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Storie di uomini e donne di Dio

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Se decidi di obbedire a Dio, poi lui obbedisce a te…
Distrattamente devo aver fatto qualcosa di buono, evidentemente senza rendermene conto, per meritare, ormai per il terzo anno di fila, un regalo come questo. Una famiglia di cari amici ci ha invitati per una settimana in casa loro, in un minuscolo paese nel cuore dell’Italia (abitanti: uno, in inverno; qualche decina in estate), a 1200 metri di altezza, 1200 più 3, per l’esattezza, perché a noi viene assegnato il secondo piano della casa, in esclusiva, in modo che grazie alla ferrea disciplina militare della famiglia lo possiamo rapidamente colonizzare con una capillare azione offensiva: in pochi minuti pennarelli, cani di pezza, carte di goleador, libri sul tifo inglese e cuffiette Apple vengono posizionati nei punti strategici sui molti metri quadri a nostra disposizione, per segnare il possesso del territorio.

Intanto disotto, alle nostre spalle, si cucinano pranzi e cene da sogno per noi, sulla brace o nel forno a legna (le pur lunghe passeggiate non spiegano come mai un apporto calorico all’incirca decuplicato rispetto al mio standard non mi abbia portato all’aumento di peso, neanche un etto. Alla beatificazione ormai certa dei nostri ospiti questo dovrà certamente essere ascritto come miracolo).

Il posto della nostra vacanza da sogno ha inoltre questa caratteristica quasi magica di essere a circa un’ora da qualsiasi cosa: mare, montagna, cascate. Un po’ come a Roma, che ovunque tu debba andare ci metti un’ora sempre, solo che in quel caso le mete sono il dentista, il catechismo, il luogo dell’intervista, e i tre appuntamenti sono a venti minuti uno dall’altro. Comunque, la divagazione era per dire che siamo stati portati in posti meravigliosi, cime, vallate, ruscelli, cascate, laghi, città e paesi. Tornati a casa ho chiesto ai figli quali fosse stato il ricordo più bello. Avrei detto il ghiacciaio sopra i duemila metri, o le salite in alto. Invece sono state le visite ai luoghi di San Benedetto e di Santa Rita a vincere la top ten.
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Le storie di un uomo e di una donna che hanno saputo legare la loro vita a quella di Gesù, che hanno vissuto per Cristo hanno una potenza che non può morire, profuma troppo, risponde a quell’infinito desiderio che tutti abbiamo, anche quando non ne siamo consapevoli, anche quando gli diamo altri nomi e cerchiamo altre risposte.

San Benedetto ha deciso di “nulla anteporre all’amore di Cristo”. Un criterio che gli ha permesso di vivere per Cristo come il figlio vive per il Padre. La vita divina è talmente un’altra cosa, talmente diversa da quella umana, che tutte le opere cambiano forma, senso, si animano di un vigore inaccessibile all’uomo, neanche con tutti gli sforzi di volontà possibili. E infatti Benedetto con il monachesimo che ha fondato in occidente ha dato vita a una cultura che prima di lui non c’era, una civiltà ricchissima, un trionfo di cultura e intelligenza, che ha portato progressi decisivi in molti campi, progressi di cui godiamo ancora oggi noi tutti. Ma più di tutto quello che colpisce in quest’uomo è la sua unione continua con Cristo. Tutta la sua storia – bellissima la vita di San Gregorio Magno – è costellata di miracoli, perché come dice Santa Teresa d’Avila, se tu obbedisci a Dio lui obbedisce a te, e i miracoli te li tira dietro. Non vivi più la tua vita, ma quella divina, e le leggi della natura si piegano a quelle superiori.

Anche la stori11863394_10206565122039707_5156735519127099350_na di Santa Rita è costellata di fatti miracolosi, anche lei ha vissuto con un cuore tormentato dalla gloria di Gesù Cristo, e il Signore non l’ha mai delusa. Io che sono una mamma posso solo lontanamente provare a immaginare cosa costi a una madre pregare perché i suoi figli muoiano prima di cadere nel peccato mortale. Pregare per la salvezza delle loro anime prima che di quella del corpo, quando è della carne della tua carne che si tratta deve essere davvero impossibile, se non si crede fermissimamente che la vita secondo Dio viene prima di tutto, che ogni istante si può vivere sotto lo sguardo di Dio, e così venire trasfigurato. Così avvenne quando per umiliarla la madre superiora disse a quella vedova che, persi i suoi figli, era entrata nel monastero della Agostiniane di annaffiare un legno secco. Rita obbedì senza sbuffare, senza ribellarsi, certa che ogni umiliazione anche ingiustificata e immeritata, se accolta per amore di Cristo porta frutto. Così il bastone germogliò, e la vite che ne nacque fa ancora vino, ogni anno. Un ottimo pensiero da mettere nel cuore, nella borsa tornando alla vita feriale. A volte anche a noi capita di annaffiare un legno secco, ma il dato è del tutto irrilevante se non è per quel legno ma per qualcun altro che stiamo vivendo.

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