Uno studio scientifico pubblicato un anno fa, che ha subito fatto il giro dei quotidiani internazionali, ha sostenuto che per far approvare il matrimonio omosessuale basterebbe una conversazione con un attivista omosessuale, la cui esperienza sarebbe in grado di influenzare positivamente le opinioni, rendendole durature anche oltre un anno. La tesi di fondo è che le obiezioni alle istanze Lgbt sono ideologiche e istintive, tanto che basta poco per cambiarle.
I quotidiani lo hanno promosso come il più grande studio “pro-gay”, ed effettivamente gli studiosi lo hanno presentato tramite la nota retorica Lgbt. Tuttavia, qualche mese dopo la pubblicazione sulla rivista Science, uno dei due autori, Donald Green, ha ritrattato le conclusioni accusando l’altro autore, Michael LaCour, di aver falsificato i dati: «Sono profondamente imbarazzato da questo stato di cose e mi scuso con gli editori, revisori e lettori di Science», ha detto. Nonostante il rilevamento di numerose inesattezze da parte di altri scienziati, l’articolo è stato comunque pubblicato sulla nota rivista scientifica. LaCour rischia ora di essere perseguito per frode scientifica.
Non è certo una novità, già nel 1994 una ricerca sul Journal of Divorce & Remarriage ha analizzato i dati di letteratura pubblicati sulla genitorialità omosessuale e dei suoi effetti sui bambini. I ricercatori hanno concluso: «Ogni studio è stato valutato secondo gli standard accettati della ricerca scientifica, la scoperta più impressionante è stata che tutti gli studi mancavano di validità esterna e non un singolo studio rappresentava la sub-popolazione di genitori omosessuali. Solo tre studi hanno soddisfatto gli standard minimi di validità interna mentre gli undici restanti hanno mostrato minacce mortali alla validità interna. La conclusione che non vi sono differenze significative nei bambini allevati da madri lesbiche rispetto a madri eterosessuali non è dunque supportata dalla ricerca scientifica». Hanno inoltre aggiunto: «Un altro limite reciproco di molti degli studi è stato quello già identificato da Rees (1979), vale a dire, il desiderio politico e giuridico “di presentare una felice e ben regolata famiglia lesbica al mondo”» (p. 116).
Per non parlare del fatto che la maggior parte degli studi a favore della genitorialità omosessuale sono stati realizzati dalla principale ricercatrice dell’American Psychological Association, Charlotte Patterson, lesbica, convivente e attivista LGBT, già condannata da un tribunale della Florida di falsificazione dei dati: «l’imparzialità della Dr. Patterson», ha sentenziato la Corte, «è venuta in discussione quando prima del processo si èrifiutata di consegnare ai suoi legali le copie della documentazione da lei utilizzata negli studi. Questa corte le aveva ordinato di farlo ma lei ha unilateralmente rifiutato, nonostante i continui sforzi da parte dei suoi avvocati di raggiungere tale scopo. Entrambe le parti hanno stabilito che il comportamento della dott.essa Patterson è una chiara violazione dell’ordine di questa Corte. La dott.ssa Patterson ha testimoniato la propria condizione lesbica e l’imputata ha sostenuto che la sua ricerca era probabilmente viziata dall’utilizzo di amici come soggetti per per la sua ricerca. Tale ipotesi ha acquisito ancora più credito in virtù della sua riluttanza a fornire i documenti ordinati» (1997, JUNEER, Petitioner v Floyd P. Johnson, p. 11).
Nel 2012 Loren Marks della Louisiana State University ha analizzato i 59 studi citati dall’American Psychological Association (APA), secondo la quale i figli di genitori gay o lesbiche non sarebbero svantaggiati rispetto a quelli di coppie eteorsessual, rilevandone l’inconsistenza dal punto di vista scientifico: manca il campionamento omogeneo, c’è assenza di gruppi e di caratteristiche di controllo, i dati sono spesso contraddittori, la portata degli esisti è limitata e si rileva scarsità dei dati a lungo termine, e manca il potere statistico.
Nel 2008 un altro studio peer-review ha rilevato che nella maggior parte della letteratura scientifica a favore della non differenza tra bambini cresciuti con genitori omosessuali ed eterosessuali, sono stati soppressi o oscurati potenziali risultati negativi. «Inoltre», è stato aggiunto,«numerosi fattori avversi sono emersi dalla rianalisi dei dati».
Infine, nel 2001 uno studio dell’University of Southern California ha rilevato che decine di studi su bambini cresciuti da genitori gay sono statifalsificati per ragioni politiche, in modo da non attirare le ire degli attivisti omosessuali o incoraggiare la retorica anti-gay. Gli autori della ricerca, i prof. Stacey e Biblarz, hanno infatti suggerito che molti studiosi temono che evidenziando le differenze potrebbero fare uno sgarbo alle associazioni Lgbt permettendo agli oppositori della genitorialità gay di utilizzare i dati scientifici a sostegno delle loro posizioni.
Tanti parlano di lobby Lgbt, a guardare tutto ciò vien proprio da pensare che non solo esista ma che abbia ormai preso legami di pressione con ogni settore importante della società. Comunità scientifica compresa.