Non bastano le precisazioni del prelato dopo le frasi finite nell’occhio del ciclone su Natale e presepe («Io farei tanti passi indietro pur di mantenerci nella pace e pur di mantenerci nell’amicizia»)
Le celebrazioni del Natale a scuola? «Io farei tanti passi indietro pur di mantenerci nella pace e pur di mantenerci nell’amicizia». Parole controcorrente, rispetto al dibattito soprattutto politico di questi giorni, quelle pronunciate dal vescovo Claudio Cipolla parlando ai microfoni di Rete Veneta (30 novembre).
«Non dobbiamo presentarci pretendendo qualsiasi cosa che magari anche la nostra tradizione e la nostra cultura vedrebbe come ovvio – aggiunge – Se fosse necessario per mantenere la tranquillità e le relazioni fraterne tra di noi, io non avrei paura a fare marcia indietro su tante nostre tradizioni» (Il Gazzettino, 30 novembre).
Il vescovo ha poi precisato: «Non sono contro la presenza della religione nello spazio pubblico, né tantomeno contro le tradizioni religiose, ma né le religioni né le tradizioni religiose possono essere strumenti di separazioni, conflittualità, divisioni. Fare un passo indietro non significa creare il vuoto o assecondare intransigenze laiciste, ma trovare nelle tradizioni, che ci appartengono e alimentano la nostra fede, germi di dialogo» (Avvenire, 1 dicembre).
ZAIA CONTRO IL PRESEPE
Le parole di monsignor Cipolla hanno suscitato molte reazioni: la più articolata è stata quella del governatore veneto Luca Zaia, che in una lunga lettera aperta sostiene che la difesa del presepe «sta diventando un argine identitario» per tutti, credenti e non, perché riguarda i concetti di «democrazia e di di libertà: libertà di pensiero e libertà di professare una religione».
CRISTIANI “FONDAMENTALISTI”
Addirittura secondo Zaia, la “presa di posizione” del vescovo non è a favore della «civile convivenza, ma una affermazione che riesce a far apparire i cristiani che difendono il Presepe, e il suo valore religioso e identitario, come dei veri e propri fondamentalisti» (Il Mattino di Padova, 1 dicembre).
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“DIALOGO PRESUPPONE RISPETTO”
Le parole del vescovo sono risultate talmente ambigue da dividere anche la stampa cattolica. Il Timone (1 dicembre) scrive: «Questo tipo di comportamento – l’appeasement – nella storia ha dato risultati pessimi. Con il dialogo questo non ha a che fare; il dialogo presuppone il rispetto reciproco, anche delle proprie storie. Che nella Chiesa sia suonata l’ora dei Quisling?», alludendo all’ufficiale dell’esercito norvegese, Vidkun Quisling, che si mise a spalleggiare Hitler e i nazisti che all’inizio della Seconda guerra mondiale avevano occupato la Norvegia.
“SULLE ORME DI PAPA FRANCESCO”
Avvenire (2 dicembre) difende il vescovo e replica indirettamente a Il Timone: «il presule, che altri in alcuni blog hanno accusato di «appeasement» (una sorta di “volemose bene”), ha voluto rimarcare di non aver mai detto di rinunciare al presepe. Piuttosto, in questo tempo in cui Papa Francesco chiama a costruire un mondo di pace, «non possiamo utilizzare le religioni per alimentare conflitti o inutili tensioni. Purtroppo le religioni spesso sono strumentalizzate per altri interessi».
“DOVEVA DIFENDERE IL PRESEPE”
Ma la difesa del quotidiano dei vescovi è piuttosto isolata. Per il Sussidiario.net (2 dicembre) Cipolla avrebbe dovuto «difendere le tradizioni cattoliche all’interno della scuola come ci si sarebbe potuto attendere da un prelato», anziché pronunciare «parole distensive sul tema» del tipo “Io farei tanti passi indietro pur di mantenerci nella pace e pur di mantenerci nell’amicizia”.
“CEDIMENTO AL QUIETO VIVERE”
E’ letteralmente insorto Il Foglio (2 dicembre), che prima ricorda come «Monsignor Claudio Cipolla è un esponente di spicco del nuovo corso episcopale nostrano, di quella rivoluzione (Palermo e Bologna sono gli esempi eclatanti) che Francesco vuole imprimere alla chiesa italiana dopo il ventennio ruiniano»; e poi attacca: «Le parole del vescovo di Padova, la città del santo predicatore Antonio, sono il sintomo di un cedimento al quieto vivere: per non disturbare, insomma, meglio evitare quelle che potrebbero essere considerate delle provocazioni».
“INCHINO ALL’ISLAM”
Le precisazioni di monsignor Cipolla non sono state sufficienti neppure a placare Il Giornale (3 dicembre) che parla di un vescovo che «si inchina all’Islam». Italia Oggi (2 dicembre) lo addita come «un vescovo che si è arreso».
LA DIVERSA VEDUTA DI GESU’
Anche nella stessa Chiesa le parole del prelato hanno creato mugugni. Il sacerdote blogger e caporedattore di PapaBoys don Salvatore Lazzara boccia la riflessione di Cipolla. Altro che passi indietro. «Gesù nel Vangelo ha affermato l’esatto contrario: “Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione”. Ancora oggi è così. Molte volte lì dove la Chiesa si rinnova, l’appello della Buona Novella diventa un “segno di contraddizione” e di divisione. Pensate alle comunità cristiane mediorientali, che negli ultimi anni, nel silenzio complice dell’Occidente, hanno pagato un prezzo altissimo di fedeltà a Cristo e alla Chiesa. Il vero pericolo alla pace e all’amicizia, sono quelli che per anni hanno vissuto dalle poltrone ben comode, nella routine della vita pseudo religiosa, pronti ad ogni sorta di annacquamento dell’annuncio evangelico, pur di non “alterare” i falsi equilibri della convivenza».
PAROLE NETTE A FAVORE DEL CRISTIANESIMO
Secondo don Lazzara, in un contesto dove cresce l’aggressività nei confronti del cristianesimo e si vuol tentare di boicottare il presepe e il Natale come alla scuola di Rozzano, bisogna rispondere con posizioni nette e chiare: «Una certa ideologia usa come maschera la parola “confronto, integrazione”, per estromettere e annientare dalla sfera pubblica il Cristianesimo. Quanti utilizzano tali tattiche sono meschini e senza dignità. Fa senso che il pensiero debole utilizzi i fatti di cronaca per colpire la libertà di pensiero e di espressione, nonché quella religiosa».
“NON C’E’ NESSUNA RINUNCIA ALL’IDENTITA'”
Don Marco Sanavio, blogger di Famiglia Cristiana e responsabile per la comunicazione della diocesi di Padova, fa appello ad evitare strumentalizzazione sulle parole di Cipolla. «Il vescovo di Padova è finito nel tritacarne per aver messo in chiaro che esiste una gerarchia di valori: se il valore da salvaguardare è quello di creare ponti e non muri (l’ha detto il Papa) come posso sacrificarlo per innescare battaglie dolorose soprattutto per gli occhi più giovani che guardano curiosi come stiamo costruendo il loro futuro? Nessuno rinuncia alla sua identità, ci mancherebbe, ma l’identità è scritta nella testimonianza della vita ancor prima che nei segni esteriori».
IL “PASSO INDIETRO” DI CRISTO IN CROCE
Per Sanavio, «chi è cristiano sa di essere erede del dono dei martiri che hanno raccontato la loro identità rifiutando sempre l’approccio violento. Chi si dichiara cristiano – evidenzia il sacerdote – dev’essere consapevole che a Pietro è stato chiesto di riporre la spada nel fodero e che la massima manifestazione di identità è raccontata dalla fragilità di una persona con i chiodi nelle mani e nei piedi, quando avrebbe potuto dare segno di una potenza distruttiva e non gli sarebbero certo mancati i titoli per far valere la sua identità. Un passo indietro, quello di Cristo in croce. Il passo che, per chi crede, ha meritato la Salvezza».