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Cos’ha a che vedere la religione con la nostra vita quotidiana?

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Padre Henry Vargas Holguín - pubblicato il 23/11/15
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Il centro della religione non è nel tempio, nei rituali o nei dogmi…È molto evidente il rapporto tra religione e vita eterna, ma il rapporto tra la religione e questa vita presente non è chiaro a molti.

Con la sua forma di vita e i suoi insegnamenti, Gesù ha sottolineato che il centro della religione non è né nel tempio né nei rituali, né nelle verità dogmatiche o nelle norme religiose; è nella vita, in un modo di vivere che si centra e si concentra sull’amore, sull’amore senza limiti né condizionamenti (Lc 10, 25-37).

La religione è in funzione della vita, non il contrario; è quello che ci insegna il mistero dell’incarnazione del figlio di Dio.

Attenzione, però: Gesù non sta eliminando il tempio, i riti o le verità teologiche. Tutto questo è importante, ma non è un fine in sé; lo sarà in quanto è a favore della persona e della vita.

Il fatto che i rituali religiosi e i dogmi perdano centralità non significa che non abbiano motivo di essere; ce l’hanno ed è bene rispettarli e dar loro compimento.

E tutto questo dove ci deve portare? Ci porta a chiederci: “Dove dobbiamo applicare o dirigere la nostra fede? Nei rituali religiosi, che molti vedono erroneamente come un mezzo per tranquillizzare le coscienze o nel progetto di vita che Gesù ha tracciato per noi?”

La fede si dirige in entrambi i sensi: la fede ci deve portare ad amare Dio nella promozione e nella difesa della vita altrui e della propria (quello che farete a uno di questi miei fratelli più umili lo avete fatto a me) e ci deve portare a ricevere la sua grazia e la sua salvezza nei sacramenti e nella vita di preghiera (Gesù ha fatto rispettare il tempio).

Sono la vita e la persona a dare senso al culto, al dogma, al tempio. È quello che ha detto Gesù ai farisei: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell’anèto e del cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle” (Mt 23, 23). O “Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio” (Mt 9, 13).

Quello che vuole Gesù è che l’esercizio della dimensione religiosa si traduca a favore della vita, nel rispetto della vita umana, nella difesa della vita propria e altrui e dei diritti della vita umana insieme alla sua dignità.

Ha anche ampliato il concetto di vita e lo ha esteso alla vita intera, inclusa la sua eternità.

Per questo si può e si deve affermare l’originalità del cristianesimo, che non è una religione come le altre. La fede cristiana è riposta nel Dio incarnato, nel Dio umanizzato. La fede in Gesù si collega anche a “questa vita”, con i problemi umani più pressanti.

Gesù vede la necessità di venire incontro all’uomo, di dare priorità alla persona e di alleviare pene, sofferenze e preoccupazioni.

Ne è prova l’impegno di Gesù di alleviare la sofferenza e soprattutto quella dei poveri, di dare la salute ai malati, di orientare la gente che ha perso la direzione e i rapporti di bontà e amore verso tutti.

Gesù antepone questo alla fedeltà e all’osservanza delle tradizioni rituali della religione; nel Vangelo troviamo moltissimi esempi di questo.

Gesù, il Figlio di Dio, è entrato per questo in conflitto con i farisei, perché ha tolto alla religione la sua sacralità facendola uscire dal tempio, o meglio applicandola alla realtà concreta della vita.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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