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La medicina salvò l’etica (o forse no)

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L'Osservatore Romano - pubblicato il 10/09/15
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Scienziati e dignità umanadi Carlo Petrini

 

La bioetica è nociva? In un intervento intitolato «The moral imperative for bioethics», pubblicato nei giorni scorsi in «The Boston Globe», lo psicologo Steven Pinker sostiene che il primo dovere morale della bioetica dovrebbe essere togliersi di mezzo: un bioeticista che rispettasse davvero l’etica non dovrebbe, secondo Pinker, ostacolare la ricerca con principi nebulosi come “dignità”, “sacralità”, “giustizia sociale”.

Eugenio Taccini, «Pinocchio e i medici» (2000)

Secondo Pinker la bioetica impedisce il raggiungimento di risultati benefici per l’umanità perché, ingiustamente, vede nella ricerca la causa di catastrofi future simili “alla bomba atomica” o a un “circo dei mostri con eserciti di Hitler clonati”. Soprattutto da una decina di anni accade periodicamente che qualche autore, più o meno noto, scriva pesanti accuse contro la bioetica e scateni un notevole baccano, anche se in genere di breve durata. L’intervento di Pinker ha suscitato un diluvio di commenti, che hanno inondato non solo i vari blog e forum online, ma anche riviste scientifiche di ogni livello, incluse le più prestigiose, come «Nature».

Alcuni concentrano le critiche principalmente sui comitati etici. Altri — e Pinker è sulla scia di questi — criticano soprattutto il fatto che la bioetica richiami continuamente i valori fondamentali. Secondo tali autori i valori fondamentali sono (nella migliore delle ipotesi) inutili, oppure addirittura un nocivo fardello. La “dignità umana” è uno dei principi più criticati: si possono ricordare a questo proposito, per esempio, il noto articolo di Ruth Macklin pubblicato nel 2003 nel «British Medical Journal» con il titolo «Dignity is a useless concept», nonché il duro intervento dello stesso Pinker nel 2008 sulla “stupidità della dignità” (ma anche le decine di commenti critici che entrambi hanno ricevuto).

Nel 1982, in un celebre saggio, il filosofo Stephen Toulmin sostenne che la bioetica, da circa un decennio configuratasi come disciplina autonoma, avesse salvato l’etica: infatti, secondo Toulmin, i nuovi risultati della medicina raggiunti negli anni precedenti (per esempio trapianti, dialisi, progressi della genetica, pillola contraccettiva) costrinsero gli eticisti a confrontarsi con problemi concreti e a trovare soluzioni operative, abbandonando inutili speculazioni astratte.

Oggi ci si potrebbe chiedere se l’etica abbia restituito il favore alla medicina. Leggendo Pinker, così come altri autori critici verso la bioetica, dovremmo dare risposta negativa: la bioetica sembrerebbe un ostacolo soffocante che impedisce il progresso della biomedicina.

In realtà, con un’analisi scevra da pregiudizi, difficilmente si può affermare che la bioetica impedisca o abbia impedito alla ricerca il raggiungimento di risultati. Nei vari commenti a Pinker, molti autori sottolineano innegabili (e abbastanza ovvie) evidenze, e in particolare il fatto che l’etica non contrasta la ricerca e il progresso, bensì impedisce che essi causino gravi danni alle persone. Si possono citare, a questo proposito, numerosi esempi di ricerche che, in assenza di un vaglio etico, sono state condotte violando gravemente i diritti umani. A chi dimentica ciò si potrebbe suggerire la lettura, per esempio, di The abuse of man di Wolfgang Weyers o di Dark medicine di William R. LaFleur e coautori. L’accusa secondo cui il richiamo ai principi fondamentali, come la dignità della persona e la giustizia, costituisce un ostacolo è, quindi, facilmente smentita dai fatti.

Vi sono, però, altri modi con cui la bioetica può diventare un freno alla scienza. Due tra questi meritano particolare attenzione: la burocratizzazione e la perdita di vivacità culturale. La burocratizzazione è un problema reale. Il secondo rischio, e cioè la perdita della funzione di stimolo da parte della bioetica, fu messo in evidenza già nel 1999 da Albert R. Jonsen in una lectio magistralis tenuta all’American Society for Bioethics and the Humanities. Dalla lectio fu tratto un gustoso articolo intitolato «Why bioethics has become so boring?». Secondo Jonsen la bioetica è diventata noiosa per molte ragioni. Una di queste è il fatto che la bioetica è diventata una riverita parte del mondo della medicina e della scienza. Al contrario, i primi bioeticisti, agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso, erano outsider e gli scienziati li percepivano come stranieri. L’etica non ha soffocato la medicina, ma forse ha bisogno di essere nuovamente salvata, per affrancarsi dalla burocrazia, dalle sterili dispute politiche, dallo stato liquido tipico di tanta parte delle nostre società.

QUI L’ORIGINALE

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