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L’inferno è vuoto? Von Balthasar non lo ha mai detto

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Unione Cristiani Cattolici Razionali - pubblicato il 25/01/16
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«All’Inferno non ti mandano: ci vai tu, perché tu scegli di essere lì. L’Inferno è volere allontanarsi da Dio perché io non voglio l’amore di Dio. Questo è l’Inferno. Va all’Inferno soltanto colui che dice a Dio: “Non ho bisogno di Te, mi arrangio da solo”, come ha fatto il diavolo che è l’unico che noi siamo sicuri che sia all’Inferno». In queste poche e semplici parole di Papa Francesco è racchiusa tutta la dottrina cattolica sull’Inferno.

Innanzitutto, non c’è alcuna contraddizione tra l’infinita misericordia di Dio e l’esistenza dell’inferno: quando l’uomo sceglie egoisticamente di elevarsi sopra Dio, di preferirsi a Dio, di essere dio di se stesso, semplicemente viene rispettato dal Creatore, che ratifica la libera volontà dell’uomo e, accogliendo la sua volontà, lo tiene lontano da Sé. L’inferno è opera dell’uomo, non di Dio, ne abbiamo parlato approfonditamente nell’aprile scorso. In secondo luogo, il dogma cristiano ci impegna a credere che l’inferno è lo stato eterno (non un luogo, uno stato) di chi lascia questa vita in peccato mortale, ma non ci impegna a credere che qualcuno sia morto o muoia, in peccato mortale. «La dannazione», ha spiegato Giovanni Paolo II, «rimane una reale possibilità, ma non ci è dato conoscere, senza speciale rivelazione divina, se e quali esseri umani vi siano effettivamente coinvolti».

Da qui a sostenere, però, che l’inferno esiste ma è vuoto bisogna fare un salto enorme, ingiustificato e sbagliato. Chi lo afferma spesso fa risalire questa convinzione al celebre teologo Hans Urs von Balthasar, ma egli non volle mai dire una cosa del genere come ha spiegato recentemente anche il teologo padre Angelo Bellon. Lui stesso chiarì: «Sono state ripetutamente travisate le mie parole nel senso che, chi spera la salvezza per tutti i suoi fratelli e tutte le sue sorelle, “spera l’inferno vuoto” (che razza di espressione!). Oppure nel senso che chi manifesta una simile speranza, insegna la “redenzione di tutti” (apokatastasis) condannata dalla Chiesa, cosa che io ho espressamente respinto: noi stiamo pienamente sotto il giudizio e non abbiamo alcun diritto e alcuna possibilità di conoscere in anticipo la sentenza del giudice» (H.U. Von Balthasar, “Sperare per tutti. Breve discorso sull’inferno”, Jaca Book 1997, p.123).

Ne ha parlato in modo approfondito nel 2008 padre Giandomenico Mucci, gesuita e redattore de La Civiltà Cattolica, concludendo: «Basti questo testo a quanti ripetono per abitudine la formuletta dell’”inferno vuoto” della quale sono responsabili le fin troppo grossolane deformazioni sui giornali».

Il peccato esiste, l’uomo ne è tentato in quanto indebolito dal peccato originale che si porta dentro: vuole il bene, ma sceglie il male. La misericordia di Dio è infinita e perdona tutto ma, a patto che, si percepisca il nostro essere peccatori. Per questo, si dice, Dio ama e salva gli umili. Invece, ci ha spiegato Francesco, «il corrotto non conosce l’umiltà, non si ritiene bisognoso di aiuto, maschera il suo vizio con la buona educazione, facendo sempre in modo di salvare le apparenze». . Parole simili a quelle di Benedetto XVI: «Dio non costringe nessuno alla salvezza. Dio accetta la libertà dell’uomo. Non è un incantatore, che, alla fine, sistema tutto e realizza il suo “happy end”. E’ un vero padre; un creatore che afferma la libertà, anche quando essa lo rifiuta. Per questo la volontà salvifica di Dio non implica che tutti gli uomini giungano necessariamente alla salvezza. C’è la potenza del rifiuto. Dio ci ama. Dobbiamo solo essere tanto umili da lasciarci amare. Ma dobbiamo continuare a chiederci se non abbiamo la presunzione che vuole fare da sé; se non priviamo l’uomo creatura e il Dio creatore della loro grandezza e dignità, togliendo alla vita dell’uomo la sua serietà e riducendo Dio a un incantatore o a una sorta di nonno, rispetto al quale tutto è indifferente. Anzi, è proprio l’incondizionata grandezza dell’amore di Dio a non escludere la libertà del rifiuto e, quindi, la possibilità della dannazione» (J. Ratzinger, “Il Dio vicino”, San Paolo 2008).

QUI L’ARTICOLO ORIGINALE

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