Ave Spes Unica (in margine alla festa dell’esaltazione della Croce)Questa è la più antica raffigurazione che si conosca del Crocefisso: è databile tra il 100 e il 300 D.C. ed è ancora più significativa perché è stata prodotta evidentemente come una satira anticristiana, l’immagine infatti rappresenta un asino crocefisso e la scritta dice “Alesamenos adora il suo dio”.
E tuttavia questa immagine deve essere particolarmente cara a noi cristiani, perché dimostra tutta una serie di dati che tanti, che devono la loro preparazione storica più a wikipedia che a uno studio rigoroso, oggi mettono in discussione:
- Fin dagli inizi del Cristianesimo, ben prima che fosse solennemente definita nei concili ecumenici, i Cristiani riconoscono e adorano la divinità di Gesù di Nazareth
- Fin dagli inizi del Cristianesimo la morte di Gesù in croce è l’evento centrale e qualificante del Cristianesimo, quello che più di ogni altro lo definisce
- Fin dagli inizi del Cristianesimo i Cristiani hanno venerato la Croce e questo ha attirato su di loro il disprezzo e l’incomprensione dei pagani
Voglio soffermarmi su quest’ultimo aspetto perché a noi riesce difficile oggi capire quanto potesse essere scandalosa l’adorazione della croce in un tempo in cui ancora la crocifissione era una tortura comunemente praticata, per rendersene conto provate ad immaginare di andarvene in giro esibendo sul petto, appesa ad una catenella, non la croce, ma un patibolo!
Capisco però il fastidio di chi provenendo da una cultura non cristiana non riesce ad adattarsi a questo simbolo, così provocatorio: in fondo noi ci inginocchiamo di fronte ad un uomo torturato ed appeso come un quarto di bue! Siamo noi, noi cristiani, quelli che hanno la responsabilità di dire a tutti quanto sia bello adorare un Dio crocifisso e come la Croce sia la nostra vera speranza (Ave Spes Unica, canta la Chiesa in uno degli inni più belli dedicati alla Croce) perché ci rivela un volto di Dio che altrimenti nessuno avrebbe mai potuto immaginare.
Noi non adoriamo il dolore, non siamo masochisti, ma l’amore che in quel dolore trova la sua espressione più alta. Chi avrebbe mai potuto immaginare che il volto di Dio non è quello di un Tiranno freddo e distante, ma quello di un amico disposto a sacrificare se stesso per la nostra vita? Chi avrebbe mai potuto immaginare che Dio è Padre non nel senso freudiano del termine, ma perché perdona fino all’inverosimile?
La Croce ci rivela chi è Dio, uno che come dice S. Ambrogio nel meraviglioso finale dell’Hexameron si riposa nel perdonare, che considera conclusa la Creazione del mondo perché finalmente ha trovato qualcuno da salvare, fino a poter dire che l’evento della Passione e Morte di Gesù è quello che illumina e dà senso a tutta la Creazione del mondo, tanto che potremmo quasi dire che il mondo esiste perché doveva esserci un pezzo di terra su cui piantare la Croce e perché doveva esserci un uomo che potesse ricevere questa sovrabbondanza d’amore!
E rivelandoci chi è Dio la Croce ci rivela anche chi è l’uomo, ci rivela il senso e il mistero della nostra vita. A volte abbiamo la sensazione di vivere immersi nell’assurdo, nell’incomprensibile, dubitiamo di noi stessi e della bellezza della vita, ma la Croce mi dice: “tu vali il sangue di un Dio!”. Non è vero che la tua vita non vale niente, non è vero che vivi senza un perché… vivi per essere amato e perdonato.
Credo che la nostra vita è in equilibrio tra due abissi di incomprensibilità, da una parte il mistero di un amore che resta incomprensibile perché ci eccede da ogni parte, dall’altra l’abisso dell’assurdo che inevitabilmente si spalanca sotto di noi se rifiutiamo questo mistero. Nietzsche ha mostrato in modo inconfutabile l’impossibilità di dare un fondamento razionale alla vita, se si prescinde da questo mistero insondabile. La Croce non si può capire, è troppo al di là delle nostre categorie e delle nostre possibilità, si può solo venerare, come l’origine e la causa di ogni bene che possiamo aspettarci in questa vita.