A due passi dai locali della movida, la Basilica di Sant’Eustorgio apre le porte (e le braccia) ai giovani “assetati” di vita: “Gesù vi aspetta”Il crocifisso si staglia su uno sfondo di luce rossa, il silenzio è intervallato dall’arpeggio della chitarra acustica (amplificata) e dal canto. È sabato sera a Milano. I navigli cominciano ad affollarsi di giovani quando la chiesa di Sant’Eustorgio apre le sue porte. C’è chi entra per curiosità, chi perché passa e vede una chiesa aperta a mezzanotte e più, chi è stato invitato da altri ragazzi per strada o nei locali vicini. Questa iniziativa, “Luce nella notte” è nata oltre dieci anni fa in questa parrocchia dall’esperienza delle “Sentinelle del Mattino” e da quest’anno viene offerta a tutta la diocesi. Una volta al mese, gli “evangelizzatori” partono da qui per incontrare giovani come loro e fargli sapere che “Gesù li aspetta”. La chiesa è avvolta nella penombra, a chi entra viene offerto un lume e un foglietto su cui scrivere una preghiera. L’occhio va subito al centro: l’altare rivestito con un panno bianco e l’Ostia, unica presenza sulla “scena”. È qui che a turno si può sostare in preghiera. I ragazzi, volontari e animatori, i sacerdoti, sono presenze discrete e silenziose, sono lì per l’adorazione. Momenti di silenzio, canti, la possibilità di confessarsi, o semplicemente di scambiare due parole con un sacerdote, magari alla fine di una serata un po’ sopra le righe.
Padre Francesco Ghidini, degli Oblati missionari di Rho, è da quest’anno il responsabile diocesano dell’iniziativa. “Era l’ultima persona che incontravo, un ragazzo visibilmente provato da una serata di sballo, ma che aveva una domanda: di fronte a tutto quello che ho vissuto sento che mi manca qualcosa, non sono pienamente contento. Aveva bisogno di parlare di queste cose, di qualcuno che ascoltasse questo desiderio. Sicuramente potrà dire: almeno c’è uno che mi ha ascoltato e mi ha voluto bene questa sera”. È solo un esempio di quel che succede a chi entra. E anche a chi offre il suo tempo come evangelizzatore. Lukas è impegnato dall’inizio come animatore: suona, canta. E con padre Francesco è il punto di riferimento dell’iniziativa. “Tante volte vengono da me e mi dicono: questa sera non volevo venire, avevo paura di fare il servizio a cui sono stato chiamato, di uscire in strada, di incontrare gente, ma ho accettato di mettermi in gioco e ho visto che era la cosa più giusta che potevo fare. Ho incontrato persone che mi hanno raccontato la loro vita e mentre parlavano tiravano fuori la mia, e la cosa bella che potevo dargli era né più né meno che la mia testimonianza. Ho visto che posso parlare di Gesù e che ‘funziona’ anche se sono venuto con mille problemi e mi sentivo inadeguato. Questo è il dono più grande per cui vale la pena fare serate così”.
I giovani hanno un loro cammino di formazione, che impegna il pomeriggio del sabato, prima della veglia di preghiera. C’è un momento di catechesi sul Vangelo, un momento di preghiera, la preparazione della chiesa, e un momento di convivialità a cena. Poi le porte si aprono, con il mandato a essere evangelizzatori e missionari. C’è chi esce in strada a invitare i propri coetanei, chi fa accoglienza all’ingresso della chiesa e accompagna chi arriva fino a Gesù Eucaristia. È un vero e proprio percorso: a chi entra viene dato un lume e un foglietto su cui scrivere una preghiera. Ognuno viene accompagnato tra i banchi, per aiutarlo a fissare lo sguardo su Gesù e sperimentare questo amore attraverso l’accoglienza. A turno è possibile fare qualche minuto di adorazione ai piedi dell’altare. Qui vengono depositati i lumini e anche le preghiere in un cestino. Da un altro cestino si riceve una piccola pergamena colorata su cui è scritta una frase del Vangelo, un suggerimento, quasi in “risposta” alla domanda che ciascuno pone ai piedi di Gesù.
“Aprire le porte”, sottolinea padre Francesco, vuol dire “una chiesa in uscita, capace evangelizzare”. Ma aprire le porte “è anche accogliere tutti coloro che si affacciano e desiderano incontrare qualcosa di vero, un senso che magari hanno smarrito nelle vicende dolorose della vita”. Lukas ricorda che all’inizio tra i giovani della parrocchia ci si chiedeva “come portare quel Gesù che abbiamo incontrato nelle nostre vite anche ai giovani che sono fuori da questa chiesa”, e dieci anni fa il piazzale era un punto di spaccio e di ritrovo per drogati… da allora molto è cambiato non solo all’esterno della chiesa ma anche nella vita di questi giovani evangelizzatori: “Non è una cosa nostra. È cosa di Gesù, dalla prima serata a oggi. Fare l’errore di dire “è mia, la faccio come dico io” non porta da nessuna parte. Ci sono stati momenti difficili e cose belle, ma tutto è sempre andato avanti perché c’è un unico capo, che è Chi ha già visto tutto, Chi ha scelto tutto e sa già chi incontrerà, quali giovani chiamerà. Noi siamo solo servitori in una vigna che non è nostra. Finché si rimane in questa umiltà, vediamo crescere questa esperienza in modo eccezionale”.