Quando le famiglie e i sacerdoti si uniscono, ne beneficiano entrambidi Kathleen Hattrup
Papa Francesco vuole che i suoi sacerdoti abbiano l’odore delle loro pecore.
È un appello che il pontefice prende sul serio e che ha rivolto più volte, ribadendo l’idea quando ha detto ai vescovi che devono “perdere tempo” con le famiglie che servono.
Perché i pastori possano odorare come il loro gregge, però, le pecore devono farli entrare.
Un sacerdote mio amico mi ha scritto qualche settimana fa per chiedere se poteva venire a prendere un po’ di caldo per qualche giorno con la mia famiglia nel sud del Texas. Gli ho detto subito un “sì” entusiasta, anche se, tranne qualche momento di conversazione al funerale di un caro amico, non avevo contatti con quest’uomo al di là di Facebook da vent’anni. Ma abbiamo trascorso un’estate in trincea insieme in un ministero catechetico difficile quando lui era seminarista e io ero al college, e come i veterani che non perdono mai il proprio legame lo ritengo un caro amico. Il mio primo pensiero riguardo alla sua visita è andato ai benefici che ne avrebbero tratto i miei figli.
Mio figlio più grande, di sei anni, ha confermato rapidamente la mia sensazione che avrebbe fatto loro molto bene vedere e interagire da vicino con un sacerdote. Ho detto ai bambini che avremmo celebrato la Messa in casa, e qualche giorno dopo mio figlio mi ha detto: “Mamma, sono emozionato per il fatto di celebrare la Messa qui. Significa che avremo il Corpo di Cristo a casa nostra?” “Beh, sì, tesoro”, gli ho detto, “è questo che accade a Messa”. “E posso prenderlo anch’io?”, ha replicato maliziosamente, deluso quando gli ho risposto che avrebbe dovuto aspettare fino ad aprile, alla sua Prima Comunione.
Poche ore dopo l’inizio della visita ho iniziato a pensare che i benefici per il mio amico sacerdote – la mia famiglia, con quattro piccoli turbolenti e una nonna anziana malati di Parkinson – ricordavano molto la storia del pastore e delle pecore. Quando ha citato quell’espressione del papa, ho pensato che intendesse che anche lui stava vedendo i benefici. Il suo commento all’inizio dell’omelia di questa domenica, “Genitori di figli piccoli, Dio vi benedica!”, implicava che si stava immergendo in una maggiore consapevolezza della vita quotidiana del suo gregge.
I nostri tentativi di ricordare i vecchi tempi erano invariabilmente interrotti dalle domande di qualche bambino, o da una storia dell’asilo raccontata con grande minuziosità, o dal mio “Solo un secondo” mentre correvo dietro al più piccolo per intercettare una manciata di aghi di pino che stavano convergendo proprio verso la sua bocca.
La cortesia del sacerdote ha nascosto qualsiasi traccia di noia che deve aver provato a volte, e mentre l’intero quartetto – desideroso di vedere quali sorprese potesse avere sull’iPhone – lo soffocava come un branco di gatti, sembrava che si stesse adattando al ruolo di zio gentile dotato di superpoteri: la sua visita è giunta completa del Corpo di Cristo.
Non c’è modo di evitare l’odore delle pecore in una casa come questa. Questi sono i giorni che papa Francesco doveva sicuramente avere in mente e che deve aver vissuto egli stesso. È la convivenza con la famiglia che gli ha permesso di inserire gli infiniti “Perché?” di un bambino di due anni in una lezione sul fatto di chiedere al Padre di volgere lo sguardo verso di noi di fronte alla sofferenza degli innocenti.
Quando il papa a Philadelphia ha esortato i pastori a “perdere tempo” con le famiglie, ha rivolto i suoi pensieri alla preghiera, chiedendo che Dio “ci conceda il dono di questa nuova prossimità tra la famiglia e la Chiesa”.
“Ne ha bisogno la famiglia, ne ha bisogno la Chiesa, ne abbiamo bisogno noi pastori”, ha affermato.
Le famiglie ne hanno bisogno. La presenza di un pastore nel nostro gregge ha significato un’abbondanza di benedizioni per me e mio marito – benedizioni letterali e benedizioni dell’anima. Quando i bambini erano finalmente a letto, il sacerdote offriva una buona dose di incoraggiamento e un pizzico di gentilissimo rimprovero, con la saggezza di un celibe consacrato a Dio al corrente di tante lezioni di umanità raccolte nel confessionale.
E anche i pastori hanno bisogno di questa vicinanza, come il sacerdote ci ha permesso di vedere. È facile essere soli nel sacerdozio. Quando gli ho chiesto un suggerimento sugli articoli che Aleteia sta preparando sui doni e sui modi per mostrare appezzamento ai sacerdoti, ha ammesso che è difficile trovare svaghi sani per la mente e per il corpo. Si può sicuramente trascorrere un’ora o due con qualche gioco sull’iPad, ma questo non ricarica l’anima. Invitateli con la vostra famiglia a un parco di divertimenti, ha proposto il sacerdote, di modo che possano andare sulle montagne russe con i bambini. “Almeno ricevi molti inviti a cena?”, ho chiesto. “Oh, non così tanti”, ha risposto diplomaticamente.
Papa Francesco vuole che un sacerdote sia vicino al suo gregge, in mezzo ad esso, per poter vigilare “sul sogno, sulla vita, sulla crescita delle sue pecore”. Ma questa esortazione può solo essere accompagnata da un’altra complementare: “Cari fedeli, siate vicini ai vostri sacerdoti conl’affetto e con la preghiera perché siano sempre Pastori secondo il cuore di Dio”.
[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]