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Le grandi lezioni di un fidanzamento spezzato

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Orfa Astorga - pubblicato il 14/10/15
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Pensi di sposarti? Prima dovresti porti certe domande…

Ero bambina, ma lo ricordo come se fosse ieri. Un sabato mattina cercavo di aiutare mio padre nei lavori di giardinaggio. Si disponeva a tagliare un piccolo albero, alla qual cosa mi sono infantilmente opposta dicendogli che non era necessario e che inoltre gli avrebbe fatto male. “Oh, no, non è così”, mi disse. “All’albero non farà male, e gli conviene, perché alcuni dei suoi rami sono storti, altri sono cresciuti in modo sproporzionato, altri ancora sono un po’ secchi. Se glieli taglio e gli do un po’ d’acqua, l’alberello crescerà più rapidamente, frondoso e bello, vedrai”.

Poi, guardandomi con aria grave, aggiunse: “Dio è il nostro giardiniere, a volte ci pota perché cresciamo meglio, anche se nel caso delle persone a volte fa male, ma con il tempo ci rendiamo conto di quanto era necessario il suo atto d’amore”. Non l’ho capito, ma le sue parole mi sono rimaste impresse. Penso che mio padre avrebbe voluto così.

Sono passati gli anni, e il divino giardiniere ha potato amorevolmente in più di un’occasione l’albero della mia vita.

Ricordo come uno degli eventi più importanti della mia esistenza la rottura di quel fidanzamento. Mi sono sentita come un triste alberello spezzato al quale nessuna primavera avrebbe dato un’altra opportunità. Ma non è stato così. Sono tornata alla vita con un nuovo fogliame e sono riuscita a incontrare, conservare e accrescere il vero amore della mia vita fondando la mia famiglia.

Alle persone in genere fa male”, diceva mio padre, “ma dobbiamo aver fiducia, perché Dio è il nostro giardiniere. Mi ha fatto male quando mi sono caduti i rami e le foglie, ma la potatura è stata l’opportunità per imparare le lezioni più importanti dell’amore umano e correggere errori che avevano danneggiato profondamente la mia vita; per capire meglio che Dio è amore, e quindi è Lui che mette questa capacità nel nostro cuore per il nostro bene”.

La lezione più importante che ho imparato è che anche se noi esseri umani abbiamo bisogno di amare e di essere amati, maturare nell’amore è trasformare mediante la vita vissuta la nostra capacità di amore in capacità di amare. L’amore è partecipazione attiva, coinvolgimento totale del nostro spirito intelligente e libero. L’amore ci rende responsabili.

In questo modo, ho imparato a portare avanti un fidanzamento con il deciso impegno a considerarlo per quello che era: la preparazione per un possibile matrimonio. Ho imparato per questo che nella tappa del fidanzamento è importante raggiungere la conoscenza reciproca, propria di un amore personale. E a dargli molto valore, perché se il fidanzamento non è valorizzato non lo sarà neanche il matrimonio.

L’amore tra fidanzati ha i suoi atteggiamenti specifici. Non è che ogni atteggiamento sia proprio dell’amarsi e del rispettarsi in questa tappa. Il passaggio alla sicurezza di desiderare e di consentire all’unione matrimoniale può richiedere esperienze necessarie. E soprattutto bisogna trovare le risposte giuste.

Alcune domande prima di dire “sì” al matrimonio:

Cosa ti attira di lui o di lei? Le sue qualità sono profonde?

Condividete gli stessi valori, la stessa spiritualità e gli stessi progetti, così come il concetto di fidanzamento e di matrimonio?

Siete d’accordo sul numero di figli che volete avere?

Dimostrate abbastanza amore e rispetto? Ci sono attrazione e desiderio fisico? Si manifestano castamente, cioè con delicatezza e rispetto?

I caratteri e i comportamenti di ciascuno sono sufficientemente equilibrati e stabili?

I disaccordi vengono affrontati e superati con il dialogo e la comprensione reciproca? Si accetta di riconoscere i propri errori e di chiedere scusa?

Si conoscono bene la vita professionale e le risorse dell’altro? Si accettano la sua professione e i suoi impegni?

Si è persone lavoratrici, coscienziose e oneste? Come amministra ciascuno il proprio denaro?

Come si trattano gli altri: i subordinati, gli amici, i familiari, ecc.?

Si è orgogliosi di presentare l’altro ad amici, familiari e colleghi di lavoro?

Si accettano i consigli dell’altro? Si dialoga serenamente e si discute in modo pacifico?

Si condividono confidenze e interessi?

C’è pace nel rapporto oppure malessere e disagio?

Si è liberi nella scelta dell’altro, senza coazioni paterne o familiari, ad esempio?

Si accetta una preparazione seria al matrimonio?

Un fidanzamento deve essere abbastanza lungo da permettere di conoscersi bene e abbastanza corto da non far annoiare.

Almeno una volta: un’estate, un Natale, una primavera, un anniversario, un compleanno, un successo, un fallimento, un pasto con i genitori, un incontro e uno scontro con loro, una cena, un dispiacere, un’arrabbiatura, un rifiuto, un raffreddamento, un nuovo inizio.

Bisogna avere il coraggio di porre fine a un rapporto che non è quello che risponde meglio ai propri valori, alla propria dignità, al proprio modo di essere.

Forse farà male, ma è necessario per la vera crescita nell’amore.

 

Con il sostegno di materiale fornito dal professor Javier Escrivá Ivars, direttore del Master in Matrimonio e Famiglia dell’Università di Navarra.

 

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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