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Cristiani in Pakistan: “Buoni cittadini perseguitati dal radicalismo islamico”

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Aiuto alla Chiesa che Soffre - pubblicato il 03/07/15
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Parla monsignor Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi
«Siamo una piccola minoranza ma lungi dall’essere nascosta o silenziosa», così monsignor Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi e presidente della Conferenza episcopale del Pakistan, ha descritto la comunità cristiana del Pakistan ad alcuni diplomatici europei accreditati presso la Santa Sede.

L’incontro è stato promosso a Roma da Aiuto alla Chiesa che Soffre che negli ultimi anni ha invitato molti testimoni della Chiesa perseguitata e sofferente a Roma e a Bruxelles per incontrare rappresentanti dell’Unione europea.

Il presule ha sottolineato come nonostante i cristiani pachistani rappresentino appena il 2% della popolazione – l’1% sono cattolici e l’1% altre confessioni cristiane – il loro apporto allo sviluppo del paese superi di gran lunga l’esiguità numerica. «Attraverso le nostre scuole, gli ospedali e gli altri servizi assistenziali, molto apprezzati dalla gran parte dei musulmani, riusciamo anche a diffondere valori importanti quali il rispetto e la convivenza pacifica». Monsignor Coutts ha quindi auspicato un maggiore sostegno degli Stati membri Ue all’educazione, «un ambito nel quale la Chiesa ha un ruolo decisivo». Il presule ha inoltre notato come gli studenti non musulmani siano spesso discriminati e come molti dei libri di testo adottati dalle scuole pubbliche contengano riferimenti dispregiativi nei confronti delle minoranze religiose. «Un particolare che la Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale pachistana ha segnalato alle autorità».
 

Parlando in generale della sua comunità, il presule ha raccontato come pur godendo della libertà di culto, i cristiani in Pakistan si sentano cittadini di seconda classe e vivano in un costante stato di tensione. «Non possiamo sapere dove e quando sarà formulata una nuova accusa di blasfemia». Ogni volta che un cristiano si sente rivolgere una domanda riguardante la propria fede, teme che dalla sua risposta possano scaturire gravi conseguenze. Oppure se durante la preghiera islamica è in corso una funzione cristiana all’aperto, tutti i canti si interrompono immediatamente per paura che siano interpretati come una mancanza di rispetto nei confronti dei musulmani. «La maggior parte degli islamici è composta da brave persone che ci rispettano, ma vi è una minima parte di estremisti che vorrebbero fare del Pakistan uno stato islamico. E non sempre conosciamo chi ci troviamo di fronte».
 

Negli ultimi anni, ha spiegato monsignor Coutts, è aumentata nel paese asiatico l’influenza dei gruppi oltranzisti che hanno donato alla società pachistana una connotazione sempre più islamica. I cristiani pagano in particolar modo l’errata identificazione tra Cristianesimo ed occidente. «Diversi imam nelle loro prediche sostengono che le crociate non siano finite, ma abbiano soltanto assunto una forma diversa. Accusano gli stati occidentali, e dunque cristiani, di aver attaccato paesi musulmani come l’Iraq e l’Afghanistan e di sostenere la guerra degli israeliani contro la Palestina».
Tuttavia le difficoltà non impediscono alla pur minuta comunità cristiana di contribuire allo sviluppo del paese. «Non possiamo permettere che il buio sovrasti le tenebre. È questa la nostra testimonianza di fede».

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