Uno dei Movimenti popolari che incontreranno papa Francesco in Bolivia raccontato da un libro di Emi
LA TERRA A CHI LAVORA
Il Movimento è nato ufficialmente il 24 gennaio 1984 a Cascavel, nello stato del Paranà inserendosi nella storia dei movimenti contadini brasiliani e latinoamericani che nel XX secolo hanno perseguito l’obiettivo di “la terra a chi lavora”. Pur connotandosi in modo laico e aconfessionale, il Movimento riceve dall’inizio il sostegno di larga parte della chiesa brasiliana: la Conferenza episcopale per la terra, il Consiglio indigenista missionario e vescovi e teologi come Pedro Casaldaliga, dom Tomas Balduino, Marcelo Barros e Leonardo Boff. Un gesto di grande significato simbolico accompagna la prima occupazione di terra improduttiva avvenuta nel 1979 nel Rio Grande do Sul: le famiglie piantano una piccola croce nel terreno perché ritengono che il crocifisso rappresenti al meglio le sofferenze dei lavoratori rurali. Altre occupazioni seguiranno, tra mille difficoltà causate dalle autorità governative e dalla polizia, oltre che dalle pesanti condizioni di vita sotto i teloni di plastica nera che costituiranno il tipico “paesaggio” delle occupazioni di Sem Terra ed è accaduto che alla croce vengano appese bandiere bianche per ricordare i bambini uccisi dal freddo e dalla malnutrizione.
LA DESTINAZIONE UNIVERSALE DEI BENI DELLA TERRA
La Chiesa sostiene i Sem Terra in nome di uno dei principi cardine della dottrina sociale, cioè la destinazione universale dei beni terreni, tra i quali la terra. Ma gli autori del volume sottolineano anche la legittimità poltica e sociale della prassi delle occupazioni di latifondi improduttivi: secondo la Costituzione brasiliana tali terreni dovrebbero essere espropriati, tanto che in maniera definitiva nel 1999 il Pubblico Ministero dello Stato federale sancisce che l’occupazione delle terre non è necessariamente un crimine. Non la pensano così i ricchi proprietari terrieri che non intendono rinunciare ad immensi territori anche se sottratti ad ogni utilizzazione: tra il 1985 e il 2004 sono 1379 i contadini ammazzati dai pistoleiros, sicari prezzolati, con soli 75 casi giudiziari arrivati a processo e 69 condanne. Tra i martiri di questa lotta il sindacalista Chico Mendes la suora americana Dorothy Stang.
UN NUOVO MODELLO
Dopo 30 anni sono più di 100 le cooperative di produzione esistenti negli insediamenti dell’Mst – il quale, presente in 24 dei 27 stati della Federazione brasiliana, ha ottenuto 7,5 milioni di ettari di terreno e insediato 350.000 famiglie (a cui si aggiungono 60.000 famiglie accampate) –, oltre a 1.900 associazioni e 96 agroindustrie e a diverse cooperative di commercializzazione. Con il passare del tempo e non senza errori, il Mst arriva alla consapevolezza della necessità di “sviluppare un nuovo tipo di agricoltura che combini i migliori elementi della produzione contadina, a cominciare dalla salvaguardia dell’equilibrio ecologico, con le innovazioni tecnologiche più avanzate”. “Il nostro obiettivo – scrive Joao Pedro Stédile, leader del Movimento e uno dei partecipanti all’incontro in Vaticano – è una tappa ulteriore rispetto al modello contadino tradizionale e a quello capitalista. Quello che abbiamo mutuato dal capitalismo è la divisione del lavoro, ma al di fuori degli obiettivi capitalisti perchè il reddito è diviso tra tutti e questo non è previsto né dal modello capitalista né da quello contadino”.
AGROBUSINESS: Il NEMICO DI OGGI
Oggi il nuovo nemico si chiama agrobusiness – nato dall’unione tra i capitali stranieri e i grandi proprietari terrieri che sta sconvolgendo l’agricoltura brasiliana attraverso, per esempio, la crescita esponenziale delle piantagioni di canna da zucchero per la produzione di agrocombustibili. Sem Terra si batte a favore di un’agroecologia che metta il rispetto della natura e dei suoi cicli, e la dignità del lavoro al centro e per una riforma agrarian in senso pieno che assicuri la democratizzazione dell’accesso alla terra e lo sradicamento della povertà dai campi. «Perché un popolo possa riconoscersi sovrano – afferma la direzione nazionale del Movimento –, deve esercitare il controllo sulla produzione di alimenti e di energia, affinché questi possano compiere la loro funzione sociale, a beneficio della popolazione e non dei profitti di pochi azionisti di grandi banche e di imprese transnazionali”.
UN CASO POLITICO
Trattato spesso come un “caso di polizia”, il Movimento Sem Terra, scrive nell’introduzione il teologo brasiliano Frei Betto, è un “esemplare caso politico” e il racconto di “come persone e famiglie impoverite, sprovviste di beni essenziali come terra e abitazione, siano capaci di trasformarsi in soggetti della storia e in interlocutori che nessun governo o forza politica ed economica può permettersi di ignorare”. Non si tratta solo di un movimento di rivendicazioni e proteste, ma anche di iniziative e proposte che cura la qualificazione culturale dei propri militanti e dei sem terrinhas, i bambini nati e cresciuti negli accampamenti. Per questo, conclude Betto, diventa un “riferimento di tutti noi che non abbiamo ceduto alla cooptazione dell’ideologia neoliberista, consumista e edonista, e crediamo in ‘altri mondi possibili’, in alternative percorribili al capitalismo i cui semi di futuro cominciano già a germogliare e fiorire”.