Così si muore nel Golfo del Messico…Juan Manuel Gómez Fernández e Juan Manuel Gómez Monteverde, padre e fratello di Alejandro Gómez Monteverde, regista di Little Boy e di Bella (Metanoia Films, 2015 e 2006), originari di Tampico (Tamaulipas, Messico), prima commercianti di calzature e ora ristoratori e padroni di una piccola struttura di agricoltura e allevamento nel nord dello Stato di Veracruz, sono entrati a far parte della terribile lista di sequestrati e assassinati dai gruppi criminali che flagellano questa regione messicana di fronte all’imperturbabilità delle autorità politiche e poliziesche.
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Il bacino petrolifero che ha promosso il Messico nella prima metà del XX secolo, il nord dello Stato di Veracruz e il sud di quello di Tamaulipas, nel Golfo del Messico, è oggi campo d’azione di gruppi di delinquenti, cartelli della droga, sequestratori, ladri di petrolio, di rame, di bestiame, di qualsiasi cosa, ricalcando un po’ – molto – le orme dei Caminos sin Ley di Tabasco resi immortali da Graham Greene nel reportage giornalistico che è dietro a Il Potere e la Gloria, alla fine degli anni Trenta del Novecento.
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Tamaulipas e Veracruz sono entrati in appena un decennio a far parte delle statistiche del terrore, diventando due degli otto Stati più violenti del Messico, con l’incentivo per i delinquenti e le “autorità” migratorie del fatto che vi passano migliaia di migranti centroamericani diretti negli Stati Uniti. La frontiera di Tamaulipas con il Texas – Matamoros, Reynosa, Río Bravo, Nuevo Progreso e Nuevo Laredo – è il “punto caldo” del nord-est messicano e una delle zone con il più alto indice di criminalità del Paese.
Il sud di Tamaulipas e il nord di Veracruz, divisi solo dal fiume Pánuco, sono diventati il “gioiello della corona” del regno della delinquenza, e ora è stata la famiglia del cineasta Alejandro Gómez Monteverde, amico e collaboratore del famoso attore Eduardo Verástegui, a cadere nelle grinfie del crimine e dell’impunità.
“Privati illegalmente della loro libertà”, eufemismo con cui le autorità messicane camuffano la parola “sequestro”, dal 4 settembre, quando stavano uscendo dalla propria casa di Tampico, i due sono stati ritrovati vicino all’antica Brecha de la Huasteca, una zona per molti anni servita all’industria petrolifera messicana, il 19 settembre in una fossa clandestina di Pueblo Viejo, Veracruz.
La notizia ha guadagnato i titoli dei media per la vicinanza del regista Alejandro Gómez Monteverde all’attore e attivista cattolico Eduardo Verástegui, anch’egli originario dello Stato di Tamaulipas. Sul suo account Twitter, Verástegui ha infatti inserito questo messaggio: “Le mie condoglianze più sentite, fratello dell’anima. Vi voglio molto bene. Metto il mio cuore nelle vostre mani e vi accompagno in questo profondo dolore”.
I due hanno realizzato insieme film come Little Boy e Bella. Quest’ultima pellicola ha fatto diventare famosa la compagnia produttrice e si è guadagnata il riconoscimento del pubblico per il suo grande valore umano e cristiano, ottenendo anche il premio People’s Choice al Festival di Toronto. In un altro messaggio Twitter, Verástegui ha scritto: “Con il cuore pieno di dolore e di tristezza, chiedo le vostre preghiere per mio amico Alejandro Gómez Monteverde e per tutta la sua famiglia”.
Si dice che in Messico sia diminuito il numero dei sequestri. Non ci sono cifre affidabili, come non ce ne sono per le sparizioni o per le sparizioni forzate. Quella che esiste è una media del 95% di crimini che restano impuniti, che non vengono perseguiti, i cui autori continuano a godere della libertà di delinquere.
La società di Tampico ha fatto sapere attraverso le reti sociali di essere stanca e addolorata per la morte di queste due persone molto conosciute e stimate nel porto. “Tampico è in lutto”, si legge in moltissimi messaggi inseriti in rete. Il commento generale, tuttavia, è che questo crimine esecrabile è diventato noto per la fama del figlio e fratello delle vittime e per la sua vicinanza a Verástegui, ma cosa accade con il numero indeterminato di sequestri e crimini che vengono commessi quotidianamente nella regione senza che nessuno lo sappia o ne parli?
Varie persone intervistate da Aleteia, che preferiscono mantenere l’anonimato per ragioni evidenti, riferiscono che il “movente” del sequestro e del successivo assassinio di padre e figlio era privarli dei loro beni e chiedere un riscatto per il loro rilascio. È diventato un modus operandi frequente dei cartelli della droga, che hanno messo da parte questo affare lucroso per timore dell’Esercito o della Marina e si sono dedicati a sequestri ed estorsioni, soprattutto nei confronti di piccoli proprietari di strutture agricole e di allevamento che non possono pagare guardie di sicurezza – né hanno mai pensato di assoldarne.
Si sa che la famiglia aveva già pagato il riscatto richiesto dai delinquenti. I corpi senza vita presentavano tracce di tortura e un brutale trauma cranio encefalico, che dimostra che sono stati uccisi a colpi in testa. Joseph Conrad definirebbe questo episodio come quello che scrive alla fine del suo romanzo Cuore di tenebra: si tratta solamente dell’orrore.
[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]