La lettera di un bambino con una malattia neurodegenerativa incurabileCiao, Maria, sono Gaspar.
Visto che alla mia mamma e al mio papà piace molto leggere belle storie sulla tua pagina, si sono detti che forse potevo raccontare la mia, e allora, visto che sono disciplinato (papà è militare, per cui in casa i bambini devono obbedire!), mi lancio nell’impresa, dall’alto dei miei 2 anni…. beh, 26 mesi, per essere precisi. Sì, è un po’ strano, ma tra di noi contiamo i mesi. Capirai perché.
Alla mia nascita andava tutto bene. Mio fratello maggiore e le mie due sorelle maggiori sono venuti a trovarmi in clinica e mi hanno riempito di abbracci. Mi hanno scattato molte foto, come se fossi una stella del cinema.
Dopo una settimana siamo tornati tutti a casa. Mi ci è voluto un po’ per abituarmi alle notti, ma era solo per disturbarli.
A forza di osservarmi sul mio tappetino da gioco, però, mamma si è resa conto che qualcosa non andava. Non mi sedevo, non dicevo molte cose, mentre i tre più grandi alla stessa età erano molto più svegli.
Adoravo ridere, e allora mio papà, che è un buon pubblico, scoppiava in tante risate. Quando avevo 11 mesi siamo andati da un neuro-qualcosa (una parola complicata che mi spaventa) perché ci tranquillizzasse.
È risultato che mamma, come capita in genere, aveva ragione, e papà, che diceva sempre a mamma “Non preoccuparti, questo piccolino ha solo bisogno di tempo”, è rimasto senza parole.
Ci è stato spiegato che avevo una malattia genetica, una malattia molto, molto rara. Si chiama malattia di Sandhoff. La cosa più antipatica di questa malattia è che non ci sono medicine per curarla e che non rimarrò molto su questa terra.
È una malattia neurodegenerativa.
Il giorno in cui mamma e papà hanno ricevuto la notizia, papà era un po’ scosso. Mamma se lo aspettava, perché il suo cuore materno sente molto bene le cose.
All’improvviso ha dovuto sfoderare le sue migliori energie perché papà si riprendesse. E visto che ha poteri magici ci è riuscita.
È vero che a volte cercano di nascondersi, e anche se non vedo bene sento che per loro è difficile – soprattutto quando sono stato in ospedale (per fortuna i miei due nonni li aiutano molto).
Per incoraggiarli, alla nascita ho ricevuto gli occhi più belli del mondo, grandi occhi azzurri con ciglia più belle di quelle di Scarlett Johansson (papà la adora).
E allora, visto che ora non riesco a ridere né a parlare né a mangiare con la bocca né a vedere, apro e chiudo gli occhi migliaia di volte. Mamma dice sempre che vede la bellezza della mia anima attraverso i miei occhi. Che poetessa, la mia mamma, vero?
Oggi, quindi, ho 26 mesi. Hai capito perché tra noi contiamo i mesi?
Papà, mamma e i miei tre fratelli più grandi hanno avuto fortuna: tutti e cinque hanno ricevuto i poteri magici per offrirmi una vita da sogno. Come te, Maria, mi rendo conto che più è difficile, più poteri magici si ricevono.
E allora approfitto di migliaia di baci al giorno, tra le mie sessioni con il fisioterapista.
E soprattutto sento che tutti mi amano e che il mio arrivo è stato un dono, perché la nostra famiglia potesse crescere nell’amore e nella semplicità.
Papà dice anche che “abbiamo la fortuna di vivere la radicalità!”. È completamente pazzo! Capiscono solo che, come il mio omonimo dei Re Magi, seguo inesorabilmente la mia stella.
E anche se il mio viaggio sarà più breve del suo, quello che vivo con la mia famiglia è così denso, così intenso, che in qualche modo equilibra. Diciamo che compensa!
L’unico problema è che sento che andrò in cielo prima di loro e questo mi dà un po’ fastidio perché avrebbero dovuto essere loro a precedermi un giorno e ad aspettarmi lì tranquilli.
Per compensare questa piccola anomalia, compio molti sforzi ogni giorno perché siano orgogliosi di me. Combatto tutti i giorni per tossire, ingoiare bene, respirare bene, non prendere freddo o microbi, dormire bene.
E credo che funzioni. Mi guardano sempre con un grande sorriso, e a volte sento anche che dai loro occhi cade qualche lacrima.
Ad ogni modo, sono sicurissimo che sanno che un giorno ci riuniremo tutti e sei lì. Senza malattia né handicap. Per sempre.
In realtà, Maria, non aspetteremo quella data ipotetica per incontrarci.
A papà e mamma piacerebbe moltissimo incontrare altre famiglie che hanno figli come me!
Se nella tua pagina ne trovi qualcuna, mi mandi un’e-mail? Ti abbraccio e ti ringrazio infinitamente per avermi permesso di raccontare la mia storia.
Gaspar (sotto dettatura di mio papà Benito e grazie all’ispirazione di mia mamma Marie-Axelle)
Maria è una bambina handicappata. I suoi genitori adottivi hanno spiegato la storia del lungo cammino che li ha portati all’accoglienza incondizionata di questa bambina eccezionale in un libro, Tombée du nid. Un témoignage d’amour, à lire et à partager en famille (Caduta dal nido. Una testimonianza d’amore da leggere e condividere in famiglia, éditions Terra Mare, 2015, 139 pagine, 15 euro).
In seguito la coppia ha lanciato un’associazione volta a sostenere tutti i progetti di accompagnamento di altri bambini “caduti dal nido”, e una pagina Facebook in cui molti genitori – come quelli del piccolo Gaspar – testimoniano lo straordinario destino dei loro figli, le gioie e i dolori dell’accoglienza quotidiana di una vita ferita dall’handicap.
[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]