Per i dieci anni dal suo omicidio, una serie di eventi celebrerà la figura e l’impegno del sacerdote romanoUn martire indimenticato. Stiamo parlando di don Andrea Santoro, sacerdote romano, ucciso in Turchia il 5 febbraio 2006 da un gruppo di estremisti islamici.
Per il suo omicidio venne arrestato e condannato un giovane di 16 anni, Ouzhan Akdil, che confessò di aver ucciso don Santoro perché sconvolto dalle vignette satiriche su Maometto apparse mesi prima su un quotidiano danese e salite alla ribalta nel mondo islamico.
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GLI EVENTI
Tra pochi mesi cadrà il decimo anniversario dalla sua uccisione. Ma a Roma, già a partire da domenica 29 novembre, prende il via un ciclo di eventi, promossi dal Centro missionario e dalla Caritas diocesana, in collaborazione con l’ “Associazione don Andrea Santoro” e “Finestra per il Medio Oriente”. Tali eventi – che si articoleranno lungo un intero anno – mirano a proporre ai sacerdoti, ai seminaristi e ai fedeli la solida e originale spiritualità di don Santoro.
LA SPIRITUALITA’
Una spiritualità che emerge dalle preghiere che ci ha lasciato nei suoi diari, ora raccolte in un volume intitolato “Un fiore dal deserto” (Edizioni San Paolo). Il cardinale Gianfranco Ravasi, autore della prefazione utilizza un aforisma orientale per esprimere la forza di quelle preghiere: “Il giusto, come il legno di sandalo, profuma l’ascia che lo colpisce”. «La forza dell’amore che è nel martire è più alta della potenza di morte dell’aggressore – scrive Ravasi – anzi, essa alla fine segna con una scia di profumo anche la lama gelida dell’omicida, imprime una stimmata di luce su quella mano crudele. Penso che questo motto possa essere idealmente applicato anche a don Andrea Santoro, il cui sangue adempie continuamente alla sua funzione di “seme” per nuove vite di fede».
ABBRACCIO CON IL SIGNORE
Le sue preghiere trasmettono messaggi profondi. Il “Cantico dei cantici”, ad esempio «si trasfigura – osserva il Presidente del Pontificio per la Cultura – nell’abbraccio del fedele col suo Signore, quando entrambi adottano il linguaggio dell’amore» (“Baciami con i baci della tua bocca. / Fammi poggiare il capo sulla tua spalla… / Donami Signore il Cantico dei cantici / e donami di cantarlo a te”).
LA PAROLA DI DIO
Ravasi evidenzia che in filigrana alle sue preghiere, don Andrea «fa ininterrottamente balenare la sorgente a cui attinge: la Parola di Dio è quasi il “basso continuo”, il filo armonico permanente del suo canto orante». È questo l’esercizio che ogni lettore dovrebbe fare: «sciogliere le parole umane, spesso biografiche, personali, storiche e concrete e far affiorare la Parola sacra sottesa e presente secondo tante sue iridescenze in tutte le righe di queste invocazioni».
COLPITE LE SACRE SCRITTURE
Questa aderenza intima alla Parola divina alla fine «giustifica il fatto che, assieme a don Andrea, nel martirio sia stata colpita anche la Bibbia che egli in quel momento teneva tra le mani meditandola. Così, solo per evocare qualche esempio – conclude Ravasi – le voci dei Salmisti continuano a risuonare divenendo sostegno alla preghiera di don Santoro».