In Belgio una casa di cura cattolica rifiuta che la “dolce morte” sia praticata ad una paziente terminale
Nuove polemiche in Belgio sull’eutanasia. Già nel luglio scorso aveva attirato l’attenzione mediatica la vicenda di una 24enne, colpita da depressione, che aveva chiesto ed ottenuto che i medici le dessero la “dolce morte”.
Stavolta al centro del dibattito è finita una casa di cura cattolica di Diest, cittadina delle Fiandre, i cui rappresentanti dovranno comparire in Tribunale per aver rifiutato l’accesso di un medico nella struttura che avrebbe dovuto praticare l’eutanasia nei confronti di una paziente che ne aveva fatto richiesta (Zenit, 5 gennaio).
IL RIFIUTO DELLA CASA DI CURA
Una donna di 74 anni, malata terminale di cancro metastatico alla casa di cura Sint-Augustinus, aveva fatto la sua richiesta di eutanasia nel 2011 ed era in attesa dopo un lungo processo di sei mesi. La casa di cura ha rifiutato però di ospitare il medico che doveva compiere l’atto all’interno delle sue mura. La paziente ha dovuto pertanto essere trasferita nella propria abitazione per vedere eseguita la sua volontà.
LA FAMIGLIA: ANDIAMO IN TRIBUNALE
I familiari della 74enne hanno allora attaccato la casa Sint-Augustinus, colpevole secondo loro di aver aggravato ulteriormente la sofferenza psichica e fisica della paziente negandole di poter essere sottoposta ad eutanasia all’interno della struttura. La questione dovrà ora essere giudicata dal Tribunale civile di Leuven. Secondo gli avvocati della famiglia della donna, il diritto all’obiezione di coscienza è proprio dei medici ma non delle case di cura.
IL CHIARIMENTO DELVESCOVO
In un’intervista al quotidiano in lingua fiamminga Het Belang van Limburg (31 dicembre 2015), l’arcivescovo aveva affermato che gli ospedali cattolici hanno il diritto di rifiutare di praticare l’aborto e l’eutanasia. «Posso comprendere – spiegava monsignor De Kesel sulle pagine del giornale – che chi ha uno stile di vita laico, non prova alcun problema al riguardo. Ma dal punto di vista della mia fede, non è così evidente e direi ancora di più: ritengo che a livello istituzionale, abbiamo il diritto di decidere di non praticare eutanasia e aborto. Penso in modo particolare agli ospedali cattolici».
COMMISSIONE CONTRO CHIESA
Nelle Fiandre, la dichiarazione dell’arcivescovo De Kesel ha suscitato una vivace discussione. Il presidente della Commissione “eutanasia”, il dottore Wim Distelmans trova «strano» che «monsignor De Kesel ritenga che gli ospedali hanno il diritto di adottare comportamenti a seconda del proprio punto di vista morale, quando sono delle istituzioni pubbliche» .
“PROCESSO ALLE INTENZIONI”
«Una tempesta in un bicchiere d’acqua». Così l’agenzia della Conferenza episcopale belga, info.catho.be definisce il «processo alle intenzioni» che alcuni media hanno fatto nei confronti di monsignor De Kesel.
UNA NORMA CHIARA
L’Agenzia cattolica in lingua fiamminga Kerknet sostiene – come riporta l’agenzia Sir (5 gennaio) – la medesima tesi di mons. De Kesel e ricorda che a pagina 178 del Rapporto parlamentare relativo al progetto di legge sull’eutanasia si afferma testualmente che «gli Istituti di cura, dopo l’entrata in vigore della legge, avranno la possibilità di rifiutare di collaborare alla pratica dell’eutanasia e potranno pertanto scegliere di non praticare l’eutanasia per ragioni di principio».