di Gianni Valente
L’applauso suona scrosciante e liberatorio, quando Papa Francesco si rivolge direttamente a loro: «Vorrei, in modo speciale, esprimere la mia ammirazione e la mia gratitudine alle religiose degli Stati Uniti». Boato di gioia, sotto le volte neogotiche della cattedrale newyorkese di Saint Patrick. Che esplode ancora di più, quando il Papa prosegue la sua “laudatio”: «Che cosa sarebbe la Chiesa senza di voi? Donne forti, lottatrici. Con quello spirito di coraggio che vi pone in prima linea nell’annuncio del Vangelo. A voi, religiose, sorelle e madri di questo popolo, voglio dire “grazie”, un grazie grandissimo: e dirvi anche che vi voglio tanto bene». Così, con poche parole, il Successore di Pietro seppellisce anni di sospetti, ostilità, cattiverie e “accertamenti” dottrinali piovuti sulle su una parte consistente delle religiose Usa, anche con l’avallo e la regia di personaggi e settori vaticani.
Nella cattedrale di Saint Patrick, oggi stretta tra i grattacieli, costruita «col sacrificio di tanti uomini e donne», Papa Francesco è giunto attraversando ali di folla festante che lo attendevano lungo la strada, per incontrare una rappresentanza del clero e dei consacrati statunitensi. Ma le sue prime parole le ha rivolte ai «fratelli islamici», salutandoli nel giorno in cui celebrano la festa del sacrificio. Fa riferimento alla tragedia dei pellegrini musulmani schiacciati dalla calca alla Mecca: «Avrei voluto che il mio saluto fosse più caloroso, secondo i miei sentimenti… in questo momento di preghiera» dice «mi unisco e ci uniamo nella supplica a Dio Padre Nostro onnipotente e misericordioso».
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Nel suo discorso, dopo la recita dei vespri, rende testimonianza al lavoro di generazioni di sacerdoti, religiosi e laici «che hanno contribuito alla edificazione della Chiesa negli Stati Uniti». Il Papa inizia il suo intervento citando nei primi passaggi santa Elizabeth Ann Seton – la prima canonizzata nata negli Usa, co-fondatrice della prima scuola cattolica gratuita per le bambine degli Stati Uniti. E san John Neumann, fondatore del primo sistema di educazione cattolica del Paese, per sottolineare l’importanza fondamentale della missione educativa. Poi, prende subito di petto la questione più dolente e scomoda: parla della «vergogna a causa di tanti fratelli che hanno ferito e scandalizzato la Chiesa nei suoi figli più indifesi». Accosta la vicenda della pedofilia – senza mai usare questa parola – alla «grande tribolazione» annunciata nel libro dell’Apocalisse. Ma non si sofferma a analizzare con atteggiamento da patologo quella piaga che qualcuno vorrebbe tener aperta per sempre nel corpo vivo della Chiesa. «Vi accompagno in questo tempo di dolore e difficoltà», dice. E procede avanti, ringraziando Dio «per il servizio che realizzate accompagnando il Popolo di Dio», e offrendo alcune brevi riflessioni, con il proposito dichiarato di «aiutarvi a seguire nel cammino della fedeltà a Gesù Cristo».
Nella vita religiosa, e nella vita cristiana in genere – suggerisce Papa Francesco – «tutto parte dallo spirito di gratitudine». Solo «l’allegria degli uomini e delle donne che amano Dio attrae altri ad essi. La gioia che sgorga nel cuore grato, il cuore di chi può dire: «Abbiamo ricevuto davvero molto, tante grazie, tante benedizioni, e ce ne rallegriamo». Fa parte di questa gratitudine – riconosce Papa Francesco – anche «la grazia della memoria. Memoria della prima chamata, memoria del cammino percorso, memoria di tante grazie ricevute, e soprattutto memoria dell’incontro con Gesù Cristo, in tanti momenti lungo il cammino».
Ora, il riflesso autentico e efficace di una vera gratitudine – ha proseguito Papa Francesco, introducendo la seconda espressione-chiave del suo intervento – è «lo spirito di laboriosità. Un cuore grato è spontaneamente sospinto a servire il Signore e intraprendere uno stile di vita operoso. Nel momento in cui ci rendiamo conto di quanto Dio ci ha dato, il cammino della rinuncia a se stessi per lavorare per Lui e per gli altri diventa una via privilegiata per rispondere al suo grande amore». Se non è alimentato dalla gratitudine, lo spirito di sacrificio auto-prodotto prima o poi si spegne, si esaurisce, viene meno. E questo – ha aggiunto Papa Francesco – accade di solito in due modi, che sono «due esempi di spiritualità mondana: «possiamo cadere nella trappola di misurare il valore delle nostre fatiche apostoliche con il criteri dell’efficienza, del funzionalismo e del risultato esteriore, che regnano nel mondo degli affari», mentre «il vero valore del nostro apostolato viene misurato dal valore che esso ha agli occhi di Dio». Vedere le cose nella prospettiva di Dio – ha proseguito il Vescovo di Roma – «ci richiama ad una costante conversione al primo tempo della chiamata e, non c’è bisogno di dirlo, una grande umiltà.». La croce stessa di Cristo suggerisce «un modo diverso nel misurare il risultato: a noi spetta seminare, e Dio vede i frutti delle nostre fatiche. Se talvolta le nostre fatiche e il nostro lavoro sembrano infrangersi e non portare frutto, noi seguiamo Gesù Cristo…; e la sua vita, umanamente parlando, si concluse con un fallimento: il fallimento della croce».
Il secondo pericolo – ha messo in guardia Papa Francesco parlando ai sacerdoti e ai consacrati statunitensi – si fa strada quando «diventiamo gelosi del nostro tempo libero. Quando pensiamo che circondarci di comfort mondani ci aiuterà a servire meglio». Seguendo quella strada, a poco a poco, si può offuscare «la potenza della quotidiana chiamata di Dio alla conversione, e all’incontro con lui». Il riposo è necessario, riconosce il Papa, ma «dobbiamo imparare a riposare in una maniera che approfondisca il nostro desiderio di servire in modo generoso». E in questo orizzonte – ha suggerito Bergoglio – «la vicinanza ai poveri, ai rifugiati, ai migranti, ai malati, agli sfruttati, agli anziani che soffrono la solitudine, ai carcerati e a tanti altri poveri di Dio ci insegnerà un altro tipo di riposo, più cristiano e generoso».
Dopo aver pronunciato l’elogio delle suore statunitensi, Papa Francesco ha incoraggiato sacerdoti, consacrati e consacrate a non perdersi d’animo per le situazioni spesso demoralizzanti in cui conducono la loro opera apostolica: «So che molti di voi» ha detto il Successore di Pietro «stanno affrontando le sfide dell’adattamento in un panorama pastorale in evoluzione. Come san Pietro, vi chiedo che, davanti a qualsiasi prova che dovete affrontare, non perdiate la pace, e di rispondere come fece Cristo: ringraziò il Padre, prese la sua croce e guardò avanti.