Un appassionante romanzo storico con protagonista Marcantonio Bragadindi Gianandrea de Antonellis
La letteratura per adolescenti ci ha abituato a volumi mastodontici, pieni di colpi di scena per mantenere desta l’attenzione, ma il cui peso in termini di pagine non equivale a un grande valore letterario. In questo campo negli scorsi anni dalla Russia si era distinto Sergej Luk’janenko con la sua caotica saga dei Guardiani della notte (decisamente meglio dei cinque libri i due film, che almeno hanno alcuni riferimenti morali – in particolare la condanna esplicita dell’aborto – mancanti nell’opera letteraria). Siamo a un livello decisamente superiore, invece, con un altro scrittore russo: Sergei Tseytlin, di cui è stato pubblicato Bragadin (Marcianum Press, p. 722, € 26), che descrive in un romanzo affascinante e scorrevole e al contempo – una rarità ai nostri tempi – pregno di valori cristiani, il lungo assedio di Famagosta (1570-1571).
La città cipriota, possedimento veneziano, fu attaccata da un imponente esercito ottomano (centomilauomini contro duemila difensori): avrebbe potuto arrendersi immediatamente, ma il suo governatore, l’eroico Marcantonio Bragadin, volle resistere ad oltranza, anche quando fu chiaro che nessun rinforzo sarebbe giunto. Quella di Bragadin fu una scelta coraggiosa e dettata dalla Fede: come lo fu, dopo la resa e il tradimento dei patti da parte del comandante turco – che fece massacrare tutti i prigionieri e mutilare lo stesso Marcantonio – quella di non convertirsi all’islam, nonostante quindici giorni di continue torture, culminate in un atroce supplizio (il nobile veneziano fu scuoiato vivo). Tseytlin affronta una gloriosa pagina della storia della cristianità attraverso la forma-romanzo, pur rimanendo strettamente legato alla realtà storica e scrivendo 700 pagine che, nonostante il lettore (si presume) conosca già la fine degli eventi, riescono a mantenere costante la tensione.
Diviso in tre parti, il libro descrive prima i preparativi bellici degli islamici e le divisioni all’interno della Lega Santa, che non fu capace di mandare in tempo la propria flotta a difendere Cipro (riuscirà invece, nell’ottobre 1571, a sconfiggere gli Ottomani a Lepanto); poi si dedica alla ricostruzione dell’assedio e infine descrive la prigionia di Bragadin dopo la resa, culminata nel suo feroce martirio. Il rischio della monotonia c’era, ma Tseytlin è riuscito a evitarlo, anche grazie all’inserimento di due sottotrame legate al ricordo del periodo veneziano, una poliziesca, l’altra di tipo spirituale, che servono a dare ulteriore spessore al protagonista. Romanzo storico, ma che descrive situazioni sempre attuali: mentre i difensori della fede sono divisi tra loro e incapaci di focalizzare la propria attenzione sull’avversario principale, il nemico avanza inesorabile, deciso a sottomettere l’intera cristianità: allora l’impero turco, oggi l’Isis o la dittatura del gender. Ecco perché i meschini calcoli materiali di Venezia sono drasticamente giudicati da uno dei protagonisti come «l’inizio della fine di una civiltà».
Abbandonato da tutti, Bragadin resiste; quando gli abitanti di Famagosta gli chiedono di arrendersi, accusandolo di avere a cuore solo il suo onore militare, risponde: «So che la vita è più importante dell’onore. Ma la vita senza la fede non è vita. Senza la fede tutto è inutile, meschino, insensato. Senza la fede l’uomo perde il suo equilibrio e la sua direzione. Senza la fede tutto diventa nulla. Pertanto, vi prego di credere nel nostro Signore Gesù Cristo». Passando dalla lotta in nome dell’onore a quella in nome della Fede, Marcantonio Bragadin riesce a superare la delusione dal mancato aiuto da parte della sua Patria e a trovare la forza per non tradire e affrontare il martirio. Il nobile veneziano diventa così – non in mondo fantasy, ma in quello reale del nostro passato – un eroe vero, un esempio per i lettori più giovani (e non solo).