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Perché si verifica la persecuzione dei cristiani in Medio Oriente?

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René Hannah Hattar - Aleteia - pubblicato il 23/07/15
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Il fatto di professare una religione pacifica li rende vulnerabili
Vedendo ultimamente le notizie ci troviamo di fronte a un Medio Oriente in cui non cessa la violenza, in cui le vittime che soffrono una persecuzione storica sono cristiane. Una delle domande che sorgono per via di questa situazione è perché siano soprattutto i cristiani ad essere il bersaglio.

La risposta non è semplice. Esistono varie ragioni per spiegare le cause della persecuzione dei cristiani in questa regione del mondo, ma prima di menzionarne alcune bisogna dire che accanto a quella sui cristiani lo Stato Islamico mette in atto una violenza indiscriminata. Ne è prova ciò che si è visto durante la recente guerra in Siria, dove gruppi come gli yazidi sono stati perseguitati, ma è vero che tra le minoranze note nel mondo islamico i cristiani rappresentano il gruppo più rilevante a livello numerico e non, storicamente considerato oppositore alla regione maggioritaria, l’islam.

In primo luogo, essendo una minoranza in terre a maggioranza islamica i persecutori percepiscono i cristiani orientali come gruppi vulnerabili, facilmente manipolabili, capro espiatorio nel conflitto.

In secondo luogo, la posizione non violenta dei gruppi cristiani li trasforma in una vittima facile. Gli esempi di questo atteggiamento sono stati chiari nella storia dei cristiani orientali, caratterizzata dalla loro fedeltà al messaggio di Gesù Cristo, con un deciso coinvolgimento in cause e dinamiche non violente. Soprattutto per una rigenerazione culturale della loro ricchezza storica.

Ad esempio, durante il XIX secolo gli arabi cristiani nella zona della grande Siria (oggi Siria, Libano, Giordania, Israele e Palestina) sono stati i promotori del rinascimento arabo o Nahdah. Scienziati, giornalisti e filologi cristiani hanno “risuscitato” la lingua araba dopo secoli di decadenza, fondando quotidiani, riviste e centri culturali e gettando le basi del nazionalismo arabo contemporaneo.

Secondo gli insegnamenti di Gesù, i cristiani accettano il fatto che il martirio faccia parte della loro fede: “Allora vi consegneranno ai supplizi e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome. Molti ne resteranno scandalizzati, ed essi si tradiranno e odieranno a vicenda” (Mt 24, 9-10).

Nei suoi inni, Sant’Efrem di Nisibe affermava nel 363 durante la persecuzione dell’imperatore Giuliano che quella circostanza era la prova per distinguere il vero cristiano, che va alla “vigna” anche in inverno, subendo l’assenza di frutti visibili ma perseverando in Cristo.

Ecco una ragione importante che ha portato la grande maggioranza dei cristiani ad accettare la morte come parte del loro impegno e della loro testimonianza di fede. La ricca eredità storica e liturgica di questa terra si unisce al loro esempio di testimoni eccezionali di donazione. Esempio vivo di fede, amore e perdono.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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