano l’anonimato fanno sì che i soggetti presentino al ricercatore un’immagine fuorviante che si conforma alle opinioni del soggetto).
MESSAGGI PREOCCUPANTI
Sul fronte opposto sono altrettanto numerosi gli studi che attestano le differenze comportamentali tra figli di famiglie eterosessuali e figli di famiglie omosessuali. R. Green in Archives of Sexual Behavior ha scoperto che i pochi studi sperimentali che includevano un numero di campioni anche solo modestamente più alto (13-30) di maschi e femmine educati da genitori omosessuali …«hanno rilevato differenze di sviluppo statisticamente significative fra bambini allevati da genitori omosessuali in confronto a quelli allevati da genitori eterosessuali Ad esempio, i bambini educati da omosessuali hanno un maggiore incoraggiamento dai genitori nello scambio dei ruoli di genere e una maggiore inclinazione al travestitismo».
LA RICERCA DI REGNERUS
Daniel Potter ha rilevato che i figli cresciuti da coppie omosessuali hanno risultati scolastici peggiori rispetto ai figli di genitori sposati e conviventi, di genitori risposati, divorziati, soli, vedovi o conviventi non sposati. Ma il principale studio sul’argomento è quello del sociologo Mark Regnerus, dell’Università del Texas: una ricerca che ha coinvolto 3.000 giovani dai 18 ai 39 anni. Tra questi, 175 erano figli di donne coinvolte in una relazione omosessuale e 73 figli di uomini nella stessa condizione. Questo campione è stato confrontato con un gruppo di controllo formato da figli di genitori sposati e conviventi, figli adottivi, figli di separati, figli di genitori risposati, figli di genitori soli.
TRE DIFFERENZE TRA GAY E ETERO
Questi gli esiti: «Le differenze, a quanto pare, erano numerose. Per esempio, 1) il 28% dei figli adulti di donne che hanno avuto relazioni omosessuali sono attualmente disoccupati, contro l’8% di quelli provenienti da famiglie con un papà e una manna sposati. 2) Il 40% dei primi ammette di aver avuto una relazione durante il matrimonio o la convivenza, rispetto al 13% dei secondi. 3) Il 19% dei primi hanno dichiarato di essere attualmente o di essere stati recentemente in psicoterapia per problemi connessi con l’ansia, la depressione o problemi relazionali, contro l’8% dei secondi. E queste sono solo tre delle 25 differenze emerse».
“RICERCA UNICA NEL SUO GENERE”
«Si tratta di una ricerca unica – rileva Marchesini – tra quelle sull’argomento, per l’ampiezza del campione e il rigore scientifico; tuttavia, lo studio di Regnerus (così come il suo autore) è stato pesantemente attaccato dagli attivisti omosessualisti. Sostanzialmente, allo studio di Regnerus vengono mosse due critiche. La prima è quella di essere cattolico e di essere stato finanziato da due fondazioni conservatrici; tuttavia, la maggior parte delle ricerche sui figli di persone con tendenze omosessuali (e sull’omosessualità in genere) sono state condotte da ricercatori gay e finanziate da associazioni omosessualiste, ma nessuno se n’è mai lamentato».
LA “SENTENZA” DELL’UNIVERSITA’
La seconda, prosegue lo psicologo, «è quella di aver utilizzato figli di genitori coinvolti in una relazione omosessuale anziché figli cresciuti in coppie omosessuali. Regnerus si è giustificato dicendo che tra i 3.000 ragazzi intervistati pochissimi hanno affermato di essere cresciuti da una coppia omosessuale. Il blogger gay Scott Rose ha addirittura accusato Regnerus di aver falsificato i dati della ricerca, chiedendo all’Università del Texas di istituire una inchiesta; l’ateneo ha risposto in questo modo: «La ricerca è stata gestita in modo coerente con la politica universitaria, ed è anche in linea con i requisiti normativi federali che regolano le indagini sulla cattiva condotta nella ricerca».