Si apre un cammino solidale per rispondere al cambiamento d’epoca evocato da papa Francescodi Luca Rolandi
Si respira un clima di fiducia tra gli oltre duemila delegati che hanno animato il V convegno ecclesiale che si è concluso a Firenze. Fiducia che diventa anche inquieta preoccupazione per cercare di costruire una chiesa diversa rispetto al recente passato, meno istituzionale e più legata alla comunità, al popolo, alla relazione con gli uomini e le donne del nostro tempo, mettendosi alla sequela del Vangelo nel solco del magistero bergogliano. Una fede puntata all’essenziale, al “Kerygma” che restituisce il fondamento dell’annuncio del Verbo incarnato, che è per tutti, nel mistero della morte e della risurrezione di Gesù Cristo.
L’animo del popolo italiano è il sentire profondo della nostra gente è dentro una dimensione di cristianesimo profondo, che si esprime nella bontà e l’amore per l’altro ha detto il cardinale Angelo Bagnasco al termine del convegno ecclesiale. Una espressione che riassume il senso che è emerso dal convegno stesso.
I lavori di gruppo dai tavoli che hanno impegnato tutti i delegati fino alle sintesi presentate in assemblea plenaria sono il frutto di un cammino che i presenti hanno chiesto di non essere circoscritto in un documento ufficiale e rigido, ma traccia di una elaborazione che in ogni contesto sociale troverà diverse e creative applicazioni pastorali. Un nuovo protagonismo laicale, non clericale, ma a servizio della chiesa e in collaborazione con presbiteri, religiosi e vescovi. Ognuno con la sua dimensione e responsabilità ma sempre in sintonia e in dialogo, anche in confronto .
Dunque una Chiesa non di sentinelle in difesa della fortezza ma di esploratori audaci che portano il vangelo per tenere vivo il fuoco del cristianesimo nel mondo indifferente. Questa l’immagine di comunità cristiana scaturita dagli interventi dei relatori delle sintesi: ecco, allora, il tema dell’annunciare affrontato dalla docente di storia della filosofia della scienza Flavia Marcacci; quello delll’uscire nelle parole del teologo don Duilio Albarello; l’abitare presentato dal filosofo Adriano Fabris; l’educare dalla religiosa Suor Pina Del Core e il trasfigurare con il liturgista fratel Goffredo Boselli, della comunità di Bose.
La celebrazione della Parola, è stato sottolineato da molti, diventa come il momento fondamentale della formazione cristiana e unita in modo profondo all’azione di carità, della costruzione di ponti e sintesi con tutte le idealità e le altre religioni presenti nella società complessa, fragile, liquida e individuale, ma ricca di fermenti di nuovi orizzonti da costruire.
Nel suo intervento finale e nell’incontro con la stampa il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha sottolineato che “non esistono lontani ma prossimi da raggiungere”, partendo da quella dimensione della gratuità tipica della cultura del nostro paese, perché non si parte da zero.
Il cardinale ha posto l’accento su come “uno stile sinodale esige anche un metodo, all’insegna della concretezza, del confrontarsi insieme sulle questioni che animano le nostre comunità. Vive di cura per l’ascolto, di pazienza per l’attesa, di apertura per l’accoglienza di posizioni diverse, di disponibilità a lavorare insieme, dandosi degli obiettivi”. E’ dunque necessario “Lasciarsi guardare da Lui, “misericordiae vultus”, consapevoli che la condizione primaria di ogni riforma della Chiesa richiede di essere radicati in Cristo. Contempliamo, quindi, senza stancarci l’umanità di Gesù. Senza dimenticare le ombre anche le nostre”.
Il clericalismo laicale si supera nel momento in cui si anima evangelicamente la storia, la realtà che ci è dato di vivere. E questo è venuto meno nel presente. Le attese dei giovani devono ripartire anche dalla testimonianza coraggiosa ed efficace nella vita politica, sociale, educativa ma anche spirituale. Accendere la vita, risvegliare la libertà di ciascuno come ha scritto Romano Guardini. Sapere dunque pensare, insieme e fare rete, approfondire le relazioni umane.
Il presidente dei Vescovi italiani ha parlato poi della grande sfida dell’ateismo e dell’indifferentismo: “Se Dio esiste non c’entra”, riprendendo il filosofo e teologo Cornelio Fabro dobbiamo chiederci se “Dio c’entra nella mia vita” , perché senza Cristo non abbiamo un orizzonte umano”. Bagnasco ha aggiunto che “l’orizzonte della missionarietà rinnovata, con la passione di Cristo dentro che si vorrebbe comunicare, è il risultato che ci portiamo nelle nostre chiese locali”. Dunque il presidente Cei ha ribadito la cura della famiglia, centro del nostro agire, primo luogo di educazione alla vita, alla fede e all’antropologia umana integrale e della scuola e dell’università luoghi di formazione, crescita, competenza delle giovani generazioni.
Bagnasco ha concluso con un abbraccio corale tra vescovi, presbiteri e laici. L’abbraccio si allarga a tutta la comunità cristiana e al mondo perché “Noi vescovi siamo lieti del vostro abbraccio, e nei vostri volti leggiamo simpatia e fiducia, nelle vostre voci sentiamo incoraggiamento e sostegno. Anche noi – come tutti – ne abbiamo bisogno!” e infine il nostro abbraccio si allarga a Francesco “al quale sottolineiamo il nostro amore”.
“Non abbiamo qualcosa da esibire, ma Qualcuno da comunicare” ha inoltre detto il cardinale Bagnasco ai giornalisti. “Non vogliamo imporre nulla e non pretendiamo che tutti abbiano la fede ma lo speriamo nella Gioia che risplende nella vita dell’umano e in grande parte della vita del nostro Paese”. Ancora l’arcivescovo di Genova ha ricordato che “lo stile sinodale non deve essere ispirato da un centralismo. Ma è necessario che parta dalla valorizzazione delle chiese locali”. “Il metodo e lo stile sinodale si esprimono da tempo e anche nel nostro tempo nei consigli pastorali, diocesani, presbiterali, livelli regionali e nazionali e la Chiesa universale, un camminare insieme partendo dalla rilettura concreta della Evangelii Gaudium, alla scuola dei poveri nella necessaria riconferma della sfida educativa del decennio”.
Quanto alle polemiche legate all’utilizzo dei fondi dell’8 x mille, Bagnasco ha osservato: “Se pensiamo ai sei milioni di poveri all’anno , ai 1.500 organismi di assistenza caritativa diffusi sul territorio, ai 500mila poveri – 500mila solitudini, come le chiamo io – che ogni giorno si rivolgono alle nostre Caritas e ai centri di ascolto per le famiglie, i quali arrivano non solo per un gesto di assistenza, ma per uno sguardo benevolo di attenzione che permetta loro di non diventare invisibili, allora ognuno può trarre le sue conseguenze”.
A proposito del nuovo caso Vatileaks, la guida dei vescovi italiani ha dichiarato: «Le ombre sono ombre, ma non dobbiamo averne paura e le dobbiamo riconoscere onestamente; dobbiamo soffrire per queste ombre, ma non lasciarsene schiacciare. Io spero che soprattutto il popolo di Dio non si lasci fuorviare, schiacciare, intristire da queste cose molto tristi, molto dolorose. Dobbiamo continuare a guardare a tanti sacerdoti, religiosi e religiose che ogni giorno si spendono per la propria gente».
Il pericolo e il peggiore nemico della chiesa è la tiepidezza spirituale ha infine affermato Bagnasco. “Se la mia anima è timida, tiepida questo è il peggiore nemico della Chiesa. Questo ci richiama ad una continua conversione spirituale, ad una conversione del mio cuore per non renderlo freddo, distante, non infuocato verso Cristo. Se mi arrendo a una mediocrità fatta a sistema, eretta a sistema io sono il peggiore pericolo per Chiesa, della comunità cristiana, dentro e fuori”.