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Gli sconosciuti apporti cattolici alla storia degli Stati Uniti

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Religión en Libertad - pubblicato il 20/07/15
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Quando il benedettino Martin Marty battezzò Toro Seduto
La posizione dei cattolici negli Stati Uniti non è sempre stata facile, anzi.

Dall’essere perseguitati (nel Maryland, ai tempi dell’indipendenza, i figli potevano essere strappati legalmente ai loro genitori e mandati da famiglie protestanti se i genitori cercavano di educarli nella fede cattolica) all’attuale Tribunale Supremo, nel quale 6 giudici su 9 si dicono cattolici, il cammino è stato lungo.

È quello che spiega Jorge Soley in un libro interessante appena pubblicato da Stella Maris con il titolo La historia de los Estados Unidos como jamás te la habían contado (La storia degli Stati Uniti come non te l’hanno mai raccontata).

Leggendolo si comprendono le difficoltà iniziali, derivate dallo spiccato carattere puritano portato negli Stati Uniti dai coloni che si imbarcarono sul Mayflower fuggendo dall’Inghilterra e dopo aver fallito nel tentativo si stabilirsi in Olanda.

Potrà sembrare una cosa lontana e aneddotica, ma, spiega Soley, tre Presidenti statunitensi del XX secolo (Franklin D. Roosevelt, George H. Bush e George W. Bush) sono discendenti di uno dei passeggeri del Mayflower, John Howland.

L’ostilità anticattolica non proveniva solo dalle fila protestanti, perché ha giocato un ruolo non marginale anche l’illuminismo massonico, molto presente anche in ambienti influenti.

Un esempio curioso del tentativo di adattare il messaggio cristiano alla mentalità illuminista ha avuto come protagonista il Presidente Thomas Jefferson, che si intrattenne a epurare i Vangeli da quelle che considerava opinioni che potevano corrompere. Il Gesù del Vangelo, secondo Jefferson, non fa miracoli, non si proclama Figlio di Dio né ascende ai cieli dopo essere morto in croce.

Insieme a questi due nemici esterni, Soley segnala due rischi interni che la Chiesa cattolica negli Stati Uniti ha dovuto affrontare: da un lato la tentazione di adattare il suo messaggio al mainstream nordamericano, quello che Leone XIII avrebbe designato, per condannarlo, come americanismo, dall’altro i tentativi di creare una Chiesa nazionale slegata da Roma allo stile di quella anglicana.

Quest’ultima cosa può sembrare improbabile, ma fu sul punto di accadere. Per fortuna Roma reagì rapidamente, creò due nuove diocesi in Virginia e nella Carolina del Sud e la questione rimase confinata ai libri di storia.

Il lento cammino dei cattolici verso il pieno riconoscimento è avvenuto a poco a poco, spiega il libro. La realpolitik di George Washington ai tempi della guerra di indipendenza aiutò a compiere i primi passi: interessato a mantenere la neutralità del Canada, Washington mantenne un atteggiamento rispettoso nei confronti dei cattolici e proibì anche di bruciare le effigie papali, cosa che aveva origine nella commemorazione inglese del fallito complotto della polvere da sparo e dell’arresto di Guy Fawkes.

Anche un’altra guerra, quella civile, è stata importante perché gli statunitensi non cattolici vedessero i propri compatrioti cattolici come cittadini di prima classe. Il ruolo delle suore cattoliche, che si presero cura instancabilmente dei feriti di entrambe le parti, aprì gli occhi a molti.

Anche se non era una guerra dichiarata, i disturbi che in Indiana videro scontrarsi per vari giorni allievi cattolici dell’Università di Notre Dame e militanti del Klu Klux Klan costrinsero il Governo a intervenire incarcerando la cupola del Klan. Grazie a questa prestigiosa università cattolica iniziava il declino di questa potente organizzazione razzista.

Dalla lettura del libro si apprende anche che il riconoscimento progressivo dei cattolici negli Stati Uniti è stato raggiunto anche grazie a piccoli passi che hanno avuto come protagonisti dei cattolici con l’impulso che richiedeva questo Paese di frontiera. I nomi sono molti, come quello del monaco benedettino Martin Marty, che si avventurò a evangelizzare in territorio sioux un mese dopo la celebre battaglia di Little Big Horn. Fu Marty a battezzare Toro Seduto prima di essere nominato primo vescovo della diocesi di Sioux Falls.

Ci si rende sicuramente conto che anche un altro dei grandi miti del Selvaggio West, Buffalo Bill, venne accolto nel seno della Chiesa cattolica poco prima di morire (un percorso che avrebbe seguito anche l’ammirato John Wayne).

Un altro modo di guadagnarsi il rispetto dei loro concittadini fu lo spiccare in qualcosa a cui questi davano valore, come lo sport.

Abbiamo già parlato dell’Università di Notre Dame, la cui squadra di football americano era talmente buona che costrinse a rompere le regole del campionato universitario che inizialmente la escludevano dalle grandi competizioni.

Un altro cattolico divenuto un mito dello sport fu Babe Ruth, probabilmente il più grande giocatore di baseball della storia.

Non poteva mancare la dedizione dei cattolici nello sforzo bellico statunitense, vera “prova del fuoco” del fatto che era possibile essere un buon cattolico e un buon patriota: durante la I Guerra Mondiale, spiega Soley, la percentuale di giovani cattolici che si arruolarono fu superiore a quella dei giovani di altre confessioni.

Ovviamente non è stato tutto rose e fiori. La mafia diffusa dagli immigrati italiani (anche se nel libro si scopre che Al Capone finì i suoi giorni affidandosi alla misericordia di Gesù) o le diserzioni dei soldati irlandesi che decisero di passare tra le fila messicane e formare il battaglione di San Patrizio generarono forti tensioni.

Non poteva poi mancare l’impronta dell’evangelizzazione spagnola in quello che oggi è territorio statunitense – dal primo giorno di rendimento di grazie della spedizione di Juan de Oñate nel Nuovo Messico, quasi un quarto di secolo prima dei Padri Pellegrini, al beato Junípero Serra, evangelizzatore della California e fondatore, tra le altre cose, delle missioni di San Diego o San Francisco, embrioni delle attuali città californiane omonime.

Gli Stati Uniti hanno riconosciuto il suo ruolo con una scultura al Salone Nazionale delle Statue situato nel Campidoglio, che alcuni ora vorrebbero sostituire con quella di un’astronauta lesbica in un gesto che sembra marcare una nuova tendenza che escluderebbe nuovamente i cattolici dalla vita pubblica.

Non invano, il cardinale di Chicago, Francis George, morto di recente, ha detto: “Io morirò nel mio letto, il mio successore in carcere e il suo successore martirizzato sulla pubblica piazza”.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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