La crisi nel Mediterraneo, la lotta contro Isis, la stabilizzazione della Libia. Su questi dossier Roma sara’ da giovedi’ il crocevia della diplomazia mondiale in due distinti appuntamenti in rapida successione. Prima “la Conferenza ‘Rome Med Dialogues’ che si apre giovedi'” subito dopo “il ruolo dell’Italia quale crocevia naturale di iniziative diplomatiche sul Mediterraneo verra’ ulteriormente confermato dal vertice sulla Libia che, su proposta italo-americana, si svolgera’ a Roma il 13 dicembre e da quello del gruppo ristretto della Coalizione anti-Daesh (l’acronimo arabo di Isis, ndr) previsto sempre a Roma nelle settimane successive”. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni un un intervento sul Corriere della Sera sottolinea come la diplomazia possa riuscire dove le operazioni militari da sole non bastano.
Il titolare della Farnesina spiega che “dopo i drammatici attentati di Parigi (13 novembre e 130 morti, ndr), il dibattito dei ‘Rome Med Dialogues’ partira’ dalle sfide piu’ urgenti che dobbiamo affrontare: la sconfitta di Daesh, l’avvio di una transizione politica in Siria e la nascita di un governo di concordia nazionale in Libia. Ma obiettivo della Conferenza e’ proiettare lo sguardo oltre le crisi, avviando una riflessione su come ricostruire le premesse di un ordine regionale. Per quanto difficile possa sembrare, dobbiamo infatti iniziare sin d’ora a immaginare – suggerisce Gentiloni – una ‘Pace di Vestfalia’ (il trattato con cui nel 1648 si inauguro’ un nuovo ordine internazionale, basato sul riconoscimento degli Stati in quanto tali al di la della fede dei vari sovrani, ndr) per il ‘Mediterraneo globale’. Per una regione il cui concetto geopolitico si e’ allargato, includendo nuovi corridoi marittimi, fino al Golfo di Aden, e terrestri, nei territori africani dove la fragilita’ istituzionale favorisce il traffico degli esseri umani”.
Per Gentiloni “nella visione italiana, questo embrione di nuovo ordine regionale potrebbe poggiare su tre pilastri.
Anzitutto la necessita’ di non ripetere gli errori commessi in passato. L’Occidente ha gia’ coltivato l’illusione di guerre lampo per poi subirne le conseguenze per anni e anni. Oggi contro Daesh (l’acronimo arabo di Isis, ndr) l’opzione militare e’ certamente necessaria ma non sufficiente per sconfiggerlo definitivamente. L’esperienza degli ultimi anni suggerisce poi che e’ compito delle potenze regionali contribuire a una pace sostenibile in Medio Oriente. Non possono piu’ essere Stati Uniti, singoli Paesi europei o la Russia, e un domani la Cina, a tracciare dall’alto nuovi confini e nemmeno a garantire da soli la sicurezza della regione”. “Il secondo pilastro – prosegue il capo della diplomazia italiana – e’ la riattivazione del dialogo regionale. Senza inseguire utopie, l’accordo raggiunto sul nucleare iraniano, il prezzo del petrolio e la comune sfida contro Daesh, potrebbero aprire spiragli per un percorso graduale di misure di fiducia tra i Paesi della regione. Progressi sostanziali nel lavoro sulla Siria iniziato a Vienna sarebbero particolarmente significativi”.
“L’ultimo pilastro di un nuovo ordine regionale va costruito con il coraggio di andare controtendenza, elaborando un’agenda positiva per il Mediterraneo globale, senza rassegnarsi al pessimismo. Oltre le divisioni, oltre i conflitti, ci sono le opportunita’. Anche per l’Italia. Penso, in particolare, agli effetti dell’accordo sul nucleare iraniano con l’economia di Teheran che, senza sanzioni, potrebbe crescere del 5%; al raddoppio del Canale di Suez che sta permettendo di aumentare notevolmente il traffico merci nel Mediterraneo; ai riflessi sulla regione dello sviluppo africano previsto al 5,3% negli anni 2017-2020; all’impatto della ‘Nuova via della Seta’ cinese che termina proprio nel Mediterraneo”.
Gentiloni attribuisce particolare rilevanza “alle prospettive per il mercato energetico dell’area grazie – ad esempio – alle scoperte di Eni in Egitto”, riferimento al maxi giacimento off-shore di Zhor, uno dei piu’ grandi al mondo, con riserve stimate in 850 miliardi di metri cubi di gas.
“La storia del Mediterraneo – conclude Gentiloni – e’ incontro tra culture e fedi religiose. E storia di pluralismo”. In sintesi per il ministro degli Esteri “la Conferenza di Roma puo’ contribuire alla sfida con nuove idee, diventando un importante appuntamento annuale per riflettere sulla regione.
Dobbiamo avere ben chiara la posta in gioco: non un’emergenza passeggera, ma il futuro dell’Europa. Per questo il Mediterraneo ci chiama in causa e non può essere il luogo della riluttanza dell’Occidente”.