Dal Risorgimento alla Grande Guerra, non sempre l’amor patrio ha conciliato con gli ideali cattoliciIl patriottismo è un valore compatibile con la fede? Se sì, in che termini? Ci sono dei limiti di fronte ai quali anteporre la fede ad un ideale patriottico?
«Come hanno mostrato diversi studi sollecitati dalla ricorrenza dei 150 anni dall'Unificazione, la prova più tangibile del fatto che il patriottismo sia un valore compatibile con la fede sta nelle vicende che accompagnano lo svolgimento del Risorgimento italiano», premette ad Aleteia Marco Dell'Oglio, studioso dell'Istituto di formazione politica dei gesuiti "Pedro Arrupe".
GLI IDEALI DI MANZONI E PELLICO
Nonostante certe letture “revisioniste”, secondo Dell'Oglio, specie agli inizi, il patriottismo è stato legato su più versanti (politici, culturali, ecc.) alla Chiesa e alla fede religiosa di coloro che ne furono protagonisti. «Gli esempi più fulgidi, in tal senso – evidenzia – lo studioso – paiono quelli di Alessandro Manzoni e Silvio Pellico, “vanto della Nazione”, che nei loro scritti, connotati da un forte amor di patria, non mancano mai di mostrare, rimarcare e spiegare la forza della fede, come pure l'attitudine della Religione a formare l'identità d'un popolo».
LA POTENZA DELLA FEDE
Con il primo, in particolare, «che traccia nel più classico dei nostri romanzi nazionali (i Promessi sposi) una chiara allegoria dell'Italia nuova che vuole emanciparsi da un dominio straniero e divenire libera e indipendente; e il secondo, che spende fiumi d'inchiostro per raccontare, attraverso la cronaca dei patimenti nelle prigioni austriache, non già la sofferenza del patriota (che appare “in re ipsa”), quanto la potenza della fede, che lo sorregge in questo terrificante tormento, esito del suo convinto impegno civile».
PERCEPITO COME UN DISVALORE
La compatibilità tra fede e patriottismo attraversa un momento delicato nel periodo dell'Unità d'Italia. Il fattore cruciale che determina un "allontanamento" della compatibilità tra i due principi, secondo Dell'Oglio, «pare essere legato all'eventualità che il patriottismo civile conosca una radicalizzazione eccessiva, divenendo un disvalore. Anche in questo caso, può soccorrere l'esempio della storia patria, con gli sviluppi in chiave separatista che seguono alle vicende risorgimentali, e quanto accade di negativo per molte componenti del mondo cattolico».
GUERRE E RIVOLUZIONI
Spiega monsignor Luigi Camisasca, vescovo di Reggio Emilia e autore di una recente "lectio magistralis" sul patriottismo che «il problema nazionale italiano doveva essere risolto, sempre per i patrioti cattolici dell’ Ottocento, in coerenza a questa storia: coniugando l’anima naturaliter christiana della nazione italiana con le sue future istituzioni». Per questo, il grande pensiero neo-guelfo degli anni Quaranta dell’Ottocento «sostenne una soluzione di tipo confederale: che evitasse guerre e rivoluzioni (gli Stati nazionali ottocenteschi sono stati costruiti con guerre, spesso insolitamente sanguinose) e garantisse la sopravvivenza del potere temporale dei Papi» (Gazzetta di Reggio, 5 gennaio 2015).
"INUTILE STRAGE"
Ma anche più tardi, a 'questione romana' in via di risoluzione, rilancia Dell'Oglio, la partecipazione dei connazionali cattolici alla Grande Guerra «è intesa da alcuni ambienti tradizionalisti come un segno di dovere non solo civile, ma anche religioso verso la Patria; tuttavia, gli orrori che essa cagiona conducono presto il Pontefice a parlare di un'”inutile strage”, che rende necessario rifugiarsi nella fede».
AMOR PATRIO E DIGNITA' DELLA PERSONA
Il limite, insomma, è quello segnato dalla possibilità che l’amor patrio conduca, come accaduto direttamente nei primi anni del '900 – segnati dall'avanzata di vari totalitarismi – «all'annichilimento del valore indisponibile della dignità della persona umana». Nel caso specifico del cattolicesimo, aggiunge lo studioso, «aiuta senz'altro a mettere a fuoco questo confine il Magistero, pure in occasioni in cui significa lasciare i cives fideles di fronte a un complicato dilemma fede contro amore patrio».
L'INTERVENTO IN IRAQ
Come nell'emblematico caso, nemmeno troppo lontano, del primo intervento bellico statunitense in Iraq, quando Giovanni Paolo II, a campagna non ancora iniziata, denunciando l'ingiustizia di quell'intervento, «mise in ambasce un popolo, come quello nordamericano, notoriamente tanto religioso, quanto genuinamente patriottico».
"PATRIOTTISMO DELLA VITA"
Con l'invito evidente, lanciato in molteplici altre occasioni, «a considerare i limiti del patriottismo nazionale, e a far sì che la fede e la preghiera aiutino a sviluppare, in questi casi estremi, un “patriottismo della persona” e dei suoi diritti inalienabili, un “patriottismo della pace”, non blandamente irenico, culminante in un “patriottismo della vita” – conclude Dell'Oglio – contro visioni ed ideologie potenzialmente mortifere».