L’azione ecumenica di Madre Maria Pia Gullini e la trappa di Vitorchiano
Molti conoscono la figura di Maria Gabriella Sagheddu, o "suor Gabriella dell'unità", beatificata nel 1983 da Giovanni Paolo II e proposta come modello di ecumenismo per aver offerto, giovanissima, la sua vita per l'unità dei cristiani. E' rimasta, invece, in secondo piano la figura di Maria Pia Gullini, la badessa della trappa di Grottaferrata dove maturò la scelta della giovane suora e che fu, proprio per impulso della badessa, uno dei primissimi centri per l'ecumenismo spirituale destinato a una grande fioritura soprattutto dalla fine degli anni Sessanta. Proprio l'afflusso di tante vocazioni provocò lo spostamento del monastero benedettino di stretta osservanza nell'attuale sede di Nostra Signora di san Giuseppe a Vitorchiano, oltre alla formazione di nuove comunità nei quattro continenti. Un libro per le Edizioni Cantagalli di Mariella Carpinello, docente all'Istituto di teologia della vita consacrata della Pontificia Università Lateranense-Claretianum, "Monachesimo femminile e profezia. L'azione ecumenica di Maria Pia Gullini" ricostruisce la vicenda della badessa e della trappa di Vitorchiano gettando luce sul ruolo essenziale svolto all'interno del monachesimo femminile.
Cosa rappresenta la trappa di Vitorchiano per il monachesimo femminile?
Carpinello: Il monachesimo femminile cristiano è un fenomeno di enorme portata che ha inciso profondamente nella vita e nella cultura con delle costanti che continuamente si rinnovano. La grandezza dell'esperienza della trappa di Vitorchiano, e prima di Grottaferrata, è proprio quella di esprimere un'attenzione nuova – quella della spiritualità ecumenica – ma inserita nell'immenso vissuto che la precede, con un vivo senso della tradizione del monachesimo femminile.
Come nasce questa esperienza?
Carpinello: A Grottaferrata, a quel tempo, c'erano nella trappa monache di grande fervore e generosità nel vivere con abnegazione la vita contemplativa, ma che non avevano la solida formazione che era invece diffusa nelle trappe d'Oltralpe, francesi o del centro Europa. La figura di madre Gullini, che proveniva dalla trappa di Laval, spinge a colmare questo divario in un modo rapidissimo, non solo misurato in termini di tempo, ma per una capacità di assorbimento spirituale che porta Grottaferrata a diventare in pochi anni un centro fondamentale del monachesimo femminile. L'ideale ecumenico – fatto unico in Italia – diventa il cardine della ispirazione di vita di questa trappa e già negli anni '40 la inserisce in un circuito internazionale di relazioni, da l'abbè Paul Couterier, a dom Benedict Ley dell'abbazia benedettina anglicana di Nashdom, a Roger Schtz e Max Thurian, fondatori di Taizè, rendendo il monastero un'avanguardia nella Chiesa italiana.
Come funzionava il dialogo ecumenico all'epoca?
Carpinello: Il movimento ecumenico che nasce ad Edinburgo nel 1910 per iniziativa delle chiese protestanti e all'inizio senza l'adesione della Chiesa cattolica romana. Il coinvolgimento della Chiesa di Roma maturerà nel corso dei decenni successivi attraverso una elaborazione teologica e dottrinale secondo una linea di prudenza che non deve essere letta come arretratezza. All'epoca cattolici e protestanti si parlavano a stento anche a livello personale, quasi considerandosi dei nemici. Uno dei primi ad interrogarsi in merito fu Igino Giordani entrato in contatto con il mondo protestante nei suoi viaggi negli Stati Uniti per completare la catalogazione della Biblioteca vaticana. Non è un caso che Giordani entrerà nel circuito delle grandi amicizie di Grottaferrata. Così come non è un caso, ma un merito dell'intuizione della badessa Gullini, aver coinvolto nelle relazioni che si intrecciavano attorno al monastero mons. Montini, che allora lavorava nella Segreteria di Stato e che, divenuto Paolo VI, sarà il pontefice delle grandi aperture ecumeniche.
Qual è il valore di una figura come quella di madre Gullini?
Carpinello: Madre Gullini ha assunto con grande impegno lo studio, l'approfondimento e l'osservanza della Regola benedettina andando a fondo nel carisma del proprio ordine. In questo radicamento nasce lo sguardo profetico su quanto richiedeva l'attualità della Chiesa e cioè la necessità del dialogo ecumenico. Si può dire che abbia attinto dal passato millenario la capacità di interpretare il presente e leggere il futuro. In qualità di badessa e madre spirituale è stata in grado di suscitare risposte forti della sua comunità rispetto a questo orientamento. Una delle risposte più forti è quella della beata Maria Gabriella Sagheddu che a 24 anni offrì la sua vita per la causa dell'ecumenismo. Il "caso Gabriella" attirerà a Grottaferrata un flusso incessante di vocazioni (tanto da rendere necessario il trasferimento a Vitorchiano) che ancora oggi non ha subito flessioni e spiega quello che potrebbe sembrare un paradosso: la santa bambina, dalla formazione ancora abbozzata, che nel nascondimento offre tutta se stessa, è più famosa di madre Gullini, badessa di grande cultura e capacità intellettuali ed artistiche. In realtà dimostra come l'obiettivo di madre Gullini non fosse quello di agire per muovere le acque ad alti livelli, ma quello di vivere profondamente l'ideale ecumenico all'interno della propria comunità. Il "caso Gabriella" nasce da qui.
Il monachesimo femminile è una realtà che attende una nuova valorizzazione all'interno della Chiesa?
Carpinello: Come dicevo, il monachesimo femminile ha svolto un ruolo essenziale nella vita della Chiesa, in gran parte ancora da scandagliare. In genere si pensa alla monaca di epoca medievale e a grandi figure intellettuali e spirituali, mistiche o scrittrici, valorizzate anche dagli studi laici. Ma il monachesimo femminile appartiene alle origini, nasce nei deserti, come quello maschile. Secondo alcuni studiosi precederebbe addirittura quello maschile, ma è comunque rilevante che il monachesimo cristiano nasca nelle due componenti e che la presenza femminile appaia cospicua, rilevante e vivace fin dall'inizio, a partire dal IV secolo. La storia successiva conosce una conferma di questa vivacità in tutte le stagioni. Madre Gullini, tra le altre cose, consente di valorizzare l'apporto del monachesimo femminile – non da sola, esistono altre figure – nella prima metà del Novecento, in un'Italia che sembra vivere ai margini, attraverso un contributo tra i più interessanti. Smentendo, con questo, l'immagine di un monachesimo femminile dell'epoca abbastanza grigio e di nessuna influenza nella vita della Chiesa. Il "caso" Gullini dimostra che la monaca di clausura, legata fortemente alla sua tradizione, è in grado di portare un contributo di primo piano. Tutt'oggi la cultura della contemplazione non è secondaria a quella di forme di vita attiva. Le monache delle trappe che hanno preso origine da Vitorchiano (7 direttamente e 5 da trappe-figlie) hanno portato in tutto il mondo la sensibilità ecumenica e la preghiera nella settimana per l'unità dei cristiani laddove ancora non veniva celebrata: dalla vita contemplativa nasce una vita nuova per tutto il territorio dove sono presenti le trappe. E anche in Italia, e altrove, sono diversi i monasteri benedettini che continuano a porsi come fari di vita spirituale che irradiano cultura e risvegliano la vita della Chiesa nel territorio dove sorgono.