Matteo Zuppi è vescovo di Roma centro da tre anni. Parroco a santa Maria in Trastevere e nella periferia romana di Torre Angela manifesta il suo sdegno per le tante speculazioni sui poveri e chiede a cristiani e istituzioni di disinquinare la capitaledi Maddalena Maltese
Dopo Mafia capitale, la città ha ancora anticorpi?
Io credo di sì e credo siano anche molti. C’è una nuova volontà di affrontare i problemi emersi nella città e che per troppo tempo sono stati lasciati senza soluzioni. Lo abbiamo visto in alcuni momenti, ad esempio con la solidarietà verso i rifugiati che ha coinvolto persone molto diverse per età, storie, esigenze e convinzioni le più diverse. C’è un desiderio di riscatto della città che va aiutato e deve trovare una traduzione più generale: è da questo che bisogna ripartire per evitare che la città continui in una condizione di smarrimento e di orfananza, come ha detto il papa al convegno diocesano di Roma. La città è orfana.
Che tipo di esperienza la chiesa e le famiglie cristiane possono offrire alla città. Sono silenti nell’agire o non suscitano l’interesse dei media?
Sono vere entrambe le cose. A volte siamo troppo silenziosi e viviamo in maniera tutta interna pensando che sia un modo per essere più seri, mentre il problema è vivere comunicando e aiutando tanti a vedere la luce. Non possiamo vivere tenendo la luce sotto il moggio. Serve dare segnali positivi che coinvolgano la comunità, la espongano di più e la impegnino. Qualche volta c’è un modo serio, impaurito, interno di vivere l’impegno per il prossimo, pur essendo persone belle, e invece serve disinquinare l’ambiente con decisione. Facciamo troppo poco e l’inquinamento ha narcotizzato le nostre comunità, le ha rese più fragili, meno appassionate e più deboli per trasformare la città e il mondo attorno.
Mafia capitale, il lucrare sui poveri cosa ha suscitato nel suo animo di vescovo?
Sdegno profondissimo perché lucrare in maniera disonesta è grave, ma lucrare sui poveri è offensivo. Ho capito perché certe situazioni non venivano cambiate, perché conveniva mantenere l’emergenza e questa è una responsabilità enorme: causare la sofferenza di persone già colpite da sventure è ignobile. Non posso dimenticare come ad arte venivano aizzati gli animi contro gli zingari e gli stranieri per tenere alta l’emergenza e il finanziamento. L’inquinamento del malaffare ha raggiunto la politica ma anche le strutture stesse del vivere comune, cioè le istituzioni e quindi c’è una riforma e un cambiamento imprescindibile e urgente da compiere.
Suggerisca due priorità per la Chiesa di Roma e dia due consigli alla società civile
La chiesa deve percorrere le indicazioni di papa Francesco e rendere la solidarietà progettuale. C’è un passaggio intelligente nell’Evangeli gaudium, dove si indica la solidarietà come il passaggio successivo al piangere, per creare una rete positiva che migliori le condizioni della città. Accoglienza e solidarietà sono le due priorità.
Consiglierei a tutta la classe politica e a chi ha un ruolo di governo di non umiliare ulteriormente la città tradendola e di avere al contempo molta umiltà e molta visione. Se ho la visione ma non ho l’umiltà del lavoro finisco per perdermi e mi concentro nel piccolo interesse, ma anche l’umiltà deve avere la visione e cioè uno sguardo avanti per capire il senso del proprio lavoro.
La città si prepara al giubileo con un’anima ferita, quanta misericordia serve a Roma?
La misericordia verso Roma può essere esplicitata sia dal lato spirituale che da quello dell’impegno. Abbiamo tutti permesso che la città venisse umiliata e in tanti atteggiamenti siamo stati spettatori, guardando come se quanto accadeva non ci riguardasse, perché catturati nella logica dell’io. Questo anno della misericordia deve liberare energie positive e non solo nell’organizzazione stessa, ma nel viverlo come una grande opportunità di rinascita, di piena riconciliazione e di impegno rinnovato, perché la città ritrovi se stessa e il mondo degli invisibili abbia risposte. Serve uscire da una certa ipocrisia, di cose dette e non fatte, di cose sempre impossibili da fare e di fingere che i problemi non esistano o si possano sempre rinviare La misericordia ci fa ritrovare noi stessi magari malconci, ma veri e vivi.