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5 argomenti inconfutabili in difesa della VITA

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Catholic Link - pubblicato il 16/09/15
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Alcuni fatti contro le idee pro-choice e a favore del diritto alla vita per tuttidi Silvana Ramos

La vita umana inizia al momento del concepimento. È un dato scientifico. 23 cromosomi della madre e del padre si uniscono e danno luogo a un essere con 46 cromosomi che ha caratteristiche uniche e irripetibili nella storia dell’umanità.

Le mie tre gravidanze mi sono costate molto. Il mio corpo è cambiato in modo drammatico, ma lo ha fatto anche tutto il mio essere. Non penso né provo più le stesse cose rispetto a niente nella vita. La gravidanza è un processo complesso che coinvolge la madre e tutto il sistema che le sta attorno. Credo che sia l’opera di donazione più grande che esista, perché doni il tuo corpo perché ospiti un altro essere umano che sarà sempre tuo figlio.

Non è una novità che il mondo occidentale sia diviso a livello di gravidanza e vita. La posizione a favore dell’aborto, nota anche come pro-choice, afferma che è una decisione unica ed esclusiva della donna fare ciò che vuole con il proprio corpo. Questo ovviamente arriva alla sua massima espressione quando la donna è capace di disfarsi del figlio attraverso un aborto per decisione propria. La chiamano presa di potere della donna. Spesso le argomentazioni usate suonano così “ragionevoli” che se non abbiamo informazioni reali, scientifiche e affidabili restiamo senza parole, e in alcuni casi ci viene anche il dubbio se abortire in certe circostanze non sia la scelta migliore per una donna. Questa galleria ci presenta alcuni fatti che ribattono alle idee abortiste e spiega che tutti abbiamo il diritto alla vita, anche un bambino che cresce nel grembo della madre. Spero che vi aiuti, e se qualcosa non è chiaro commentiamolo!

1. Il corpo dell’embrione non è il corpo della madre
baby

© Amy/Flickr

Il corpo dell’embrione è un corpo completamente diverso da quello della madre. Ha una genetica unica e irripetibile da quel primo momento del concepimento in cui tutte le sue caratteristiche sono già state definite. Anche se il bambino in quel momento non può difendersi, questo non gli toglie umanità. Lo stesso accade a un neonato. Neanche lui può difendersi, ma continua ad essere una persona. Entrambi hanno bisogno della madre, e non è diritto della madre disfarsi di nessuno. In nessuno dei due casi sono il suo corpo.

A 4 millimetri, 6 settimane di gestazione, il cuore del feto batte forte.

2. L’“aborto terapeutico” non cura
baby

© Amy/Flickr

Terapia significa curare, e l’aborto non cura nulla. Ci sono gravidanze ad alto rischio, è vero. La tecnologia è così avanzata che è possibile prendere le misure necessarie per cercare di salvare entrambe le vite. In questo tentativo può succedere che una di queste purtroppo si perda. Non si può controllare, ma non dobbiamo decidere quale si salva e quale no. Ci sono migliaia di testimonianze di madri che rifiutano le cure per non influire sulla gravidanza. Non si cura la madre uccidendo il bambino. Lo stesso accadrebbe nel caso contrario, uccidendo la madre non si cura il bambino.

A 1 centimetro, 8 settimane di gestazione, ha già sviluppati cuore, cervello, gambe e braccia. Fa i primi tentativi di toccarsi il viso.

3. Un aborto dopo una violenza aumenta il dolore e la tragedia dell’atto
bebe llorando

© Amy/Flickr

La violenza sessuale è un’aggressione spaventosa. È un dato di fatto. Se il prodotto di quella violenza è una gravidanza, il fatto di disfarsi del bambino concepito non diminuirà il dolore o il trauma. Al contrario, un aborto provoca un danno maggiore, perché la donna va contro ciò che c’è di più profondo nel suo essere. La sindrome post-aborto esiste e aggrava queste situazioni. Eliminare un bambino non è la soluzione più giusta a un atto di violenza simile. C’è un’infinità di testimonianze che sottolineano che portare avanti la gravidanza prodotto di una violenza è un processo di riconciliazione e amore.

A 5 centimetri, 10 settimane di gestazione, le impronte digitali che lo identificheranno per sempre sono già definite.

4. Eliminare un bambino portatore di handicap non frena il dolore

eugenesia

© Felipe Fernandes/Flickr

L’aborto eugenetico, ovvero abortire un bambino a causa delle sue condizioni, non pone fine al dolore dei genitori o del bambino stesso. È dimostrato scientificamente che il desiderio di vivere, l’atteggiamento verso il futuro e la vulnerabilità alla frustrazione sono le stesse nelle persone con handicap e senza. Non c’è differenza nel desiderio di vivere. Porre fine alla vita di un bambino portatore di handicap contribuisce solo alla cultura dello scarto. Significa trasformare l’essere umano in un oggetto, una situazione in cui a quanto pare alcuni valgono più di altri.

A 12 settimane di gravidanza, il bambino ha le dimensioni di un fagiolo. Ci si rende conto di essere incinta e il bambino già si succhia il dito.

5. Devono nascere solo i bambini desiderati?

bebes

© Amy/Flickr

I sentimenti sono così volatili che questa argomentazione si diluisce da sé. Come sai che non desidererai questo bambino in una fase più avanzata della tua gravidanza? Quello che provi oggi domani cambierà. È impossibile conoscere il futuro, men che meno il futuro dei sentimenti.

Un bambino di 14 settimane sa già cos’è il dolore. Fugge dagli aghi. Il suo sistema nervoso è formato e il suo cervello già riceve segnali che gli permettono di discernere che quello fa male.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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