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Pensi che gli altri siano un problema, che stai meglio da solo? Leggi qui

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Carlos Padilla - pubblicato il 26/10/15
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La ferita della solitudine mi ricorda che sono incompletoDio si commuove di fronte alla solitudine dell’uomo. E l’uomo ringrazia Dio per la misteriosa gioia dell’incontro umano. È impressionante come ci conosce Dio! Conosce i nostri limiti prima di noi. Prima che l’uomo si lamenti.

Prima che si renda conto della sua solitudine e di quel profondo senso di vuoto che c’è nella sua anima, Dio lo sa già. È vero, non va bene vivere da soli. Dio non ci ha creati per la solitudine. Dio si commuove vedendoci limitati nella capacità di crescere e di amare.

Dio cerca il modo di realizzare l’uomo che ha creato. Penso che Dio ci guardi sempre. Ci conosce dentro, e sussurra il suo progetto d’amore.

Dio stesso non è solo, è comunità, è Amore trinitario. Per questo ci ha creati per l’amore. Per la pienezza dell’amore in questa vita e il centuplo nella vita eterna.

Dio si affaccia ogni giorno alla mia vita, e pensa a me, alla mia solitudine. Non mi abbandona, non mi lascia solo nella vita come penso tante volte. Lo commuove il fatto di vedermi solo. Dio sa che il mio cuore limitato ha bisogno di altre persone per camminare verso di Lui. Da solo non ce la faccio.

È il mistero più bello della mia vita. E che mi fa anche soffrire. Quante volte soffriamo nelle nostre relazioni personali! Abbiamo bisogno gli uni degli altri. Per essere felici, per compiere la nostra missione, per scoprire fin dove possiamo arrivare.

Dio lo sa. E ha messo a tutti noi sul cammino delle persone che riempiono quel vuoto, che rispondono alla nostra sete e ci aiutano ad essere noi stessi. Persone che ci parlano dell’amore di Dio. Perché ci guardano con tenerezza. Perché credono in noi.

Perché hanno qualcosa che desideriamo da sempre. Perché sono casa, fermata verso il cielo. Perché traggono il meglio di noi, cose che non conosciamo.

Dio, guardandoci, quando mi ha creato, lo sapeva. Sapevo che avevo bisogno di questa o di quella persona. Per conoscerlo di più. Per conoscermi di più. Per conoscere insieme, o meglio per sondare insieme il senso della vita. Perché mi mostri il cielo quando io lo dimentico. Perché mi leghi alla terra quando perdo la direzione.

Mi ha invitato a condividere la vita, i sogni, i passi del cammino

con altre persone come me. Ci ha chiamati a camminare insieme in un cammino di speranza.

E oggi vediamo tanta solitudine intorno a noi. Tante relazioni troncate. Tanti insuccessi nei legami. Al punto che molti smettono di credere nell’amore, nell’amicizia, nella fedeltà, nella famiglia.

Il vuoto è enorme. C’è un’ansia di comunità nel cuore dell’uomo che non trova pienezza. L’uomo sogna di appartenere a qualcosa, a qualcuno, e spesso non ci riesce. Fallisce. Allo stesso tempo sogna l’autonomia e cade nell’individualismo.

È un’apparente contraddizione. C’è un desiderio profondo di condividere la vita, di amare nel profondo, di essere amati in modo unico e incondizionato per sempre. E un’ansia di non essere schiavo di nessuno, né dipendente.

La nostra anima è immagine del cielo e il mondo non basta per riempire l’annima. Oggi offriamo al Signore la nostra solitudine, le diamo un nome e gli rendiamo grazie per le persone che ha messo nella nostra vita.

Tutti abbiamo paura che gli altri smettano di amarci. È la ferita della solitudine che a volte fa male. La ferita che copriamo con le cose, con la fretta, con migliaia di progetti. La ferita che si placa nell’incontro, con l’amore.

La ferita che ci fa riconoscere Dio negli altri e ci rende vulnerabili. Ci spezza. Ci avvicina agli altri. Ci apre a Dio sempre. È la ferita della solitudine che mi ricorda che sono incompleto. Che altri mi aiutano a completarmi.

Ma poi nella vita non sempre i legami ci aiutano a vivere in pace con la nostra solitudine. Ci fa male. Non conta la vocazione a cui ci chiama.

In tutti i cammini sperimentiamo la solitudine e dobbiamo imparare a vivere in pace con questa. Perché fa parte del nostro bagaglio.

Una persona pregava: “Siamo uniti dalla stessa solitudine. Come la tua solitudine, Gesù, nel Tabernacolo, che ci unisce tutti. Io so che mi ami, Gesù, nella mia solitudine. Non so se lo vedrò sempre, ma ora lo so con il cuore. È in questo che ripongo più fiducia. Visto che è un dono e non merito mio, ti chiedo Gesù di non perdere mai questa fede. Voglio credere nel tuo amore”.

È la solitudine in cui Gesù ci dice che ci ama. Quella solitudine dalla quale a volte vogliamo fuggire quando il mondo con le sue tensioni ci toglie la pace, quando i vincoli umani si spezzano, quando il fallimento dell’amore ci limita l’anima.

A volte la ricerca della solitudine può essere una tentazione, una fuga da quello che ci infastidisce. È come se nella solitudine della nostra cella volessimo stare in pace con il mondo senza toccarlo.

Lo diceva anche Santa Teresa di Gesù: “Qui, figlie mie, si deve vedere l’amore, non negli angoli, ma nella metà delle occasioni. E credetemi, anche se ci sono molte mancanze, è infinitamente maggiore il nostro guadagno. Per cui dico che è guadagno, perché ci viene fatto capire chi siamo e dove arriva la nostra virtù. Perché una persona sempre raccolta, per quanto pensi di essere santa, non sa se ha pazienza né umiltà, né sa come saperlo. Come si deve capire, se non si è vista in battaglia?”

Santa Teresa è stata un’innamorata della solitudine, innamorata di Gesù uomo, innamorata fino al più profondo dell’anima. Ma vedeva la necessità di amare in comunità, di soffrire in comunità e di provare lì la virtù. Di imparare a vivere negli altri, con gli altri, e a vedere Cristo in chi amiamo e nelle persone con cui soffriamo.

Aneliamo all’amore. Aneliamo a una famiglia in armonia, ma quanto spesso sorgono le discordie, i malintesi, il disprezzo, le critiche! Vivere in comunità presuppone rinuncia e sacrificio.

Quanto sono rari i rapporti sani! Quando è difficile un amore matrimoniale eterno! Quante volte vediamo il fallimento di quel primo amore che non è arrivato alla sua pienezza! Tante volte non vogliamo stare soli e finiamo soli. Che contraddizione!

Vogliamo un’intimità sacra in cui Dio renda pieno il nostro amore umano. Desideriamo un’intesa da cuore a cuore, quasi senza parole. Aneliamo a un amore vero in cui non ci siano bugie né falsità.

E tante volte viviamo il contrario, il peccato, il dolore dell’abbandono. La mancanza di incontro. Il cuore dell’uomo non è fatto per stare da solo. E sogna di vivere in Dio in tutti i suoi amori umani.

 

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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