I vescovi duri sul ddl Cirinnà. E “freddi” sulla piazza: no a vescovi-piloti. Sondaggi: gli italiani dicono “no” alle adozioniFamily gay o Family day? Piazza sì o piazza no? Il 26 gennaio il ddl Cirinnà approda in Aula al Senato. E i cattolici italiani sono alla ricerca di una posizione efficace. Certo, i capisaldi sono unanimemente condivisi e proclamati: no a commistioni con il “diritto matrimoniale”, no a stepchild adoption e tantomeno alla pratica dell’utero in affitto, apertura alla tutela dei diritti individuali, sì a investimenti veri per la famiglia. “Nessun’altra istituzione deve assolutamente oscurare la realtà della famiglia con delle situazioni similari” ha detto il cardinale Angelo Bagnasco. Nell’intervista rilasciata da monsignor Nunzio Galantino al Corriere, i toni sono simili. E nel merito del disegno di legge anche più duri, con una chiara presa di distanze dal ddl Cirinnà e dal “velo di ipocrisia che avvolge il testo”. Eppure ancora una volta si agita lo spettro del pluralismo sul piano del metodo. E ricomincia il balletto – 20 giugno, remember? – tra chi vuole scendere in piazza (il 30 gennaio?!?) e chi propende per la “soluzione testimonianza”, se così si può dire.
I vescovi mantengono una distanza di sicurezza, in attesa del Consiglio permanente del 25 gennaio. Monsignor Galantino non nasconde che “tra i cattolici ci sono posizioni diverse, ma nessuno di noi auspica una legge che (…) rischia di stravolgere la realtà”. E dismessa la linea dura di epoca ruiniana, la palla torna in campo laico: “Mi auguro che ci siano parlamentari e pezzi di società che per convinzione personale sappiano prendere iniziative efficaci” e “non lasceremo soli quanti nelle sedi opportune e nel rispetto delle proprie competenze vorranno dare un loro contributo costruttivo”. Quanto alle modalità concrete “vale quello che ha detto Papa Francesco: cristiani consapevoli non hanno bisogno di vescovi-piloti”. In caso di Family Day, quindi, nessuno si aspetti che la Cei metta il “cappello”. I vescovi che potranno partecipare liberamente, “ma senza pretendere che vi partecipino tutti gli altri vescovi”.
Posizioni analoghe, nel merito, sono state espresse da tutti i vescovi intervenuti nei giorni scorsi nelle pubbliche “piazze” dei giornali, da tutte le latitudini della Penisola. In una intervista al mensile cattolico tracce, don Paolo Gentili, direttore dell’ufficio per la famiglia della Cei, parla di rischio “liquidità” del vincolo matrimoniale, sottolineando i punti cruciali del provvedimento all’esame del Parlamento. E parla del dialogo come di una scelta non facile. “Si tratta di capire quale sia l’oggetto da ottenere, e quindi interrogarsi sul metodo. Oggi l’impressione è che, più che dallo scendere in piazza, l’obiettivo di distinguere unioni civili e matrimonio venga costruito in modo più efficace attraverso un dialogo faticoso e per tappe”. O come dice Papa Francesco “guardare meno agli eventi e più ai processi”.
Intanto, due recenti sondaggi, indicano il “sentiment” degli italiani – credenti e non -, sul tema. E stando ai numeri, pare che gli italiani, di unioni civili non sentano tanto il bisogno. Ma soprattutto dicono “no” all’adozione. Il sito dell’Unione cristiani cattolici razionali, riporta diversi sondaggi, tutti concordi: per Ipr Marketing il 46% è favorevole alle unioni omosessuali, ma i favorevoli alle adozioni si riducono al 15%. Conferma che arriva dall’istituto Piepoli: alle adozioni Lgbt è contrario il 73% dei cittadini. L’istituto Ipsos ha rilevato la contrarietà del 55% degli italiani al ddl Cirinnà (soprattutto alla stepchild adoption), mentre l’istituto Ferrari Nasi & Associati ha sottolineato che solo il 29% è favorevole alle unioni come simil-matrimonio e all’ipotesi di adozione, mentre il 51% è favorevole al riconoscimento delle unioni civili come istituto a sé. Un sondaggio più datato (19 ottobre 2015) di Ipsos – che già allora rilevava percentuali simili a quelle di oggi -, metteva in luce anche la differenza di opinione tra cattolici praticanti e non praticanti. In particolare, la percentuale di favorevoli ai matrimoni omosessuali (37%) diventa il 51% solo tra i cattolici non praticanti, mentre scende al 25% e al 35% tra i fedeli assidui e quelli saltuari.