Francesco nell’incontro di preghiera organizzato dalla Cei alla vigilia del Sinodo sulla Famiglia: «Abbracciare le situazioni di vulnerabilità»Il Sinodo «sappia ricondurre a un’immagine compiuta di uomo l’esperienza coniugale e familiare; riconosca, valorizzi e proponga quanto in essa c’è di bello, di buono e di santo». L’Assemblea dei vescovi «abbracci le situazioni di vulnerabilità» che «mettono alla prova» la famiglia: «Povertà, guerra, malattia, lutto, relazioni ferite e sfilacciate da cui sgorgano disagi, risentimenti e rotture; ricordi a tutte le famiglie che il Vangelo rimane “buona notizia” da cui ripartire». Con un avvertimento: «Se non sappiamo unire la compassione alla giustizia, finiamo per essere inutilmente severi e profondamente ingiusti». È l’appello lanciato da papa Francesco durante la Veglia di preghiera in piazza San Pietro promossa dalla Conferenza episcopale italiana (Cei), che si è svolta sabato, in vista della XIV Assemblea generale ordinaria dei pastori, che si apre domenica.
«La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo» è il tema del Sinodo, mentre «Le famiglie illuminano il Sinodo – Preghiera per il Sinodo con il Santo Padre Francesco» è stato il titolo dell’Incontro introdotto dal saluto di monsignor Nunzio Galantino, segretario della Cei.
Il Pontefice è stato salutato dal presidente della Cei cardinale Angelo Bagnasco.
Il Papa ha ricordato che «un anno fa, in questa stessa Piazza, abbiamo invocato lo Spirito Santo, chiedendo che — nel mettere a tema la famiglia — i Padri sinodali sapessero ascoltare e confrontarsi mantenendo fisso lo sguardo su Gesù, Parola ultima del Padre e criterio di interpretazione di tutto». Ecco che «questa sera non può essere un’altra la nostra preghiera. Perché, come ricordava il patriarca Atenagora, senza lo Spirito Santo, Dio è lontano, Cristo rimane nel passato, la Chiesa diventa una semplice organizzazione, l’autorità si trasforma in dominio, la missione in propaganda, il culto in evocazione, l’agire dei cristiani in una morale da schiavi». Papa Bergoglio quindi ha invitato apregare «perché il Sinodo che domani si apre sappia ricondurre a un’immagine compiuta di uomo l’esperienza coniugale e familiare; riconosca, valorizzi e proponga quanto in essa c’è di bello, di buono e di santo; abbracci le situazioni di vulnerabilità, che la mettono alla prova: la povertà, la guerra, la malattia, il lutto, le relazioni ferite e sfilacciate da cui sgorgano disagi, risentimenti e rotture; ricordi a queste famiglie, come a tutte le famiglie, che il Vangelo rimane “buona notizia” da cui ripartire». E ancora: «Dal tesoro della viva tradizione i Padri sappiano attingere parole di consolazione e orientamenti di speranza per famiglie chiamate in questo tempo a costruire il futuro della comunità ecclesiale e della città dell’uomo».
Francesco ha sottolineato che «ogni famiglia è sempre una luce, per quanto fioca, nel buio del mondo». E la stessa «vicenda di Gesù tra gli uomini prende forma nel grembo di una famiglia, all’interno della quale rimarrà per trent’anni. Una famiglia come tante, la sua, collocata in uno sperduto villaggio della periferia dell’Impero».
Il Papa ha poi affermato: è amando gli altri «che si impara ad amare Dio; è curvandosi sul prossimo che ci si eleva a Dio. Attraverso la vicinanza fraterna e solidale ai più poveri e abbandonati, egli comprese che alla fine sono proprio loro a evangelizzare noi, aiutandoci a crescere in umanità».
Il Papa ha spiegato che per capire oggi la famiglia, bisogna entrare «nel mistero della Famiglia di Nazaret, nella sua vita nascosta, feriale e comune, com’è quella della maggior parte delle nostre famiglie, con le loro pene e le loro semplici gioie; vita intessuta di serena pazienza nelle contrarietà, di rispetto per la condizione di ciascuno, di quell’umiltà che libera e fiorisce nel servizio; vita di fraternità, che sgorga dal sentirsi parte di un unico corpo».
Francesco ha anche evidenziato che la famiglia è «luogo di santità evangelica, realizzata nelle condizioni più ordinarie. Vi si respira la memoria delle generazioni e si affondano radici che permettono di andare lontano». È anche luogo «del discernimento, dove ci si educa a riconoscere il disegno di Dio sulla propria vita e ad abbracciarlo con fiducia». Inoltre, è «luogo di gratuità, di presenza discreta, fraterna e solidale, che insegna a uscire da se stessi per accogliere l’altro, per perdonare ed essere perdonati».
Dunque per il Sinodo occorre ripartire «da Nazaret», affinché l’Assise «più che parlare di famiglia, sappia mettersi alla sua scuola, nella disponibilità a riconoscerne sempre la dignità, la consistenza e il valore, nonostante le tante fatiche e contraddizioni che possono segnarla».
Così, «nella “Galilea delle genti” del nostro tempo ritroveremo lo spessore di una Chiesa che è madre, capace di generare alla vita e attenta a dare continuamente la vita, ad accompagnare con dedizione, tenerezza e forza morale. Perché – ha sottolineato – se non sappiamo unire la compassione alla giustizia, finiamo per essere inutilmente severi e profondamente ingiusti».
Una Chiesa «che è famiglia sa porsi con la prossimità e l’amore di un padre, che vive la responsabilità del custode, che protegge senza sostituirsi, che corregge senza umiliare, che educa con l’esempio e la pazienza. A volte, semplicemente con il silenzio di un’attesa orante e aperta».
In particolare, «una Chiesa di figli che si riconoscono fratelli non arriva mai a considerare qualcuno soltanto come un peso, un problema, un costo, una preoccupazione o un rischio: l’altro è essenzialmente un dono, che rimane tale anche quando percorre strade diverse».
La Chiesa è «casa aperta, lontana da grandezze esteriori, accogliente nello stile sobrio dei suoi membri e, proprio per questo, accessibile alla speranza di pace che c’è dentro ogni uomo, compresi quanti — provati dalla vita — hanno il cuore ferito e sofferente».
Una Chiesa così «può rischiarare davvero la notte dell’uomo, additargli con credibilità la meta e condividerne i passi, proprio perché lei per prima vive l’esperienza di essere incessantemente rigenerata nel cuore misericordioso del Padre».