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C’è qualcosa di cristiano nel film di Checco Zalone?

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 04/01/16
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Umiltà e realismo si coniugano in “Quo vado?”. Mai una divisione in “giusti e ingiusti”, “perduti e salvati”

C’è qualcosa di cristiano in “Quo vado?”, il nuovo film di Checco Zalone, appena uscito nei cinema e già record di incassi?

DUE PRINCIPI

La risposta è positiva per Davide Rondoni, che su Avvenire (3 gennaio) osserva: «Quel che più colpisce è la forza con cui i due nuovi principi della comicità italiana individuano un nervo scoperto della nostra vita (l’ossessione per il posto fisso, per il lavoro senza rischi etc) e lo prendono in giro senza però mai accusarlo con perfido cinismo o con facile disprezzo».

L’UMILTA’ DI ZALONE

Dunque, è il grande tema della sicurezza della vita, della sua consistenza, «che viene messo a fuoco in un confronto tra chi cerca solo di stare al riparo e chi intende il proprio stare al mondo in altro modo. Ma senza manicheismo – dice Rondoni – Intendo che c’è un elemento di ‘accoglienza del difetto’ nel momento in cui se ne mettono in luce i lati negativi facendoli diventare comici, e mentre si mostra la necessità di correggerlo. Non è condiscendenza, è umiltà. Cristiana, aggiungo».

“SIMPATICI” DIFETTI

Non c’è mai in questa comicità, rimarca Avvenire, «l’impressione che uno (il punto di vista di qualcuno dei protagonisti o il punto di vista del regista) sia quello ‘a posto’ che giudica gli altri come dei mentecatti. Tutti, anche i difettosi, qui stanno simpatici. Va in scena, insomma, una umanità certamente piena di difetti, di manie, di snobismi intellettuali ridicoli, di chiusure mentali, ma mai soffia lo spirito gelido della divisione in ‘giusti’ e ‘ingiusti’, in perduti e salvati».

GUARDARE E RIPRODURRE

«Checco Zalone è il nuovo Alberto Sordi», sostiene su facebook il direttore de La Croce Mario Adinolfi, «i suoi film ci aiuteranno a raccontare la storia degli italiani del ventunesimo secolo come Sordi ci ricorda quel che fummo nel ventesimo. Gli mancano gli sceneggiatori di Sordi, gli mancano i registi di Sordi, ma il tratto è lo stesso: guardare e riprodurre, come nessun altro è capace».

LO SPECCHIO DI NOI STESSI

Con Zalone «siamo allo specchio di noi stessi e lui ci dice che non siamo poi così male, tutti, debolezze incluse. Anzi, forse grazie proprio alle nostre debolezze. L’importante è non rinunciare a essere noi stessi, non trasformarci in quel che non siamo. Anche perché non è possibile».

NON E’ L’ITALIA PEGGIORE

Da qui il giornalista e critico Francesco Costa, sentenzia sul suo blog: «L’idea che a vedere Zalone al cinema vada “l’Italia peggiore”, suggerita da più di qualcuno, può essere accettata solo se viene da chi vive su un pianeta diverso da questo».

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