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L’abbraccio dell’America latina a papa Francesco

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Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 06/07/15
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Brunelli (Tv2000): “Il primo viaggio nel continente americano dopo la fine definitiva della guerra fredda”Dalla mattina fino a notte fonda, con una copertura 24 ore su 24: una vera e propria maratone televisiva è offerta dall’emittente Tv2000 per seguire il viaggio apostolico di papa Francesco in Ecuador, Bolivia e Paraguay. Alla telecronaca in diretta (in collaborazione con il Centro Televisivo Vaticano) dei vari momenti della visita del pontefice, si affiancano i collegamenti in studio con il commento di docenti, giornalisti, missionari, ambasciatori che spiegano il contesto sociale, culturale e religioso delle città in cui il papa farà progressivanente tappa (canale 28 del digitale terrestre, 18 di TvSat, 140 di Sky, in streaming su www.tv2000.it). Servizi e interviste di approfondimento vengono trasmesse anche all'interno delle edizioni di Tg2000. Una copertura completa per un viaggio destinato a lasciare un segno non solo nei paesi che il papa visiterà in questi giorni, come racconta ad Aleteia il direttore di Tv2000, Lucio Brunelli.
 
Perché papa Francesco ha scelto per questo suo primo viaggio (a parte la Gmg di Rio) in America latina, tre paesi tra i più piccoli del continente?
 
Brunelli: Si può dire che sia il “metodo Bergoglio”. Anche per il primo viaggio in Europa ha scelto un paese defilato come l’Albania e così per il primo viaggio in Italia, fuori dal Vaticano, con la scelta di Lampedusa per sottolineare il tema delle periferie. Non stupisce in un pontefice che ripete sempre che il centro si vede meglio dalla periferia. C’è, inoltre, anche un dato biografico: molti dei sacerdoti e dei vescovi, soprattutto di Ecuador e Bolivia, hanno studiato nell’istituto di formazione dei gesuiti a Buenos Aires dov’era Bergoglio che ha, quindi, con loro legami personali. Infatti papa Francesco, che prima di essere pontefice non viaggiava molto, si è recato però diverse volte in questi paesi proprio grazie alle amicizie coltivate nel corso degli anni. Nelle villas miserias della capitale argentina, inoltre, dove il cardinale Bergoglio  era una presenza costante, ci sono moltissimi immigrati dal Paraguay che ricordano la sua presenza tra i più poveri della città e saranno in diversi a raggiungere questo stato per partecipare a uno dei momenti della visita del pontefice.
 
Il viaggio arriva subito dopo la pubblicazione dell’enciclica “Laudato si’” proprio in contesti dove la salvaguardia dell’ambiente si salda con la necessità della giustizia sociale nel concetto di “ecologia integrale”: quale posto avrà nei discorsi del papa?
 
Brunelli: Già nel suo primo discorso a Quito il pontefice ha sottolineato la necessità di salvaguardare le differenze: un discorso importante in paesi dove c’è una forte presenza di popolazione india soggetta a discriminazioni. In Paraguay, in particolare, c’è la popolazione guaranì che era stata protagonista del suggestivo esperimento delle reducciones proprio ad opera dei gesuiti nel secolo XVI. E sempre più, in riferimento al territorio amazzonico, si pone il problema della difesa dell’ecosistema. La critica a un modello egemone di sviluppo, per il quale le uniche leggi sono quelle dettate dalla finanza e dal denaro, senza tener conto dei guasti a livello ecologico ed umano, che il papa affronta nell’enciclica dovrebbero far riflettere anche l’Europa, per quanto distratta dalla crisi greca.

Il racconto della prima giornata (video)
 
La visita in America latina sarà l’occasione per vivere quella “chiesa di popolo” cara a Bergoglio: è così?
 
Brunelli: La teologia cui si ispira papa Francesco è proprio la “teologia del pueblo”, un filone originale che si differenzia da certe forme della teologia della liberazione, salvando la prospettiva di una Chiesa vicina alla gente e, soprattutto, ai poveri. Una teologia che, come veniva detto in modo chiaro nel documento di Aparecida curato proprio dalla commissione di cui era a capo Bergoglio, dà grande rilievo alla devozione e alla pietà popolare, intesa non come espressione – in qualche modo – di retroguardia, ma come patrimonio da valorizzare. Mi ha molto colpito, realizzando in passato un reportage per il Tg2 sulle villas miserias, come i preti che ho intervistato mi raccontassero che quella della devozione popolare era stata la richiesta più importante fatta loro dagli abitanti delle baraccopoli. Partiti negli anni ’70 con una prospettiva da preti operai, si erano trovati di fronte a persone che chiedevano loro processioni dei santi allo stesso modo della lotta per l’acqua e per condizioni di vita migliori. E’ stata questa realtà concreta a determinare l’evoluzione dei preti delle favelas per una giustizia sociale a cui “bastava” la forza del Vangelo.
 
A luglio l’America latina, a settembre Cuba e gli Stati Uniti: c’è un filo che lega questi viaggi?
 
Brunelli: Ci sono diversi fili a legare i due viaggi, ma uno in particolare mi sembra possa essere evidenziato: questo è il primo viaggio in America latina dopo la fine della guerra fredda che si può dire definitivamente terminata in seguito al ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra Cuba e Stati Uniti, cui ha molto contribuito la diplomazia della Santa Sede. L’America latina è un continente che ha sofferto molto della situazione dei blocchi contrapposti e delle sfere di influenza di Russia e Stati Uniti che sostenevano diversi dei regimi militari che si sono succeduti. La Chiesa di questi paesi si è trovata in mezzo a una strettoia ideologica che costringeva obbligatoriamente a schierarsi da una parte o dall’altra. Non è un caso che adesso emergano le storie di tanti sacerdoti e vescovi martiri, uccisi dai regimi militari: l’eco di queste storie difficilmente è arrivato in Europa perché spesso i loro protagonisti sono stati frettolosamente etichettati, proprio grazie alla contrapposizione ideologica, come vicini al comunismo, come è successo allo stesso mons. Romero. In Bolivia, ad esempio, il papa onorerà il padre gesuita Luis Espinal ucciso dal regime di quel paese, proprio due giorni prima di Romero. In Salvador sono 500 le cause di beatificazione promosse non solo per religiosi, ma anche laici e catechisti, uccisi nel clima della guerra civile. Il viaggio del papa avviene nel segno della fine di un periodo storico le cui ombre si sono allungate fino ai giorni nostri ed è molto significativo che riprenda a settembre con Cuba e gli Stati Uniti. Per Bergoglio sarà una prima assoluta: in passato mi ha confidato di non essere mai stato negli Stati Uniti. Sarà interessante seguire questo “abbraccio” con l’America del nord e i messaggi all’Onu e alle famiglie di tutto il mondo.
 
 
 
 

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