Il Patriarca Sako è preoccupato dall’esodo in massa che sta svuotando la regione. Italia in prima fila ma non siamo i più “accoglienti”…Si dice preoccupato Louis Raphael I, Patriarca caldeo di Baghdad, intervistato da Vatican Insider circa l’esodo siriano verso altri paesi e la richiesta da parte dei fedeli di un aiuto da parte delle istituzioni ecclesiastiche a lasciare il paese al collasso. «Adesso la nostra gente ci critica. Vogliono che noi troviamo per loro gli aerei, i visti per partire e anche le case di accoglienza nei Paesi europei. Questo è impossibile. Uno Stato non può farlo. E non può farlo neanche la Chiesa». Il vescovo è preoccupato anche dell’improvviso interesse occidentale per la questione Medio Orientale dopo 4 anni di guerra civile in Siria e ben 12 di conflitto permanente in Iraq. In particolare il timore è quello di vedere svuotato il Medio Oriente dalla presenza cristiana, l’unica capace di fare da mediatrice nei conflitti tra fazioni islamiche. A ben guardare il tentativo populistico di dire “accogliamo prima i cristiani” oltre a non rendere giustizia di un dramma che riguarda tutti, rischia di fare estinguere comunità millenarie e fare il gioco proprio dei jihadisti, che dell’epurazione religiosa hanno fatto un imperativo.
«Sento dire – prosegue il Patriarca – che vogliono giovani, che non vogliono i vecchi e i malati. E su questa linea convergono governi di destra e di sinistra. C’è qualcosa di strano. Io posso confermare che non vanno via solo gli sfollati. I preti mi raccontano che sta andando via anche chi economicamente non sta messo male, magari ha il lavoro in banca. Gente che non avrebbe bisogno. Sentono che adesso si è aperta un’occasione, temono che presto questa finestra si chiuderà, e ne approfittano. Mentre quelli davvero più poveri non ci pensano a andar via. È una perdita per tutti. Vanno via le forze migliori, le uniche che potevano tentare di ricostruire ciò che è stato distrutto in questi anni. E questo riguarda noi cristiani in maniera particolare. I cristiani con la convivenza, con la loro apertura e la loro umanità, potevano avere un ruolo decisivo nella terra dove sono nati e sono sempre vissuti i loro padri. Potevano anche col tempo aiutare i loro concittadini musulmani a liberarsi dell’ideologia jihadista che fa tanto soffrire anche loro. Noi abbiamo aperto chiese, ma anche scuole, ambulatori e ospedali. C’è una rete di realtà che per tanto tempo ha contribuito realmente a migliorare la convivenza e le vita sociale della collettività, offrendo un servizio a tutti. Adesso anche tutto questo è destinato a spegnersi» (Vatican Insider, 14 settembre).
Allarghiamo ora la questione. La domanda che qualcuno potrebbe porsi è quindi: perché vengono via mare se hanno i soldi?
Come spiegato dal sito di Wired, secondo la direttiva 2001/51/CE del Consiglio dell’Unione Europea, le compagnie aeree possono anche non chiedere il visto (altrimenti obbligatorio) ai passeggeri che godranno poi dello status di rifugiati. Quindi questa possibilità si applica a chi fugge da una guerra o è discriminato nel suo Paese per motivi politici, religiosi, razziali o di nazionalità. Ma lo status di rifugiato verrà valutato e deciso solo una volta arrivati in uno dei Paesi Membri. Se uno dei passeggeri caricati senza visto risulta non idoneo allo status di rifugiato, l’Unione Europea obbliga le compagnie aeree a rimandarlo indietro a loro spese. Come è facilmente intuibile, una compagnia aerea difficilmente si prenderebbe questo rischio economico. Ecco perché devono arrivare in maniera clandestina (Wired, 9 settembre).
Cosa fanno i paesi limitrofi?
Dipende. Ci sono paesi come la Turchia e il Libano che stanno attivamente accogliendo la larghissima maggioranza dei profughi siriani (insieme i due paesi accolgono il 75% del totale dei profughi, cioé oltre 3 milioni di persone). Ma anche la Giordania (quasi 700 mila persone) l’Egitto e l’Iraq (che certo non si trova in condizioni tanto migliori della Siria) accolgono oltre 100 mila persone ciascuno.
I paesi che invece non fanno assolutamente nulla sono gli Emirati e l’Arabia Saudita oltre che Israele.
Shame on you! #Welcoming_Syria‘s_refugees_is_a_Gulf_duty pic.twitter.com/KRof4eiPJH
— Raluca Victoria (@RaluVicL) 4 Settembre 2015
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Per giustificare il loro atteggiamento – spiega il Fatto Quotidiano – , i governi del Golfo ricorrono ad argomentazioni come la sicurezza, la minaccia del terrorismo e il rischio che si stravolga il mercato del lavoro a danno dei loro cittadini. Ma il Washington Post sottolinea che la scarsa generosità della regione nei confronti dei siriani non riguarda solo l’accoglienza. La regione ha infatti destinato, complessivamente, circa un miliardo di dollari ai profughi siriani, mentre gli Stati Uniti da soli ne hanno versati circa quattro volte tanto. Il dato colpisce soprattutto se paragonato all’enorme investimento saudita in Yemen, dove ha lanciato una campagna militare contro i ribelli sciiti, innescando una guerra di cui per ora non si vede la fine (4 settembre).
Per quanto riguarda Israele invece la politica di accoglienza da parte del paese è critica fin dalla sua fondazione. Dal 1948 ad oggi infatti, Israele ha riconosciuto lo status di rifugiato soltanto in 200 casi. Benjamin Netanyahu ha ribadito che Israele è troppo piccolo per accogliere dei rifugiati, paventando il rischio di infiltrazione di terroristi, il leader di opposizione Herzog invece spinge per aiutare l’Europa in questo frangente (Washington Post, 6 settembre).
Quanto incide l’Italia nel sistema dell’accoglienza?
Fa una sintesi schematica ma accurata il quotidiano Repubblica che spiega come l’Italia – pur in prima linea – non è quella maggiormente impegnata nell’accoglienza che attualmente dedica risorse per meno di 100 mila profughi e che se l’anno scorso ha impiegato 628 milioni di euro, per il 2015 sono stanziati 800 milioni, ma bisogna tenere presente che l’Europa destinerà all’Italia 560 milioni di euro di aiuti.
Ma gli immigrati sono un costo per l’Italia?
Ormai è assodato che la ricchezza annualmente prodotta dagli stranieri in Italia è piuttosto alta, e anche il loro apporto demografico è importante, perché permettono un parziale svecchiamento della popolazione. Il Pil creato ogni anno dai lavoratori stranieri è di circa a 123 miliardi di euro, cioè l’8,8% del totale nazionale. Anche calcolando tutti i costi di inserimento (il welfare, il contrasto alla migrazione illegale, le politiche di accoglienza) l’erario italiano ha un guadagno netto di quasi 4 miliardi di euro. Oltre 800 mila bambini (la metà nata in Italia) vanno a scuola in Italia, garantendo così cattedre e quindi posti per gli insegnanti.
Chi sono i migranti che arrivano sulle nostre coste?
Finora, nel 2015, sono per lo più eritrei (29.019), nigeriani (13.788), somali (8.559), sudanesi (6.745) e siriani (6.324). Dunque in gran parte migranti che hanno diritto a una qualche forma di protezione internazionale.
L’Italia ospita “troppi” rifugiati?
Al di là delle immagini e dei proclami populistici si può affermare che rispetto alle dimensioni demografiche italiane, no, non ne accogliamo poi così tanti. Stando ai dati forniti dall’Unchr (l’agenzia Onu per i rifugiati): “Il numero di rifugiati accolti dall’Italia rimane modesto se comparato a quello di altri Paesi in Europa e nel mondo in media, infatti, l’Italia accoglie 1 rifugiato ogni mille residenti, ben al di sotto della Svezia (con più di 11 rifugiati ogni mille) e della Francia (3,5 ogni mille). Per non parlare di casi limite: in Medio Oriente il Libano, al confine con la Siria, ospita circa 1,2 milioni di rifugiati, pari a un quarto della popolazione del Paese”