Vari libri e film recenti applicano la meccanica quantistica fuori dal contesto e la distorcono totalmenteFin dalla sua nascita, la meccanica quantistica è stata oggetto di dibattiti accalorati di fisici e filosofi. Costruita su concetti per nulla comuni per spiegare fenomeni fisici ugualmente poco usuali, al giorno d'oggi è applicata in una varietà enorme di situazioni, per lo stupore di molti. È di moda che i mistici elaborino le proprie dottrine quantistiche applicandone il linguaggio in modo poco scrupoloso. Senza il minimo pudore, usano la reputazione della teoria fisica per “avvalorare” le loro più vane filosofie. Ciò che poche persone si chiedono è fino a che punto sia valido trasportare dei concetti da un settore all'altro.
La teoria quantistica è nata nel 1900 in modo del tutto imprevisto per spiegare un problema di importanza sottovalutata in fisica: il modo in cui i corpi riscaldati irradiano luce. Il suo ideatore è stato un fisico tedesco, Max Planck, che l'ha ritenuta troppo moderna per il suo palato di fisico del XIX secolo. Chi ha dato il primo riconoscimento a questa teoria è stato un altro fisico tedesco, più noto: Albert Einstein, che l'ha applicata per spiegare l'effetto fotoelettrico e il calore specifico dei solidi. Solo alcuni anni dopo la teoria ha guadagnato consistenza e prestigio. I suoi aspetti meno comuni sono stati riconosciuti a poco a poco.
Tra questi, il più noto è il principio di incertezza, elaborato da un altro fisico tedesco, Werner Heisenberg. In base a questo principio, in natura è impossibile misurare con precisione infinita, simultaneamente, alcune grandezze fisiche, come la velocità e la posizione di una particella. Da ciò deriva il nome di principio di incertezza. C'è sempre un'indeterminazione intrinseca nelle misure. Secondo Heisenberg, ciò è dovuto al fatto che l'atto di misurare interferisce inesorabilmente con l'oggetto misurato. L'aspetto interessante è che questa indeterminazione non si riassume nell'esperienza. Per i fisici, bisogna tenerne conto anche al momento di costruire la teoria, di elaborare le equazioni. È curioso che Einstein, pur essendo stato uno dei primi a usare la fisica quantistica, si sia opposto con veemenza, anche se invano, a questa conclusione. La grande rivoluzione della meccanica quantistica è stata quindi quella di porre fine al determinismo della meccanica classica.
L'obiettivo in questa sede non è però discutere di fisica. L'idea è chiarire una cosa che malgrado sia ovvia viene sempre dimenticata: il dominio e l'applicabilità della meccanica quantistica riguardano il mondo della fisica! Non è lecito estrapolare un concetto da un settore e applicarlo direttamente a un altro. È possibile fare un'analogia, usare paragoni, sicuramente, ma non si possono usare le stesse costruzioni teoriche della fisica per fare “teologia”. Non si può voler usare la meccanica quantistica per spiegare Dio, né la nostra anima o il mondo spirituale. Non è stata creata per questo. Non è in questo campo che funziona. Funziona in fisica, e per questo è lì che ha guadagnato rispetto.
La cosa peggiore non è usare costruzioni teoriche della meccanica quantistica come se fossero teologiche, ma usare l'autorità che questa ha conquistato nel suo dominio, la fisica, per giustificare teorie assurde. Argomentazioni del tipo “È già stato provato dalla meccanica quantistica…”, o “Secondo la meccanica quantistica…” sono del tutto prive di senso quando vengono usate al di fuori della fisica. Ciò che è stato provato dalla meccanica quantistica è stato provato solo per la fisica. Questo tipo di affermazioni usa inoltre una vecchia tattica maligna di persuasione nota come “argomentazione dell'autorità”. Questo tipo di costruzione è usato quando in realtà non si riesce a provare ciò che si desidera!
Vari libri e film recenti, oltre ad applicare la meccanica quantistica al di fuori del suo contesto, la distorcono totalmente inventando cose che non esistono in teoria. Un esempio noto è il libro “The Secret” (2006), e il film “What the Bleep Do We Know?” (2004) che ingannano il pubblico dicendo che l'osservatore interferisce con il pensiero e che questo è spiegato dalla meccanica quantistica. Un pensiero non è un'interazione fisica con l'oggetto misurato, non è una misurazione. È quindi fuori dallo scopo del principio di incertezza.
Capisco che sia una conclusione naturale la validità di fare speculazioni filosofiche basate sulla meccanica quantistica, ma usando la dovuta attenzione di non applicare i suoi concetti fisici direttamente, quanto come analogie, ispirazioni. Evidentemente questo non giustifica l'uso indebito compiuto ultimamente da molti che distorcono totalmente ciò che dice la teoria e applicano queste distorsioni direttamente ad aree radicalmente diverse, e illudono malignamente i meno cauti con argomentazioni di autorità che non hanno alcun valore, soprattutto al di fuori della fisica.
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Il professor Alexandre Zabot, dell'Università Federale di Santa Catarina (UFSC, Brasile), è fisico e dottore in Astrofisica. Aleteia lo ringrazia per la generosità di condividere con noi i suoi articoli sul rapporto tra fede e scienza e invita i lettori a conoscere il ricco blog del professore, AlexandreZabot.
[Traduzione dal portoghese a cura di Roberta Sciamplicotti