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5 lezioni inaspettate sul pensiero

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David Mills - pubblicato il 07/01/16
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Verità istintivamente brillanti da un domenicano di cui probabilmente non avete mai sentito parlare È uno di quei libri che creano un’amicizia immediata quando due persone scoprono che l’altra lo ha letto. Può cambiare la vita. Ha il titolo intimidatorio The Intellectual Life: Its Spirit, Conditions, Methods (La vita intellettuale: spirito, condizioni, metodi), ma il suo approccio si applica non solo agli studiosi, ma a tutti coloro che hanno una chiamata creativa: scrittori e artisti, ovviamente, ma anche falegnami e vasai e altri artigiani, e forse anche avvocati e medici. E – vorrei sottolinearlo perché amo questo libro e vorrei che lo leggessero più persone – a chiunque voglia sapere di più della propria fede.

L’autore, A. G. Sertillanges, era un teologo domenicano, e oggi (è morto nel 1948) è noto più che altro solo agli altri domenicani. È una di quelle grandi figure il cui duro lavoro continua a portare frutto, ma la maggior parte di noi se ne avvale solo di seconda o terza mano, il che, avrebbe detto lui, va benissimo: serviamo Dio svolgendo l’opera che ci ha dato, e ciò che ne fa dopo che ce ne siamo andati è affar suo. Il libro è disponibile con la prefazione di padre James V. Schall, S.J.

The Intellectual Life è un testo molto ricco e richiede grande attenzione. Ne offrirò solo qualche citazione, scelta quasi in modo randomico, nel modo in cui indichereste i vostri quadri preferiti quando avete solo 10 minuti per scorrazzare per un museo con un amico di un’altra città. Le citazioni sono confezionate come cinque lezioni che Sertillanges avrebbe potuto dare scrivendo un moderno articolo sul web. Probabilmente non lo avrebbe fatto, ma non è questo il punto.

Primo, accetta i tuoi limiti. “Chiunque nella vita ha il proprio lavoro; ci si deve applicare con coraggio e lasciare agli altri ciò che la Provvidenza ha riservato loro”, spiega.

È doloroso dire a se stessi “Scegliendo una via sto voltando le spalle a un migliaio di altre”. Tutto è interessante; tutto potrebbe essere utile; tutto attira e affascina una mente nobile; ma la morte è davanti a noi; la mente e la materia avanzano le proprie richieste; volenti o nolenti, dobbiamo sottometterci e accontentarci delle cose che il tempo e la saggezza ci negano, con uno sguardo di simpatia che è un altro atto di omaggio alla verità.

Secondo, ricordate che siete solo una parte di un gruppo ben più ampio. È questo che vi fa voltare le spalle più facilmente a tutte le altre questioni interessanti. “Accettare i nostri limiti è parte della virtù, e ci dà grande dignità, quella dell’uomo che vive in base alla propria legge e fa la sua parte”, scrive Sertillanges.

Siamo parte di un tutto, e abbiamo l’onore di essere una parte. Quello che non facciamo, lo facciamo lo stesso; lo fa Dio, lo fanno i nostri fratelli, e noi siamo con loro nell’unità dell’amore.

E poi viene un paragrafo che mi piace moltissimo:

L’uomo mezzo informato non è quello che sa solo la metà delle cose, ma quello che conosce le cose solo a metà. Sappiate ciò che avete deciso di sapere; date solo un’occhiata al resto. Lasciate a Dio, che se ne occuperà, quello che non appartiene alla vostra vocazione. Non siate un disertore da voi stessi, volendovi sostituire a tutti gli altri.

Terzo, dovete lavorarci. Sertillanges cita il detto “Il genio è una lunga pazienza”, una versione del detto americano “Il genio è all’1% ispirazione e al 99% traspirazione”, e poi spiega:

ma dev’essere una pazienza organizzata e intelligente… è come con un operaio coscienzioso, attento e costante nel suo lavoro: arriva da qualche parte, mentre un genio con inventiva è spesso solo un fallimento amareggiato.

Poco prima nel libro, usando un’immagine diversa, dice: “Gli atleti della mente, come quelli sul campo di gioco, devono essere preparati a privazioni, lunghi allenamenti, tenacia a volte sovrumana. Dobbiamo donarci con il cuore se vogliamo che la verità venga a noi. La verità serve solo i suoi schiavi”.

Quarto, guardate, ascoltate, siate aperti. Abbiate “la curiosità dell’infanzia”, dice Sertillanges. “Trattenete la sua vivacità di impressione, la sua tendenza a vedere tutto sotto un aspetto di mistero, la sua felice facoltà di trovare ovunque una meraviglia piena di conseguenza”. L’autore ci dice di “imparare a guardare”, ma anche di “imparare ad ascoltare”, e di ascoltare chiunque:

Una moltitudine di verità deriva dalle conversazioni più semplici. L’ultima parola ascoltata con attenzione può essere un oracolo. Un contadino in certi momenti è molto più saggio di un filosofo… Tutto l’uomo è in ogni uomo, e ne possiamo trarre un’iniziazione profonda.

Quinto, dovete pregare e adorare per pensare bene. “Lo studio deve in primo luogo lasciare spazio all’adorazione, alla preghiera, alla meditazione diretta sulle cose di Dio”, afferma Sertillanges. Lo studio è in sé “un officio divino indiretto”, nota, ma “deve lasciare spazio al momento opportuno a uno scambio diretto con lui. Supporre che [abbandonare preghiera e adorazione] promuoverà il nostro progresso e arricchirà la nostra produzione è dire che il ruscello scorrerà meglio se la sua fonte viene seccata”.

Una corsa nel museo, come ho detto, ma spero che sia una corsa illuminante. Ecco un’altra riga mentre arriviamo all’uscita: “La scoperta è il risultato della simpatia, e la simpatia è il dono di sé”.

 

David Mills, ex direttore esecutivo di First Things, è senior editor di The Stream, direttore editoriale di Ethika Politika e scrive per numerose pubblicazioni cattoliche. Il suo ultimo libro è Discovering Mary. Si può seguire su @DavidMillsWrtng.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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