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Family Day, chi scende in piazza e chi no tra le associazioni cattoliche?

Manif pour tous Roma

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Aleteia - Lucandrea Massaro - Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 29/01/16
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Mappa minimale sui principali soggetti dell’associazionismo cattolico e la loro posizione circa la piazza di domaniA meno di 24 ore dall’attesa manifestazione di piazza del Family Day che si terrà a Roma sabato 30 gennaio, è bene cercare di fare il punto sulle posizioni in campo e sulle domande che la questione delle unioni civili pone sul tappeto della coesione sociale. Sarà una piazza fortemente antigovernativa, con sfumature tra coloro che sono totalmente contrari alla legge in queste ore approdata al Senato per la discussione, e altri che vedono solo nel nodo adozioni una questione dirimente. Non sarà tuttavia una piazza “politica” come fu invece l’appuntamento del 2007, dove il centrodestra berlusconiano fece la parte del leone, e questa è una novità importante: non sarà una manifestazione strumentalizzabile da nessuno, anche al netto della presenza – non concordata con gli organizzatori – di movimenti politici di destra. La piazza si è autoconvocata, si sarebbe detto un tempo, e quindi è soggetto della propria mobilitazione, non è diretta né dai partiti ma neppure dai vescovi. Una novità.

Sul Corriere della Sera (16 gennaio), il sociologo Mauro Magatti pone alcuni interrogativi in primis agli organizzatori del Family Day, ma in generale all’intera società, italiana e non, sugli esiti ultimi delle scelte che stiamo facendo in questi mesi circa l’assetto della famiglia e dunque della società, domande che sono quelle che la piazza declama “di pancia”, ma che il sociologo cattolico ricostruisce “di testa”, com’è logico:

La prima: si può ragionevolmente liquidare, come sta tentando di fare l’Occidente, la distintività della famiglia eterosessuale? Il rispetto della differenza è altra cosa dal regime dell’equivalenza.

[…]

La seconda: la società contemporanea sta rapidamente attraversando soglie antropologicamente importanti, spinta dalla combinazione tra nuovi orientamenti culturali e innovazioni tecniche. Il diritto interviene sostanzialmente assecondando tale processo. Ma, siamo sicuri di riuscire poi a governare il processo che abbiamo avviato? L’esito finale, per il momento ancora lontano, ma non più inconcepibile, non è forse il superamento della riproduzione sessuale? Possiamo accettare di andare in quella direzione?

Ciò pone la questione del limite: dove metterlo è tema di discussione. E non è cosa facile. Ma non si può tacciare chi ne ricorda la necessità di essere illiberale. Come riusciremo a porne uno, se è il limite in quanto tale che fa problema? Non è che la società liberale si trova dentro un circolo vizioso per cui il possibile diventa di per sé legittimo, anzi doveroso, a prescindere da qualsiasi altra considerazione? E ha una qualche importanza chiedersi se non ci siano interessi (economici e in un futuro non lontano anche politici) che spingono in questa direzione?

E ora la domanda essenziale, chi ci sarà e chi no? Una nostra breve sintesi.

LE RAGIONI DEL “SI”

Carlo Costalli, “Movimento Cristiano Lavoratori”: impegnarsi ad aiutare le famiglie italiane

«Non mi pare che lo smantellamento del modello di famiglia, peraltro voluto e sancito dalla nostra Costituzione, rientri fra le tante vere emergenze che il Paese deve affrontare: piuttosto sarebbe bene che il Governo si occupasse finalmente in modo costruttivo delle migliaia di famiglie italiane che vivono momenti drammatici, abbandonate a se stesse e alle proprie difficoltà, anche economiche, per l’assenza di politiche di sostegno e di agevolazione fiscale, per la disoccupazione, per la crisi che morde alle caviglie, per l’inadeguatezza delle politiche scolastiche e sanitarie» (formiche.net, 26 gennaio)

Gigi De Palo, “Forum delle Famiglie”: pensare ad una vera tutela dei bambini

«Sarò lì perché sono profondamente convinto che c’è ancora spazio per bloccare il ddl. O almeno per evitare di inserire il capitolo adozioni. Ripeto: ponti, non muri. La sfida comune è mettere i bambini davanti a tutto. È fare una legge che li protegga. È reclamare attenzione sulla famiglia e per la famiglia. Lì, al Circo Massimo, ci sarà anche un pezzo del nostro futuro. Lì, padri, madri, figli avranno la possibilità di sorprendere e di emozionare. Ma solo se saranno capaci di far prevalere la voglia di costruire, di cambiare, di ripartire, di ridare speranza e forza a questo Paese ancora così malandato. Se non sarà così avremo perso un’altra occasione» (Avvenire, 28 gennaio).

Filippo Savarese, “La Manif Pour Tous Italia”: dire “no” all’utero in affitto

«Dopo l’approvazione delle unioni civili anche le coppie gay saranno considerate famiglia, in senso legale, e riceveranno i benefit economici destinati a mamme e papà per il fatto che generano figli. Vi sembra giusto? Per non parlare del fatto che la stepchild-adoption legalizza e di fatto incentiva la pratica dell’utero in affitto, un crimine contro l’umanità. Il ddl Cirinnà va ritirato immediatamente e per sempre» (Intteligonews.it., 23 gennaio)

 

Massimo Gandolfini, “Comitato promotore Family Day”: non fare una legge “perché lo chiede l’Europa”

«Questo mantra “Ce lo chiede l’Europa” deve essere immediatamente cassato, per una serie di ragioni. La prima, la più semplice di tutte, è che non è detto che tutto ciò che fa l’Europa sia automaticamente buono. Se andiamo a pensare alla posizione che molti Stati europei hanno sul gravissimo problema dei migranti, ci manca solo di allinearci da questo punto di vista. Per cui, l’Europa fa cose buone ma anche non buone, e spetta a ogni popolo, al popolo italiano, discriminare fra queste. Questo della frattura è un altro tema molto importante ed è quello che ci ha spinto ad organizzare una grande piazza e manifestazione, perché il popolo italiano manifesti il suo comune sentire» (Radio Vaticana, 20 gennaio).

Gianfranco Amato, “Giuristi per la Vita”: lanciare un segnale a tutto il mondo

«Direi che è addirittura una piazza del mondo. Sono tantissime le sollecitazioni che io stesso ricevo dagli Stati Uniti all’Australia. Ci dicono che noi siamo l’ultima spiaggia, se cade l’Italia non è l’ennesimo Paese che si aggiunge alla lista. L’Italia, non ce lo nascondiamo, rappresenta la Chiesa cattolica, ha un valore simbolico enorme. Infatti ci saranno anche degli interventi di spessore internazionale in piazza, è evidente che la risonanza va oltre i confini nazionali e continentali. In questo momento tutto il mondo ci guarda, i riflettori sono puntati su questa piazza» (Intelligonews.it, 27 gennaio).

LE RAGIONI DEL “NO”

Le associazioni del laicato cattolico che hanno optato per una non partecipazione ufficiale sono accomunate dalle perplessità circa la stepchild adoption e i molti richiami al matrimonio nel Ddl Cirinnà, ma sono – con accenti diversi – convinte della necessità di un riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali, senza per questo l’assimilazione alla famiglia tradizionale. Massima libertà ai singoli di partecipare.

Santino Scirè, responsabile Famiglia e vicepresidente delle Acli nazionali

«Sul tema della famiglia, fatta di mariti e di mogli, di papà, di mamme e di figli, le Acli non sono mai state in difesa, piuttosto sono da sempre impegnate con servizi, attività, iniziative, progetti per promuoverne il protagonismo. Il clima da tifoseria che si è creato in questi giorni a ridosso del Family Day non fa certo bene alle vere priorità della famiglia, che conosciamo non solo attraverso i nostri iscritti e il costante lavoro sul territorio, ma anche attraverso le migliaia di persone che si rivolgono ogni giorno al nostri servizi di Caf e Patronato diffusi su tutto il territorio della penisola.

Le Acli – afferma Scirè – non condividono la strumentalizzazione delle piazze e, rispetto al processo legislativo in atto, hanno a cuore la tutela dei soggetti più deboli.
Per questo le Acli ritengono che l’ipotesi della stepchild adoption possa essere rischiosa perché può aprire la strada alla aberrante pratica dell’utero in affitto. Tuttavia affermano l’importanza di riconoscere le unioni civili, anche omosessuali, sottolineando la necessità che vengano tutelati i diritti individuali fuori da ogni possibile equiparazione al matrimoni» (Acli.it, 27 gennaio).

Don Julian Carròn, Presidente di Comunione e Liberazione

Quella di CL è una posizione articolata: premettendo che “questo disegno di legge (ddl Cirinnà, ndr) ha molti aspetti critici”, Carròn ha però invitato i fedeli a chiedersi “da dove nasca questo disegno di legge” fornendo poi una risposta: “Dalla volontà di rispondere a un bisogno che esprimono alcune persone, un desiderio umano che possiamo sorprendere nei più svariati tentativi per raggiungere quella pienezza che nessun essere umano non può non considerare e che si nasconde a volte sotto vesti contraddittorie”. “Noi abbiamo qualcosa da dire a queste persone?”, ha chiesto don Carròn riferendosi a chi rivendica “nuovi diritti”. E in merito al Family Day ha aggiunto: “Spero che questi suggerimenti ci consentano di giudicare anche l’utilità della manifestazione del prossimo 30 gennaio. Poiché si tratta di un evento promosso dai laici, e dal momento che anche questa volta la Chiesa italiana non ha dato alcuna indicazione vincolante rispettando la libertà dei laici ciascuno decida da laico che cosa fare, verificando nella propria esperienza la ragione ultima di questa sua decisione”. In scienza e coscienza. (Scuola di Comunità di CL, 20 gennaio).

Il Movimento dei Focolari, presieduto da Maria Voce

Pur riconoscendo le criticità della stepchild adoption nella tutela dei minori e l’evocazione di una sovrapposizione – errata – tra unioni civili e matrimonio, il movimento spiega che “I Focolari in Italia non sono fra i promotori del prossimo Family Day: ritengono che su questo tema e in questo preciso momento storico, pur riaffermando il diritto di ogni persona e formazione sociale alla libera espressione delle proprie idee, sia più efficace e generatore di legame sociale testimoniare ovunque la famiglia come esperienza originaria di ogni uomo e ogni donna. Essa non può essere ‘contro’ qualcosa o qualcuno, ma è di per sé la condizione per cui tutte le persone e formazioni sociali possono avere la garanzia di trovare riconoscimento e rispetto. I singoli aderenti ai Focolari agiranno secondo le personali convinzioni e coinvolgendosi come meglio riterranno per promuovere i valori condivisi anche da tutti gli altri”. Importante segnalare che i Focolari non sono pregiudizialmente contrari ad un riconoscimento giuridico delle coppie dello stesso sesso (Faro di Roma, 22 gennaio).

Gli scout dell’Agesci

La posizione dell’Associazione è quella di lasciare ai singoli aderenti la scelta se andare o meno in piazza, scoraggiandoli dall’uso dell’uniforme: «Aderire a manifestazioni di piazza su opzioni legislative in discussione non attiene al nostro specifico educativo, poiché il discernimento necessario per prendervi parte appartiene alla libera ed autonoma determinazione dei singoli associati adulti che, in quanto maturi e formati, se lo vorranno, potranno partecipare a titolo personale alla manifestazione di sabato prossimo.

Peraltro, anche altre associazioni cattoliche nazionali, per gli stessi motivi, hanno maturato identico atteggiamento nei confronti di tale manifestazione.

Ogni manifestazione di pensiero da parte di soci AGESCI, a proposito di tale delicato tema al centro dell’attenzione mediatica, in vista delle votazioni sul provvedimento legislativo a firma della senatrice Cirinnà, in nessun modo impegnano l’Associazione, in quanto esprimono unicamente un parere personale, del quale ciascuno si assume la propria responsabilità. L’utilizzo strumentale e inappropriato dell’uniforme AGESCI non appartiene, peraltro, allo stile ed alla tradizione della nostra Associazione» (Agesci, 27 gennaio).

Azione Cattolica

«Una legge per regolare le convivenze omosessuali e garantire a esse un riconoscimento da parte dello Stato va fatta. L’ha detto la Corte Costituzionale, ma lo dice soprattutto la necessità di dare una risposta a chi attende da tempo che lo Stato regolamenti in modo specifico diritti e doveri connessi a questo tipo di relazione affettiva, evitando di lasciare campo libero a decisioni creative del potere giudiziario, con il rischio di forzare sempre più spesso, e a volte in maniera disinvolta, i confini di una sana divisione dei poteri.

Tuttavia la legge, così com’è stata proposta in Parlamento, non ci piace. Non la condividiamo. Innanzitutto perché è piena di rimandi al diritto matrimoniale: in questo modo, le unioni civili finiscono per essere assimilate nei fatti al matrimonio, malgrado a parole il Disegno di legge dica una cosa diversa quando afferma che si tratta di “una specifica formazione sociale”. Un’ambiguità che nasce, evidentemente, dalla necessità di raggiungere un compromesso tra idee, culture, sensibilità e interessi differenti. Cosa che in democrazia può rivelarsi necessaria, lo sappiamo. Ma siamo anche convinti che non si dovrebbero fare leggi poco chiare, soprattutto su temi così importanti e delicati: si dovrebbe, al contrario, fare di tutto per non generare equivoci, avendo il coraggio e la saggezza di cercare un possibile punto alto di sintesi tra le diverse spinte e aspettative, più che un loro semplice giustapporsi. Questa è una legge che meriterebbe di essere fatta oggetto di uno sforzo maggiore di ponderatezza, precisione ed equilibrio. Auspichiamo davvero con forza che il Parlamento si dia il tempo e le modalità necessarie per farlo, con il necessario sforzo di ascolto delle istanze del Paese.

C’è un’altra importante ragione per cui questa legge non ci piace, ed è ben nota: l’idea di introdurre la stepchild adoption. Perché siamo convinti che anche questa legge, come ogni legge, deve proteggere innanzitutto i soggetti più deboli, più indifesi, più esposti ai rischi che possono nascere dall’intervenire su una materia così delicata. E questi soggetti sono i figli, i piccoli. Invece, ci sembra che la proposta avanzata sia pensata innanzitutto non per garantire i diritti dei figli, quanto piuttosto per permettere di soddisfare l’aspirazione di genitorialità degli adulti, trasformando così un desiderio in un diritto. Ma questo è un campo in cui non ci può essere spazio per interessi di parte», l’Associazione auspica e invita i membri del Parlamento a votare non secondo l’ideologia di partito o le convenienze, ma secondo coscienza. (Azione Cattolica, 18 gennaio)

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